Da IL DRAMMA Num. 231 Dicembre 1955:
- "Bene mio, core mio" al Teatro Eliseo di Roma
Autore: Eduardo De Filippo
"BENE MIO, CORE MIO" l'ultima commedia in tre atti di Eduardo De Filippo rappresentata dalla sua Compagnia al Teatro Eliseo di Roma l'11 novembre 1955.
Interpreti principali: Eduardo, Dolores Palumbo, Peppino De Martino, Nino Veglia, Isa Danieli, Ugo D'Alessio.
LE CRAVATTE NELL'OMBRELLO APERTO.
Edoardo ha presentato così nel programma la sua nuova commedia.
Sono sempre stato contrario al fatto di scrivere le "due parole dell'Autore" sul programma, per chiarire al pubblico che cosa ho voluto stabilire o dimostrare, presentando sul palcoscenico questa o quella commedia. Ho fermamente ritenuto - e ritengo - che tale arbitrio sia consentito soltanto ed esclusivamente all'Editore, cui vennero affidate la cura e la pubblicazione di un romanzo, una raccolta di novelle, commedie, conferenze, trattati scientifici e altre opere del genere. Egli solo, secondo me, ha il diritto di "mettere le mani avanti", esaltando indorando e verniciando la "merce" da esibire sotto gli occhi diffidenti della sua vigile clientela. Ma I'Autore, che si adopera per spiegare a qualcuno il contenuto estetico astratto o intimista di un suo racconto, a mio avviso, da una parte viene a riconoscere implicitamente che la sua opera non è in grado di parlare da sé, dall'altra si cataloga egli stesso, aggiudicandosi, spontaneamente l'avvilente posto accanto a colui, che si mette a vendere le cravatte nell'ombrello aperto sulla pubblica piazza. Questa volta però ho dovuto cedere alle pressioni che mi sono venute da parte dell'Impresa, la quale, convinta di trovarsi, davanti ad una sottigliezza ambigua, di natura puramente dialettale, ha legittimamente preteso che io chiarissi almeno l'intimo significato del titolo. E ciò, nel riconoscere I'opportunità della richiesta, mi, accingo a fare brevemente e con vivo senso di consapevole responsabilità. Bene mio e core mio è la espressione abituale con lo quale la gente del mio paese diagnostica e sintetizza ironicamente il tiro mancino che di sovente vien praticato ai suoi danni da una insospettabile persona di famiglia che, valendosi ipocritamente di legami di sangue, assestando il colpo, non solo si fa attenta nel prodigare tenerezza affetto e bene "disinteressato", ma riesce altresi a far risultare lo spirito di sacrificio che determinò il suo gesto, nonché la colpa totale e l'intera responsabilità delle conseguenze che ne deriveranno, a carico del congiunto danneggiato.
In questa commedia Bene mio e core mio il conflitto si verifica fra Chiarina Savastano e Lorenzo, suo fratelto. La donna ha più di quarant'anni. Non la si potrebbe definire brutta, ma neppure bella. In un impeto di sconforto e tutta fremente di sdegno da lungo tempo represso, Chiarina vuole compiere il gesto folle del suicidio, o - e questo è più attendibile - minaccia di farlo, per ricattare e piegare la volontà del fratello, ad uno scopo preciso dal quale, secondo lei, dipende tutto il suo avvenire: è questione di vita o di morte. Lorenzo, esasperato dalla falsità di quel contegno, e soprattutto cosciente del motivo recondito che ha provocato la reazione di sua sorella, non volendo peggiorare il caso con il legittimo sfogo della sua sincerità, che sarebbe quello di dire pane al pane e vino al vino, cioè: "Tu sei brutta, non ti sei mai sposata perché nessun uomo ti ha mai presa in considerazione, non sei stata attraente nemmeno da ragazza..." contiene l'esplosione, schiaffeggiandosi ripetutamente come per comprimere e dispendere nella propria carne quelle sacrosante verità.
E allora... allora basta. Mi accorgo che ho già aperto I'ombrello per metterci dentro le cravatte, e... non siamo su di una pubblica piazza. Chiedo scusa.
Eduardo De Filippo