GINO ROCCA
Il 13 febbraio è morto a Milano il commediografo Gino Rocca. Veneto per vocazione, milanese di adozione, Gino Rocca era nato a Mantova il 22 tebbraio 1891. Prima ancora di arrivare al giornalismo - nel quale teneva, oltre il posto di critico dranmatico, fin dalla fondazione, del Popolo d'Italia, quello di primo Gerarca lombardo - Gino Rocca aveva fatto le sue prove come novelliere e come autore di teatro. Del teatro, al quale giunse giovanissimo ma già esperto per il senso innato e per l'amore alla scena, Gino Rocca aveva sempre avuto una concezìone aristocratica, più poetica che di pensiero. Le commedie di maggiore contenuto erano venute dopo: da principio furono quasi soltanto trame, atti brevi, sereni, e appunto Trame s'intitola il volume che raccoglìe la sua minore produzione teatrale, come Canestri azzurri si chiama una delle sue prime commedie, serena anche nel titolo. Il suo primissimo lavoro teatrale fu in dialetto veneziano: EI sol su i veri, rappresentato nel 1915. da Benini al "Diana" di Milano. Poi la cupa parentesi della guerra a cui Gino Rocca aveva partecipato come valore, guadagnandosì ambite medaglie e riportando una ferita. Le liane, date dal Talli, all'Argentina, nel 1920, segnarono la ripresa decisiva della sua attività teatrale. AIle Liane seguì un'altra commedia: Noi, rappresentata l'anno successivo al Manzoni; sono del'22 I canestri azzurri, del'23 L'uccicione di un generale in Cina. Nel 1924 apparve "La tragedia senza eroe", rappresentata, per la prima volta, al "Valle" di Roma che non mancò di suscitare appassionate polemiche. Dopo Le pecorelle, date nel 1925 al "Quirino", Gino Rocca nel corso del'26 faceva rappresentare tre commedie con brìllantissimo esito: Gli amanti impossibili; Il nido rifatto e Se no i xe mati, non li volemo. Particolarmente clamoroso fu il successo di quest'ultima. Quando la commedia fu rappresentata per la prima volta, al teatro milanese dei Filofdrammatici nell'interpretazione della Compagnia veneziana di Gianfranco Giachetti si verificò una coincidenza abbastanza rara negli annali della cronaca teatrale: al succesto di pubblico, caloroso come da parecchio tempo non era dato vedere, corrisposero le lodi concordi della critica, anche di quella solitamente meno proclive all'indulgenza. Ecco per esempio cosa ne scriveva Marco Praga: "Bella commedia, ho detto, varia, rìcca di contenuto, felicemente innaginata e architettata, con dei trapassi dal comico al drammatico di una delicatezza squisita. Il suo successo fu grande e ben meritato". Da quella sera - 25 novembre 1926 - i gustosissimi nati di Gino Rocca percorsero un felice cammino. La commedia, entrata a far parte del repertorio di tutte le Compagnie venete, venne tradotta in spagnolo e, metre Angelo Musco la rappresentò con vivo successo in dialetto sicilino, la riduzione cinematografica - La compagnia dei matti - fu proiettta nelle maggiori sale d'Italia. Nel '27 seguì Il gladiatore morente; ll terzo amante è del'28, come pure Sior Tita paron; specialmente Ie due ultime ebbero un magnifico successo. Del 1931 è Su da noi, rappresentata dal Giachetti all'Olimpia di Milano, con lusinghiera accoglienza. E' una commedia in cui ardono, entro un'aspra e ruvida scorza, la bontà e Ia bellezza di un appassionato idealismo. I molti applausi che l'avevano accolta dimostrarono che il pubblico aveva cotnpreso la bellezza del contrasto tra la grandezza semplice delle anime che il Rocca presentava e la dura incisività del loro linguaggio; di quel vivere e sentire e tacere con ardore e con pazienza; e del pigliare aspetto di piccole realtà delle grandi cose e del trastormarsi poi delle piccole realtà in grandezza. Tutta gente della momtagna, nata lassù, cresciuta e invecchiata lassù, rimasta presso le cime anche durante la guerra, a combattere dove i padri avevano faticato in pace, obbedendo per la vita e per la morte, a una specie di comandamento della montagna. Quando, il 15 gennaio del 1931, a Gino Rocca veniva aggiudicato il premio letterario "Bagutta" non il critico rapido, sicuro, sintetico, non il giornalista delle buone battaglie politiche e delle buone cause dell'italianità nella vita e nell'arte, né il conferenziere arguto ed elegante venivano premiati. Erano state date cinquemila lire di competente riconoscimento ad un suo romanzo già premiato dagli ìtaliani, che I'avevano letto con Io stesso favore che ottenne, subito dopo la guerra, L'uragano. Fu quello, anzi, il primo dei romanzi di guerra, da noi: la tragedia del reduce dalla trincea, in gran parte autobiografia di uno scrittore che la trincea irrorò del suo sangue e che visse poi il dramma del ritorno, e riprese contatto con I'esistenza e con il mondo tutt'altro mutati e purificati, come era avvenuto del suo spirito. GIi ultimi furono i primi è, invece, come è noto, il romanzo della sua Venezia eternamente tale che si ricostruisce sempre in se stessa. Sentimento di buona e salda tradizione, Il premio "Bagutta" che rappresentò iI riconoscimento delle sue eccellenti qualità di letterato, non distrasse Gino Rocca dal teatro che è stato la sua vera e grande passione. Dopo i lavori che già abbiamo ricordato mandava alla ribalta, riportandone successi sempre più sigificativi, altri lavori teatrali, tuttì di nobilissima ispirazione: quadretti di genere, pagine di vita, presentazioni di caratteri, favole di sapore romantico, ma aderenti alla vita di oggi di cui esprimono e rappresentano i dubbi e le inquietuidini: Baffi di ferro, L'ombra di bianco, Gli aIlegri sposi di Cortina, il singolarissimo Re povero e il bizzarro Volo a vela, l'ultima commedia sua nella quale ha portato sulla scena uomini che tendono a svincolarsi da ogni ingombro materiale per peregrinare, lìberi e leggeri, per cieli sempre mutevoli, secondo dove spira il vento ed il cuore consente. E non era questo forse il suo desiderio? In tutte le sue commedie, quelle che contano, quelle che non sono puro teatro, ma che sono pervase da un'onda di poesia, Gino Rocca ha espresso questo anelito di liberazione. E la liberazione è venuta, per lui.
REDAZIONE
Ninì Gordini, Rina Morelli, Gino Cervi e Paolo Stoppa in "Turbamento" la nuova commedia di Guido Cantini (disegno di Onorato).
La locandina del film "Il Re d'Inghilterra non paga". Soggetto e sceneggiatura di Giovacchino Forzano.