Da IL DRAMMA Num. 49 15 Novembre 1947:
- "Poveri davanti a Dio" presentazione dell'autore stesso
Autore: Cesare Giulio Viola
IL "GRIDO D'ALLARME"
Lucio Ridenti mi ha chiesto una presentazione alla mia commedia "Poveri davanti a Dio". Avrebbe potuto dai ritagli dei giornali comporre in redazione uno di quei mosaici che spesso servono a redigere un lasciapassare di critica si e no veritiero, ma tale mosaico avrebbe forse travisato il successo che la mia ultima opera ha riscosso dal pubblico di Milano. Per evitare inesatti e ingiusti rendiconti, Ridenti ha voluto che io scrivessi poche righe di prefazione. Lo ringrazio per la sua precauzione delicata. C'è stata, dunque, tra il giudizio della critica e quello del pubblico, qualche discordanza? Sissignori. La critica ha rispettato in genere lo scrittore: ma ha fatto le sue riserve per l'opera. ll dramma, tuttavia è andato a gonfie vele, con molte e numerose repliche. Allora io mi domando: "Chi ha ragione? La critica o il pubblico?". Per mio conto, e I'una e l'altro. Rispetto tutte le opinioni, anche quelle che, a volte, per un certo loro linguaggio, potrebbero apparire offensive. (Ma qui entreremmo nel campo dello stile: non tutti quelli che praticano la penna usano lo spazzolino per le unghie. Ed è pur vero, che il sapone si paga, oggi, a caro prezzo in ltalia). IL pubblico! Quale pubblico? Una sera, mentre rincasavo, a tarda ora, in cammionetta, ho ascoltato, non visto, i commenti di un signore, intorno a una recente novità italiana, data in un teatro romano. Il signore d'improvviso passò a parlare di Poveri davanti a Dio, e disse: "Viola si accontenta della cassetta!". Quel signore era uno del pubblico? Lo conoscevo di persona. Lo incontrai il giorno seguente, e gli dissi: "Non ho mai pensato, in trenta anni di lavoro, alla cassetta. Ma che posso farci se il pubblico gremisce il teatro a una mia novità, e applaude? Lei ha ascoltato, a Milano, la mia commedia? - No - E allora perchè parla? Dovrebbe essere contento d'un successo italiano, E, invece, pare che le faccia dispiacere. E non sapendo come denigrare uno scrittore, gli attribuisce propositi speculativi!". Quel signore non apparteneva al vero pubblico: a quel pubblico che va a teatro e paga il suo biglietto: e se si diverte, o ride, o piange, o si emoziona, ci torna o consiglia l'amico a recarsi allo spettacolo. Quel signore, forse, era un epatico del teatro, che sognava forse fiaschi e fischi purchè l'opera rispondesse a una sua ideale opinione d'arte. Rispetto anche lui, e la sua opinione. E dica pure che "Viola si contenta della cassetta". Io, invece, dirò che ho scritto, ormai, venti commedie, che si rappresentano in ltalia e all'estero, E credo di non aver disonorato con la mia fatica la scena italiana. Dopo alcuni anni di silenzio, cui sono stati costretti i nostri autori, mi sono riaffacciato alla ribalta e ho detto la mia parola. Questa parola ha toccato un consenso nel cuore della folla, dunque, quale che sia la forma in cui è stata detta, deve avere una sua virtù convincente. A parte ogni giudizio estetico, sul quale non intendo polemizzare, io credo di aver toccato, col mio recente dramma, talune preoccupazioni che sono nell'aria, e che rispondono a qualche problema che investe la vita morale degli uomini d'oggi. Ho messo il dito su una piaga. Ho dato un "grido d'allarme", come benissimo ha scritto Eligio Possenti sul Corriere della Sera. Non vi pare, quando altro mancasse, che questa sia cosa degna d'uno scrittore di teatro contemporaneo? E questa ricchezza che, oggi più che mai fa, in buona o in mala fede, padroni del mondo gli uomini che la detengono, non è forse I'elemento che gravita a deformare quello che dovrebbe essere la legge che regola la giustizia? "Poveri davanti a Dio" è il dramma della responsabilità dei ricchi. Responsabilità dei padri di fronte ai figli: dei figli di fronte alla vita cui la irresponsabilità dei