Teatro dell'Opera di Roma presenta:
Maria Stuarda (1970)
Dramma in tre atti. Libretto di Giuseppe Bardari - Musica di Gaetano Donizetti
- Interpreti principali: Montserrat Caballé (Maria Stuarda) Anna Reynolds (Elisabetta) Juan Oncina (Conte di Leicester) Giulio Fioravanti (Lord Cecil) Corinna Vozza (Anna Kennedy) Paolo Dari (Talbot)
- Maestro Concertatore: Bruno Bartoletti
- Regia: Giorgio De Lulllo
- Maestro del coro: Tullio Boni
- Scene e Costumi: Pier Luigi Pizzi
- Direttore allestimento: Giovanni Cruciani
Link Wikipedia
- 1.Caballè 2.Reynolds 3.Oncina 4.Fioravanti 5.Vozza 6.Dari 7.Bartoletti 8.De Lullo
Programma di sala (pagine 48)
- Aureola donizettiana attorno al capo di Maria Stuarda (Teodoro Gelli)
- Antologia critica
- Argomento
- Interpreti
- Fotografie
L'argomento
ATTO PRIMO - In Inghilterra, nel 1587 - Una galleria nel palazzo di Westminster. Cavalieri e dame, di ritorno da un torneo dato in onore dell'inviato del re di Francia, rendono omaggio alla regina Elisabetta, che giunge accompagnata dal Gran Tesoriere Lord Guglielmo Cecil e da Giorgio Talbot. Elisabetta è indecisa se accettare o meno la proposta di matrimonio fattale dal re di Francia - unendo in tal caso le Corone dei due Paesi -: il suo cuore è ancora preso dalla passione per il giovane conte Roberto di Leicester, che ella dubita la tradisca perché innamorato di Maria Stuarda, la regina di Scozia ora prigioniera nel castello di Forteringa. Mentre Talbot e i cavalieri, in questa circostanza gioiosa per la Corona, chiedono grazia per la regina prigioniera, Lord Cecil esorta Elisabetta a non aver pietà della rivale, che ha minacciato il suo trono, e a condannarla a morte. Anche Leicester, sebbene in ritardo, giunge a rendere omaggio alla regina: questa lo accoglie con freddezza e, consegnatogli un anello per l'inviato del re di Francia, gli ordina di riferire all'ambasciatore che ella è ben disposta ad accogliere la proposta del sovrano straniero. Leicester riceve la notizia con indifferenza: e la regina, dopo aver notato il comportamento del giovane, si allontana con il seguito, Talbot consegna al conte un ritratto e un foglio da parte di Maria Stuarda. Leicester, realmente innamorato della prigioniera, giura all'amico che farà di tutto per liberarla. Infatti, non appena Elisabetta lo affronta con i suoi sospetti e la sua gelosia, il conte la supplica di accordare un colloquio alla nemica prima di decidere la sua sorte e le fa leggere la lettera che Maria gli ha scritto dalla prigione. Elisabetta, dopo breve esitazione, colpita dalle frasi ardenti con le quali Leicester pèrora la causa della rivale, più per il desiderio di umiliarla e di scoprire i veri sentimenti dell'amante che per un senso di umana pietà, promette di andare dalla prigioniera. Con il pretesto della caccia, ella si recherà in quello stesso giorno nella foresta di Forteringa e potrà così incontrarsi con Maria di Scozia.
