Da IL DRAMMA Num. 225 - Giugno 1955:
- "Ventiquattr'ore di un uomo qualunque" con Peppino De Filippo
Autore: Ernesto Grassi
La commedia ha tocchi deliziosi e irresistibili. La sua comicità ha in fondo qualche cosa di accorato, che tocca il cuore. Se si potesse non ridere - e si ride quasi sempre - gli occhi dello spettatore si riempirebbero di lagrime. Se il lavoro ha dei difetti, questi riguardano la parte euritmica della composizione scenica. Per dare posto alle parti di fianco - che poi son quelle che maggiormente divertono - I'autore ha dato troppo spazio a tutto quello che è secondario, nell'azione, e in tal modo ha sbandato un poco la comnedia. Ma gli episodi sono così divertenti e cosi abilmente prospettati, che il pubblico non è stato nolto a sofisticare. LUIGI ANTONELLI
Questa commedia ha un terzo atto veramente bello, cui si può rinproverare, però, qualche prolissità verbale nella prima parte. Tolto questo difetto, esso mescola la piccola realtà esteriore, che è grigia, e la piccola illusione intima, che da quel grigio vuole staccarsi, e non può, e vi ricade, con una delicatezza di tocchi, con una squisitezza di indagine e una purezza sfumata di commozione, interessantissime. I primi due atti sono piacevoli, ma squilibrati; l'accessorio, che è spesso comico, supera o per lo meno pareggia il necessario. Nella storia delle ventiquattr'ore dell'uomo qualunque, sì insinua un personaggio assai divertente di impiegatino svogliato e fortunato che l'interrompe troppo. lI protagonista, per un atto e mezzo, è, anzi, spesso fuori di fuoco, mentre in prino piano si avanza I'altro. ln una commedia come questa, che non è d'ambiente o di molti uomini, ma di un uomo solo, la subordinazione di ciò che è secondario a ciò che è essenziale, doveva essere armonicamente serbata. RENATO SIMONI
Interpreti principali: Peppino De Filippo, Mario Siletti, Pietro Carloni, Luigi De Filippo, Massimo Burrelli, Graziella Maranghi.
VENTIQUATTR'ORE DI UN UOMO QUALUNQUE commedia in tre atti di Ernesto Grassi
LE PERSONE: ALBERTO CIMMINO - LISA CARDON - EMILIA CIMMINO - CINQUE - ETTORE LORIS - IL CAVALIERE - IL COMMENDATORE - PANICO - NINI' - MARCELLA - GUIDO LAURI - MIRELLA MARI - LA SIGNORA - LOMONACO - ELVIRA - L'UFFICIALE GIUDIZIARIO - PALMIERI - LA DATTILOGRAFA - UN CAMERIERE
La scena rappresenta un ufficio. Porte in fondo, a destra e a sinistra della scena. Un tavolino con macchina da scrivere. Un tavolino più "importante" a sinistra della scena: quello del "cavaliere", il capo ufficio. Sulla parete in fondo, un calendario con la grande cifra in rosso, è il 27 settembre, di buon mattino. All'aprirsi del sipario, la scena è vuota. Cimmino entra dal fondo, sospende il cappello all'attaccapanni, si cambia di giacca, depone sul tavolo l'involtino della colazione. Poi siede allo scrittoio, estrae dal tiretto un pacchetto di lettere. Ne scorre qualcuna e sospira. Infine depone il pacchetto, tira fuori un asciugamani e un portasapone in celluloide, si alza ed esce dalla destra. Panìco, I'usciere, entra dalla sinistra, senza giacca e comincia a spolverare gli scrittoi, pensieroso.
