Teatro alla Scala di Milano presenta:
Falstaff (1963)
Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito. Musica di Giuseppe Verdi
Interpreti principali: Wladimiro Ganzarolli (Sir John Falstaff) Raina Kabaiwanska (Mrs. Alice Ford) Mirella Freni (Nannetta figlia di Alice) Fedora Barbieri (Mrs. Quickly) Gabriella Carturan (Mrs. Meg Page) Luigi Alva (Fenton)
- Maestro Concertatore: Nino Sanzogno
- Ripresa registica: Antonello Madau Diaz
- Maestro del coro: Norberto Mola
- Coreografie: Giulio Perugini
- Bozzetti e Figurini: Lila De Nobili
- Direttore Allestimento: Nicola Benois
Programma di sala (pagine 28)
- Prima rappresentazione 11 aprile 1963
- Va con passo infallibile il vecchio John per la sua via (Eugenio Gara)
- I personaggi
- Gli interpreti
- Argomento - Bozzetti scene
- Fotografie
Va con passo infallibile il vecchio John per la sua via (Eugenio Gara)
Che nel panorama dell'arte si potesse fare a meno di Falstaff, oggi come oggi non è pensabile. Eppure tale rischio, all'origine, in sede scespiriana, ci fu. E se venne evitato, ciò dipese da circostanze estranee alla volontà del poeta inglese. Al quale, Falstaff, questo mirabile ma ingombrante personaggio, cominciò prestissimo a dare fastidi, in un certo senso prima ancora di nascere, Non era ancora nato, infatti, quando nel 1597 l'Enrico IV di Shakespeare apparve sulle scene londinesi, e il rotondo crapulone, il maestro di bagordi del giovane principe di Galles, si chiamava non già Falstaff ma sir John Oldcastle. E tutto sarebbe andato liscio anche nelle successive Allegre comari di Windsor (la dove la macchietta del bevitore blasonato diventa carattere, trovando la sua definizione compiuta) se, a difendere la memoria di un John Oldcastle realmente esistito, non fosse intervenuto un discendente di lui, il puntiglioso signor Henry Brooke. Il quale, assistito da avvocati ferratissimi, si fece sentire con tanta energia da consigliare un rapido cambiamento. Il nome di Oldcastle sparì subito, fin dalla prima edizione dell'Enrico IV, e fu sostituito con quello di Falstaff. Rimase il Sir John, quello sì, non avendo i discendenti dei santi l'abitudine di protestare. Finita, dunque? Non del tutto, perché anche quel casato, Falstaff, disturbava il ricordo di un personaggio storico: un Sir John Falstolf, onorato guerriero del quindicesimo secolo. (Benedetto Shakespeare, su questo versante non ne azzeccava una). Se ne immischiarono per un pezzo i sapienti di Oxford, e vi furono altre proteste. Persino il Fuller, cordiale cronista degli incontri fra shakespeare e i poeti elisabettiani, trovava strano, nelle sue Worthies, che un autore drammatico potesse mettere in ridicoro il nome di un combattente ilrustre, confondendolo con un vanitoso fanfarone. Ma queste sono parole del 1662: shakespeare era già morto da quasi mezzo secoro, le prime edizioni deile sue opere cominciavano a circolare un po, dappertutto, e di carnbiamenti ormai non era più il caso di parlare. Farstaff, dopo una nascita così avversata, rimase Falstaff, per fortuna. Personaggio stupendo, ma che sulla scena di prosa non ebbe mai l'universalità di Amleto, di Oteilo, deilo stesso Shyrock. E questo perché? perché il nostro Sir John, così grosso àppunto, non è tutto godibile in un'opera sola: in quelle delle Allegri comari di Windsor, cioè, dove egli si accampa quaìe protagànista. No, il suo pittoresco 'complesso di superioriià', bisogna anclare a cercarselo in pagine diverse: non esclusa quella pregnante scena dell'Enrico V, in cui Bardolfo, Pistola e Quickiy descrivono la morte del loro eroe. "Tra il mezzogiorno e l'una", lì racconta Quickly, "egli passò, esattamente al rifluire della marea. Quando vidi che cominciava a strofinare le lenzuora, a scherzare con i fiori, e a ridere guardandosi le punte della dita, allora compresi che non vi era più, per lui, che un cammino da prendere". Elogio funebre di un lirismo toccante, che solo certi aspri contrappunti del dialogo riportano nel solco d'origine:.. (continua)