La Compagnia Drammatica dell'E.T.I.
La Direzione di Scenario mi ha invitato a presentare su queste colonne, la Compagnia Drammatica delI'E.T.I. ha voluto affidare alle mie cure e alla mia responsabilità artistica. Quantì mi conoscono non superfìcialmente e fuori della finzione scenica sanno come io sia alieno dal parlare di imprese di cui taccia o debba far parte, e mi trovi terribilmente a disagio allorchè si tratti di esibire in qualche modo, non già un personaggio scenico ideato da altri, ma un po' del mio "io". Questa volta, però, mi è gioco forza obbedire, sia pure con un certo imbarazzo e non senza aver prima espressa una parola di sincera e commossa gratitudine a chi mi ha concesso larga fiducia col chiamarmi ad un compito tanto altamente onorifico e pieno altresì di così grandi responsabilità quale quella di dirigere la prima Compagnia drammadca italiana che fa capo ad un pubblico Ente teatrale. Da quando s'è cominciato a discorrere nel nostro Paese di "crisi del teatro" (e questa è storia vecchia quanto il teatro stesso) le persone dabbene amanti del teatro o al teatro legate da ragioni artistiche o professionali non hanno cessato mai di chiedere ai vari Governi di muoversi a pietà per le sorti della nostra scena di prosa, battendo e ribattendo, in tonalità diverse, sull'eterno motivo delle Compagnie drammatiche stabili. Ricordo che un mio valoroso e genialissimo maestro della Scuola di Recitazione di Santa Cecilia, Edoardo Boutet, ci diceva che fìn dai primi dell'Ottocento uomini insigni, quali l'Alfieri. il Pindemonte, il Pellico, il Brofferio, s'affannarono a chiedere ai governanti del loro tempo di salvare I'arte drammatica col dar vita ad un teatro stabile, e che Vincenzo Monti un giorno si ramrnaricò a gran voce che in Italia tanto si largheggiasse con la musica e si lesinassero alla prosa i più modesti aiuti. Come queste lamentele abbiano continuato nel tempo nostro e fino a pochi anni addietro abbiano suscitato polemiche abbastanza vivaci e fatto germogliare svariati progetti, e qualcuno veramente pregevole non è certo su Scenario che occorrerà ricordare. In una Italia rinnovata, anche l'orizzonte del teatro ha cominciato qualche anno addietro a rischiararsi. Il Governo fascista, avendo compreso, in questi ultimi anni di rinnovamento spirituale e materiale della Nazione, con fatti e non più parole, il compito che le arti hanno in un paese ricco di tradizioni gloriose come il nosrro, ha iniziato la bonifica anche del nostro teatro drammatico. Fin da principio si è guardato lontano e si soro apprestati i mezzi per una azione su vasta scala, organicamente e metodicamente diretta al miglioramento artistico della scena italiana. Ma ad un tratto è sopraggiunta la guerra. Tutti noi, modesti e appassionati lavoratori della scena, abbiamo per un momento temuto che I'opera costruttiva e salutare iniziata dal Regime dovesse fatalmente subire un arresto. Invece, proprio in piena guerra e quando più sono impegnate in essa tutte le forze materiali e morali della Nazione pel conseguimento della vittoria, il Ministro della Cultura Popolare Aìessandro Pavolini ha ideato I'E.T'I. è ne ha proposta al Duce la costituzione allo scopo di risolvere in senso razionale e con lungimirante visione il problema del teatro italiano in tutti i suoi aspetti etici, artistici, economici e sociali. Le molteplici finalità delI'Ente furono chiaramente esposte nelle colonne di questa Rivista, e fu altresì aggiunto che non consistevano soltanto in fatti materiali, quali la costruzione di sale moderne o il riattamento e perfezionamento di quelle esistenti, e la creazione di Compagnie speciali, in modo da dar vita ad una attività teatrale nobile ed elevata, tecnicamente ed artisticamente portata al livello alto cui ci dà diritto la nostra millenaria civiltà e quale ci è imposto, come dovere, dalle stesse ragioni. Ma consistevano anche e principalmente in una vasta opera di rigenerazioné morale da compiere nel tradizionale campo artistico nazionale, e di rinnovamento di inveterati convincimenti poggianti su dilettantesche concezioni artistiche e legati il più delle volte a strane valutazioni di interessi particolaristici. Creato soltanto da pochi mesì l'E.T.l. ha cominciato con I'acquistare o assumere in gestione numerosì e importanti teatri, Provvedendo a migliorarne le condizioni e in specie I'attrezzatura tecnica dei palcoscenici (quasi dappertutto in ltalia così arretrata e miserevole) e poi ha dato via ad una speciale formazione teatrale quella appunto di cui sto per parlare e che può considerarsi iì primo èsperimento, di Compagnia nazionale a carattere semistabile gestita da un Ente creato dallo Stato con finalità prevalentemente artistiche.