padri li ha condotti. Quando la ricchezza non conta più poichè viene spazzata da una folata purificatrice e livellatrice, per la quale padri e figli si ritrovano nudi e schietti al cospetto della propria coscienza - tutti "poveri" - ecco che l'equilibrio morale si determina nella necessità di caricarsi ognuno del proprio fardello, e di accogliere in dolorosa serenità la condanna che la vita impone. ln questa epoca in cui il delitto si è fatto episodio che più non ci sorprende, e si tira all'uomo come contro l'innocente fringuello a caccia; in cui la vita - la sacra vita umana - è esposta al ghiribizzo e alla ferocia del primo che passa; e si assolvono assassini che si dovrebbero condannare, e si condannano innocenti che dovrebbero essere assolti; in questa confusione di valori morali, per la quale ogni giudizio è compromesso da forze che nulla hanno a che vedere con la giustizia, credo che Ia rappresentazione di quell'abisso - o d'un settore di esso - sul cui ciglio corre oggi l'untanità, sia doveroso compito dello scrittore cotttemporaneo. lo seguiterò su questa strada. Poveri davanti a Dio è il primo esperimento, col quale tento di moredere sulla vita d'oggi, con problemi attuali, con posizioni in cui tutti gli spettatori possano riconoscersi. Non so se in questa prima prova io mi sia espresso pienamente. Non vuol dire: il primo segno c'è. Verranno col tempo gli altri. Voglio ringraziare "l'lstituto nazionale del dramma italiano", che ebbe fede nella mia opera, ed ha fede nella vitalità del nostro teatro. Giunga a Ruggero Ruggeri, cui questo dramma è dedicato, e a tutti i suoi attori, il mio grato saluto.
Cesare Giulio Viola
POVERI DAVANTI A DIO Tre atti di Cesare Giulio Viola
La commedia è stata rappresentata per la prima volta al Teatro Nuovo di Milano, il 7 ottobre 1947, dalla "Compagnia Città di Milano" dell'Istituto Nazionale del Dramma diretta da Ruggero Ruggeri.
A RUGGERO RUGGERI. Personaggi: GIORGIO STEVENS (Ruggero Ruggeri) - ALICE STEVENS, sua moglie (Lia Zoppelli) - DOROTHY, loro figlia (Olga Carera) - RALPH, loro figlio (Mario Colli) - STEFANO, loro figlio (Franco Tommei) - GIACOMO STEVENS, fratello di Giorgio (Annibale Betrone)- LOUIS DE COURSAC, marito di Dorothy Stevens (Roberto Bruni) - LAVERY, giornalista (Mario Pucci) - RANDFELLER (Mario Felicani) - LA SIGNORA CORVIN (Lina Bacci) - UN MAGGIORDOMO (Aldo Gazzini) - UN CAPO OPERAIO (Gianni Marchesini) - UN USCIERE (Aligi Vicini).
ATTO I° Un suntoso salotto nella casa del miliardario Giorgio Stevens a New York. (Dopo il desinare. Uomini e donne in abito da sera. Giorgio Stevens, soltanto, veste un abito scuro da pomeriggio. Quando s'alza la tela Louis De Coursac è sdraiato in una poltrona e fuma. Pausa. Dalla destra sopraggiunge Dorothy).
DOROTHY - Ah. Tu stai qui?
DE COURSAC - Come, vedi...
DOROTHY - Ti annoi?
DE COURSAC - Moltissimo...
DOROTHY - Questo ti capita sempre, quando veniamo in casa di nostro padre... Vogliamo andare?
DE COURSAC - Hai parlato a tuo Padre?
DOROTHY - Non ho avuto occasione... Non mi pareva che questa fosse la sera più adatta...
DE COURSAC - Allora che siamo venuti a fare?
DOROTHY - Gli parlerò domani... Andrò a trovarlo in fabbrica... Qui, sai, stasera...
DE COURSAC - Già, stasera... E' l'ultima volta che mi ci prendete... Da stasera, stop... Io capisco che si festeggi un compleanno, un onomastico, il Natale, la Pasqua, la Fondazione della Repubblica degli Stati Uniti... Capisco che si festeggi il giorno in cui tuo padre ha messo da parte il primo milione di dollari, anche perché a questi ne sono seguiti molti... Ma ogni anno al ventotto settembre, assistere alla rievocazione di lui che torna a casa in "tuta" con la borsa dello stagnaro sulle spalle: di tua madre che ogni mattina si reca alla lavanderia: di te che porti gli zoccoli; dei tuoi fratelli eccetera eccetera... Mi pare una cosa umiliante...
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