UN ATTORE DEBUTTA ALL'ESTERO
Nella prossima stagione teatrale la scena italiana avrà forse un nuovo primattore: Raf Vallone è piaciuto ai francesi come protagonista del "ponte" di Arthur Miller.
Parigi, maggio.
Parigi, maggio.
AI Teatro Antoine abbiamo assistito ad una recita di Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller. Questa produzione è nata sotto il segno della collaborazione internazionale: francese l'adattore (Marcel Aymé), inglese il regista (Peter Brook), italiano il protagonista (Raf Vallone). Non sempre l'unione fa la forza: comunque, non la fa in questo caso. Aymé è arrivato addirittura a cambiare il finale, inventando il suicidio deI personaggio principate della vicenda, lo scaricatore siculo-americano Eddie Carbone. Soluzione dettata dall'ambizione - terribiÌmente convenzionale - di sottolineare una fondamentale onestà del personaggio, spinta sino allo stoicismo. Che è pessima letteratura e che altera tutto iI signiflcato del dramma: il quale - pur non essendo un capolavoro - ha una sua ragione d'essere proprio e soltanto nella perplessità, nell'ambiguità: nell'impossibilità, insomma, di conciliare una legge civile, universalmente vaiida, con Ia legge della natura. Qui, invece, il protagonista muore pacificato chiudendo in pareggio il suo conto con la società. (Più che con Ia propria vita - e consapevolmente, per di più - l'uomo non può pagare). Dal canto suo, il regista Peter Brook maturato alla rigorosa scuola di Laurence Olivier, ha stranamente ceduto alla tentazione di un meridionalismo di maniera: ha guardato alla società siciliana come quei frettolosi viaggiatori pei quali Napoli o PaÌermo o Atene (purchè il sole, le canzoni, le antiche vestigia, gli stracci alle finestre e l'accensione dei sensi convivano) sono la stessa cosa. La critica parigina più seria non ha mancato di sottolineare questi scompensi: e non ha mancato, neppure, di tessere senza riserve le lodi del protagonista, Raf Vallone. Ci permettiamo adesso di presentare Vallone al pubblico italiano che lo conosce solo sullo schermo, e non sempre in produzioni di grande rilievo. Di Vallone, a parer nostro, si parlerà molto nei prossimi anni e nelle cronache del nostro teatro. Dobbiamo anzi sperare che - tornando da un Paese che per primo ha creduto in lui - Raf Vailone troverà sui palcoscenici italiani la stessa fama che Parigi gli sta decretando. E' un attore, intanto, di vigoroso temperamento: aiutato da un fisico saldo e da un volto fortemente squadrato, Vallone può tentare con successo quelle che si chiamano parti di forza. Può affrontare, cioè, i personaggi che richiedono incisività e chiarezza, plausibilità ed aggressività. La sua cordialità di uomo sano può piombare nelle depressioni improvvise, il suo fascino virile sa ammantarsi di pudore. Se è possibile (ed auspicabile) un ricambio sempre più costante tra autore ed attore, Raf Vallone può incoraggiare il lavoro di commediografl che non abbiano paura del grande teatro. Del teatro cioè, in cui l'eroe incarna aspirazioni e passioni della collettività, senza mezze tinte, ambiguità psìcanalitiche e acrobazie del sistema nervoso. Rivalutazione degl'istinti, vogliamo dire: degli slanci, deII'urgenza del sangue, degli abbandoni. E' chiaro che, avendo visto Vallone una sola volta e in un solo spettacolo, ci stiamo affidando soprattutto aI nostro fiuto. E in teatro gli oroscopi sono pericolosi. Accetti perciò il lettore questi sommari appunti come si accettano le impressioni a caldo di un testimone speranzoso. Ci auguriamo che, l'anno prossimo, saremo in grado di confermare il ritratto così frettolosamente abbozzato. Confermarlo, aggiungiamo, senza essere costretti a fare un viaggio fino a Parigi.
GIGHO DE CHIARA
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