L'epoca del "mattatorismo" può considerarsi finlta. Sia un bene, sia un male, gli attori di quel tipo, per grandi che siano stati, sarebbero oggi, sulle nostre scene degli spaesati e finirebbero per costituire un anacronismo. Perciò I'E.T.I., dovendo costituire la sua prima compagnia nazionale e volendo che essa fosse l'espressione dei tempi in cui viviamo e contribuisse al programma di rinnovamento che si è proposto, si è studiato, di dar vita a una compagnia i cui elementi giovani e di disparato temperamento non avessero ruoli fissi, quella ch comunemente si dice "una compagnia di complesso". Devo dichiarare subito che non è stato. questo, un facile compito, sia per il delicato momento in cui viviamo, sia perché un numero cospicuo di valorosi attori era già impegnato in altre formazioni e parecchi attori legati - a cominciare dal sottoscritto - di contratti cinematografici. - Ad ogni modo, è stato possibile mettere insieme una compagine artistica che potrà presentare - io credo - un repertorio assai vasto e senza troppe divisioni di ruoli e senza assalutismi: un repertorio in cui tutti - a cominciare dal direttore - siano pronti a sacrificarsi per raggiungere la maggiore perfezione di ogni spettacolo. Della "Compagnia del teatro Quirino diretta da Sergio Tofano gestione E.T.l.", - tale è la sua denominazione in quanto (dovrà agire per la massima parte dell'anno al Quirino di Roma, completamente rinnovato e migliorato dall'architetto Piccinato - - fanno parte attrici e attori in massitna parte già noti al pubblico: Diana Torrieri, Rosettl Tofano. Olga Vittoria Gentilli. Tina Mannozzi, Gìiusi Dandolo, Adriana Roberti, Ada Vaschetti, Maria Micchi, Sergio Tofano, Piero Carnabuci, Mario Pisu, Federico Collino, Guido Lazzarini, Nico Pepe, Carlo Lodovici, Alfredo Varelli, Manlio Busoni. Alfredo Morati, Luigi Gatti e qualche altro. Forse la Compagnia, che dovrà conseguire un carattere di sempre maggiore stabilità e coesione nei prossimi anni, contribuend o cosìa porre fin al tanto lamentato nomadismo e alle affemerità delle formazioni drammatiche italiane, raggiungerà domani una più completa struttura. Puntando sullo spettacolo, si avvarrà altresì del contributo di altri noti ed apprezzatissimi attori. Questi attori sono: Andreina Pagnani. Paola Borboni. Gino Cervi, Vittorio De Sica. Sul repertorio della Compagnia, come già sulla compagine artistica, non intendo soffermarmi a lungo, poichè anche su di esso è il pubblico e la critica che devono esprimere un giudizio defìnitivo. Dirò soltanto che, non potendo fare assegnamento per la prima stagione su molte novità di particolare rilievo, date le contingenze del momento, si è deciso di rìcorrere con una certa larghezza alle riprese, scelte con criteri di notevole ed ecclettica importanza artistica. Le novità in cartellone sono, sino a questo momento: Il giovane Alberto di Edoardo Anton, e Premio Nobel di Bergmann (svedese). Altre ci sono state promesse da Stefano Landi, Sergio Pugliese, Giovanni Mosca, Diego Fabbri, Ugo Betti, Cesare Zavattini. Più copioso è l'elenco delle riprese. Vi figurano: La casa nova di Goldoni (prescelta perchè è una delle più curiose e meno note del grande Veneziano, e ad ogni modo fino ad oggi non rappresentata mai in lingua italiana: a tradurla dal veneziano ha provveduto Renato Simoni, conservandole il genuino fresco sapore originario); Pensaci Giacomino di Luigi Pirandello; Glauco di Ercole Luigi Morselli (messo in scene da Vanda Fabro, col concorso di Gino Cervi nella parte del protagonista); Il piccolo Ejolf di Ibsen (messo in scena da Orazio Costa); Il dilemma del dottore di Shaw (proragonisti Andreina Pagnani e Vittorio De Sica); Il giardino dei ciliegì di Clecoff (ci reciterà Ia stessa Pagnani); Non si può mai giurare di nulla di De Musset (nuova traduzione di C. V. Ludovici). Nella commedia di De Musset farà la sua prima apparizione alle ribalte una giovanissima già molto nota recluta dello schermo:Irasema Dilian. A questi spettacoli, e ad altri che si aggiungeranno in seguito. daranno il loro contributo, per l'allestimento scenico i pittori, scenografi, costumisti Cipriano Efisio Oppio, Rosetta Tofano, Gino Severini, Mario Pornpei, Veniero Colasanti, T. Costa, Domenico Bologna. E così la presentazonne della Compagnia del Tentro Quirino è fatta. Possa essa risoivere il compito arduo, che le viene affidato e possa io avere bastevoli forze per guidarla verso quell'ideale di bellezza artistica e di perfezione che è la sua mèta. Per il bene e la fortuna del nostro teatro, del teatro italiano.
SERGIO TOFANO