Teatro Stabile di Genova diretto da Ivo Chiesa e Luigi Squarzina presenta:
Dopo la caduta (1965)
Due tempi di Arthur Miller
- Interpreti: Monica Vitti, Giorgio Albertazzi, Marina Dolfin, Nello Rossati, Manuela Palermi, Giuseppe Pagliarini, Franca Nuti, Ermes Zacconi, Anna Maria Bottini, Antonio Pierfederici, Gianni Galavotti, Varo Soleri, Christa Windisch, Vasco Santoni
- Traduzione: Gerardo Guerrieri
- Musiche: Gino Negri
- Scene: Franco Zeffirelli
- Costumi: Fiorella Mariani
- Regia: Franco Zeffirelli
Programma di sala del Teatro Duse di Bologna (pagine 4)
- Rassegna stampa
- Il cast
- Una parte della stagione al Teatro Duse
Rassegna stampa
IL GIORNO
Il pubblico milanese ha accolto con favore “Dopo la caduta” di Arthur Miller. Con piacimento, applausi, attenzioni, curiosità; persino, qua e là, qualche brividino di commozione. Sarebbe stato singolare che Milano dicesse di no - e in una sera in qualche modo di gala - a una produzione cui hanno detto clamorosamente di sì (con file al botteghino fin dalla prima mattina) Roma, Genova, Torino, Firenze e così via; per non parlare di altre grandi città europee. Monica Vitti, punto d'attrazione delle serata, ci è apparsa assai migliorata più disinvolta e spontanea. E' un'attrice con una carica di dinamismo comico notevole; un dinamismo comico sofisticato, paradistico, corretto da qualcosa di piccante, e da un elemento sexi. (Roberto De Monticelli)
IL TEMPO
L'esperienza americana non ha fatto di Zeffirelli un imitatore ma un vero interprete; e nella struttura della scena, nella disciplina degli attori, nella precisione dei gesti e nella tensione dei nervi, nella fusione dei costumi e delle musiche egli ha raggiunto il raro risultato di darci con attori Italiani immagini della demonologia americana. (Giorgio Prosperi)
L'AVVENIRE D'ITALIA
Il dramma di Arthur Miller: Dopo la caduta, è uno dei più alti documenti della presente tragedia umana. Bilancio di un uomo, è bilancio anche di una generazione, di una civiltà. Nello spazio sgombro della memoria, riemergono in evidenza implacabili le parole, i gesti, i sentimenti nostri ed altrui, così, da noi staccati, così netti, che il giudizio è automatico e continuo. Il processo non risparmia nessuno, ma non c'è sentenza. Le risultanze sono di un totale fallimento, ma sull'orrore delle singole verità si stende la pietà e proprio dalla consapevolezza delle ultime miserie sorge la speranza, che tuttavia dal baratro si può sempre risalire, che dalla “morte dell'amore” l'amore può sempre rinascere, almeno come perdono. Tragedia dell'amore. Dell'amore che si scopre sempre fagocitazione ed egoismo, amor di possesso e di potere e non riesce ad essere comunicazione e servizio. Dentro di noi, l'orgoglio, l'individualismo, resecano la via dell'incontro con la creatura prossima. L'invidia, il sospetto, la paura degli altri (ecasartriana) si assommano alla voluttà dell'autonomia, e l'uomo resta solo, e indifeso all'assalto viscerale dell'istinto di uccidere, che è in lui. (Odoardo Bertani)
SIPARIO
In un periodo in cui si dà valore solo al sofisticato all'astruso, all'intellettualistico, il testo di: Dopo la caduta, nutrito d'una materia umana in cui ogni spettatore si può riconoscere, corre il rischio d'essere giudicato perfino banale. Ma in questa discesa nell'intimo alla ricerca di se stessi, d'una qualunque verità nel quadro oscuro del mondo contemporaneo, ci sono osservazioni e esperienze che toccano chiunque si senta uomo tra gli uomini e non si ostini a non vedere e non pensare per poter continuare a ritenersi innocente. C'è inoltre la straordinaria abilità del commediografo che riesce a far dramma continuo, sempre vivo sulla scena salvo momenti di stanchezza riscattati dalla tragica irruenza delle scene finali, con episodi talora senza nesso e notazioni morali talora confuse, che tuttavia avvincono lo spettatore nel giro del grossi problemi che vengono agitati senza risolverli altro che nella sincerità di una confessione. AI successo vivissimo ha certo contribuito per gran parte la stupenda interpretazione di due attori bravissimi come Giorgio Albertazzi e Monica Vitti, ed un regista modernamente geniale quale Franco Zeffirelli, che ha raccolto i fili sparsi del dramma in una azione tesa e lucida immergendolo in un clima inquietante con l'inquadrarlo In galleria metafisica che sembra perdersi in una lontananza astrale, con personaggi e folle che appaiono e scompaiono nel gioco sapiente delle luci. Giorgio Albertazzi, nella tormentata figura Quentin, ha fatto valere in pieno la finezza e talora la forza della sua recitazione in un continuo variare di accenti, di atteggiamenti. Monica Vitti è stata ammirevole per la spontaneità e la personalità della sua resa del personaggio di Maggie, tanto da guadagnarsi alcuni applausi a scena aperta. Tutti bravi gli altri di cui non resta spazio per citare i nomi: Marina Dolfin, Caria Bonavera, Manuela Palermi, Franca Nuti, Ernes Zacconi, Christa Windlch, Antonio Pierfederici. Gianni Mantesl, Giuseppe Pagliarlni, Alfredo Senarica. (Arnaldo Fratelli)