PANICO - E questo è un altro ventisette... (Smette di spolverare) Sì, sto fresco, oggi... (Facendo i conti con le dita sul naso) In primis, tremila lire aI vinaio... Se non fosse per un dito di vino... Andiamo avanti: mille lire per la rata a quello della tela di famiglia, e sono quattromila. Poi: duemila, più e non meno, per Ia bolletta del gas, e sono seimila. Ed è finita? Non è finita! Le scarpette nuove a quelle povere creature... Sì, sì, sto fresco... Servo suo, signor Cimmino...
CIMMINO (è entrato, silenziosamente dalla destra) - Che cosa dici? Parli solo? Brontoli sempre... Brontoli sempre... Sei talmente chiacchierone che attacchi dei bottoni a te stesso.
PANICO - Altro che bottoni, signor Cimmino! Altro che bottoni! Sono chiodi!
CIMMINO - Che chiodi?
PANICO - Quelli di fine mese.
CIMMINO - Male caro Panìco! Male! Disordine! Megalomanìa! Bisogna misurare le proprie forze. Tanto si può spendere e non un soldo di più! Io, come faccio a campare? Come me la sbrigo, io?
PANICO - Lei? Bella forza! Lei è un signore...
CIMMINO - Un signore? Sono un signore? Ecco qua, ci siamo. Le solite parole a vanvera. Panìco, ascoltami bene. Io sono un contabile di ruolo con funzioni di vice-capo ufficio, ed ho uno stipendio di quarantaquattromila lire. Aggiungi la "scala mobile" e tira i conti. Ho moglie e una figlia. Eppure ce Ia spunto! E perché ce la spunto? Perché ho la testa sul collol Questa gente, qui dentro. Si meraviglia che io non ho debiti. Non cè da meravigliarsi. Basta essere sobri e presenti a sé stessi. Basta non perdere la testa.
PANICO - Signor Cimmino, signor Cimmino... Mettiamoci nei panni degli altri... Vorrei vederlo, io, con ventisettemila lire al mese, tirar su cinque figli... Cinque... Come le canne dell'organo... Come le dita della mano... ho un bell'essere "presente a sé stesso".
CIMMINO - Panìco, è una pura questione di metodo. Vedi? (Gli indica il calendario) Guarda il calendario, 27 settembre 1955: io ho ancora quattrocento lire in tasca. (Mostra dei bìglietti in un portadenaro di metallo).
PANICO (sbalordito) - No!
CIMMINO - Sì, caro! Se tutta questa gente campasse come campo io, se tutti costoro (indica gli scrtttoi) che sono indebitati fino agli occhi, il giorno ventisette consegnassero la busta dello stipendio alla moglie, non farebbero le cattive figure che fanno...
PANICO - Giusto. Una bella idea. Io voglio proprio consegnare i soldi a mia moglie... Quella sa cosa fa? Lo sa, lei?
CIMMINO - Cosa fa... Cosa fa... Se li distribuisce per tutto il mese, giorno per giorno...
PANICO - Va al banco-lotto all'angolo di Spaccanapoli e se li gioca su tre numeri! Ecco cosa fa!...
CIMMINO - Esagerazione! Illazione gratuita! Le madri di famiglia sono sensate e morigerate! La verità è un'altra: la verità è che fate il passo più lungo della gamba! E non soltanto voialtri subalterni! Anche il personale cosi detto di concetto! Anche i miei colleghi! Ma se pensi soltanto al loro modo di stare in ufficio! Anarchia mentale... Paranoia superba... Io domando e dico: Domineddio vi ha messo al momdo per protacollare verbali! No. Devono fare gli estrosi, i poeti, i dongiovanni... Senz'ordine, senza metodo... Trovare uno, uno solo, che rispetti l'orario, qua dentro... Palmeri, vedi, non è venuto ancora! La ragazza, niente! A quest'ora si starà truccando allo specchio! Non parliamo poi di quell'altro lì, di quella marionetta... Cinque... E gli vuoi dar torto, a quel pover uomo del Cavaliere? E guarda me: sono in ufficio tre quarti d'ora prima. Mi levo alle sette in punto ogni mattina. ...
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