ATTO SECONDO - Il parco di Forteringa - Maria, seguita dalla nutrice Anna Kennedy, esce correndo dal bosco, inebriata dalla luce e dall'aria che ogni giorno, sia pur brevemente, le è concesso di godere, ricordando con nostalgia i giorni felici della sua giovinezza in Francia. Lontani suoni di caccia annunciano l'avvicinarsi di Elisabetta e del suo séguito: Maria è dapprima atterrita all'idea d'incontrarsi con la rivale, ma la presenza di Leicester, che si prostra commosso dinanzi a lei, la rinfranca. Il conte assicura Maria che Elisabetta è ben disposta verso di lei e che egli le offre con tutto il cuore la sua mano di difensore e di sposo. Mentre Maria esce per prepararsi all'incontro, giunge la regina con Cecil e il séguito: i cortigiani e i cacciatori si radunano sul fondo della scena, Leicester impetra ancora grazia per la Stuarda, ma Lord Cecil esorta Elisabetta a non aver alcuna pietà della prigioniera. Scortata da Talbot, giunge Maria e si inginocchia dinanzi a Elisabetta, implorandone il perdono. La regina è inesorabile: irritata dalla presenza della nemica e più ancora dalle parole con le quali Leicester cerca di commuoverla in suo favore - riuscendo invece solo ad accentuare la gelosia che ella prova per la Stuarda - pronuncia irrimediabili offese per l'onore e per il passato di Maria, da lei accusata di avere ucciso il proprio marito e di essersi data ad altri uomini. La Stuarda, fuori di sé, si scaglia contro Elisabetta chiamandola bastarda e indegna della corona d'Inghilterra. La sorte della prigioniera è ormai segnata: mentre Elisabetta, piena di rancore, parte con i cortigiani e Lord Cecil, Maria Stuarda è circondata dalle guardie, fra la costernazione di Leicester, di Talbot e della nutrice. Ma il volto della prigioniera è trasfigurato dalla gioia di aver trionfato, sia pure per un momento, sulla detestata nemica, rispondendo sdegnosamente alle ingiurie gravi della donna che da troppo tempo l'ha avvilita e umiliata.
ATTO TERZO - Galleria nel palazzo di Westminster - Elisabetta, malgrado le continue sollecitazioni di Lord Cecil, esita ancora a firmare la condanna a morte di Maria Stuarda: le parole ingiuriose della regina di Scozia I 'hanno mortalmente ferita, ma ella teme il giudizio e le accuse degli altri regnanti e dei suoi sudditi. L'arrivo di Leicester, che con la sua presenza e con le sue suppliche in favore della Stuarda non fa che acuire la gelosia per l'uomo amato ormai irrimediabilmente perduto, la convince a firmare senza altre tergiversazioni la condanna. Quale ultimo oltraggio per Leicester, la regina gli ordina di assistere al supplizio della prigioniera.
Gli appartamenti della Stuarda nella prigione di Fortennga. Maria attende la morte: l'ordine dell'esecuzione le viene recato da Lord Cecil, che chiede alla Stuarda se desideri un prete che la guidi fino al patibolo. Ma, fedele alla sua religione, Maria rifiuta il ministro di un altro culto. Rimasta sola con Talbot ella si getta piangendo fra le sue fraccia; apertosi il mantello, Talbot le appare in veste sacerdotale e le mostra un crocefisso. Maria, umilmente, in ginocchio, si confessa pentita di ogni sua colpa: l'uccisione del marito Arrigo - la cui ombra la perseguita da tempo orribilmente -, la sua unione con Sabington, la morte del giovane Rizzio. Talbot, confortandola amorevolmente, l'assolve da tutti i peccati e, sorreggendola, l'accompagna nell'interno del castello.
Sala attigua al luogo del supplizio. E' notte. Anna e i cortigiani commiserano l'atroce sorte di Maria Stuarda, quando ella, vestita di rosso, giunge accompagnata da Talbot, Tutti le si inçlinocchiano intorno e lei li invita a non piangere e ad aver fede nella giustizia divina. Dal castello si odono i colpi di cannone che annunciano l'esecuzione: Cecil chiede alla Stuarda quali siano i suoi ultimi desideri. che verranno esauditi da Elisabetta. Maria chiede che la fedele Anna l'accompagni fino al patibolo, e prega Lord Cecil di recare alla regina d'Inghilterra il suo perdono. Leicester entra sconvolto e cade ai piedi di Maria: anche per lui la Stuarda ha parole di dolcezza e di rassegnazione, appoggiandosi a quel braccio che doveva condurla verso la libertà e che invece l'aiuta ad andare sul patibolo. Maria si avvia sorretta da Talbot verso la morte, mentre Leicester si copre il volto con le mani e Lord Cecil, soddisfatto, esulta del suo trionfo, affermando che la pace dell'Inghilterra, con la scomparsa della più pericolosa nemica del regno, è ormai sicura.