Il mio Voigt
Nel lontano 1939 conobbi un ornino che si agitava sui palcoscenici dell'avanspettacolo, indossando un vestito troppo grande per lui e un cappello troppo piccolo perché potesse ripararlo dalle secchiate d'acqua sporca che i potenti della ribalta gli rovesciavano sulla testa per affogarlo. Parlava uno strano linguaggio, fatto di parole in libertà, che indignava i più, infognati com'erano in un lessico conformistico e che negavano all'ornino il diritto di volare con le ali della fantasia. Ma l'ornino non si perse d'animo e continuò a parlare. a sognare, a digiunare. E così nella vita, come sul palcoscenico, combatteva i soprusi, le angherie di uomini di potere senza scrupoli e senza coscienza. Ma questi uomini non volevano saperne di questo malinconico menestrello che chiedeva un passaporto per un mondo surrealista e poetico. Allora l'ornino si arrabbiò e mise in atto la sua grande beffa. Si vestì da corazziere e tutti si alzarono in piedi ad applaudire. Aveva vinto. Era entrato in quel raggio di sole che lo ripagava dal freddo sofferto. Ora, però, cercava l'incontro magico, l'incontro che gli insegnasse a soffrire anche per gli altri...
Sono passati molti anni e gli incontri sono stati addirittura favolosi. Gogol. Ionesco, Eduardo, Courteline. i grandi spettacoli di Garinei e Giovannini, l'abbraccio del grande Chaplin. L’incontro e l'amicizia con l'ineguagliabile Picasso. Che stupende sensazioni! Che lezioni di vita! Ora c'è un nuovo incontro, allettante, eccitante. E' avvenuto qualche mese fa a Trieste. Ho incontrato Zuckmayer, tramite il mio grande amico Sandro Bolchi. Sandro mi ha preso per mano mi ha condotto in un camerino del Teatro Rossetti e mi ha presentato, appeso a una stampella, un vestito avvilito dall'usura del tempo e composto di una palandrana. un pantalone, una bombetta ed un paio di grosse scarpe. Poi mi ha detto: Renatino calati in questo vestito. Mi ha posato una mano sopra la spalla e guardandomi negli occhi, come un ipnotizzatore ha sentenziato: da questo momento sarai Guglielmo Voigt. Ah scusate. Dimenticavo di dirvi che l'ornino della storia di cui sopra, ero io.
RENATO RASCEL