Compagnia della Rancia presenta:
Fregoli - Il Musical (1994)
Di Saverio Marconi e Ugo Chiti
- Interpreti: Arturo Brachetti - Compagnia della Rancia
- Musiche e Liriche: B. Moretti - M. Renzullo
- Coreografie: Baayork Lee
- Scene: Aldo De Lorenzo
- Costumi: Zaira De Vincentiis
- Regia: Saverio Marconi
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Programma di sala (pagine 20)
- Chi era Fregoli?
- Una persecuzione (Arturo Brachetti)
- Colloquio tra Marconi e Chiti
- Fotografie di Sandro D'Ascanio
UNA PERSECUZIONE
Una persecuzione! Ecco cos’era! Me lo trovavo nello specchio del camerino, nei ritagli delle recensioni, addirittura nel palco N.5 (quello di solito occupato dal Fantasma dell’Opera) a guardarmi, studiarmi, compararmi… E basta! Naturalmente sto parlando dell’ombra di Fregoli, il grande trasformista che visse a cavallo (cloppete, cloppete) degli ultimi due secoli. Un fantasma che mi cercava solo in Italia, perché solo qui ogni artista viene sempre proposto come “Il successori di… l’emulo di…”, forse perché la nostra è una mentalità da bottega dove o si è figli d’arte o si è il garzone che ruba l’arte al maestro. Per il trasformismo è diverso. Dalla morte di Fegoli, a parte qualche modesto imitatore, quell’arte non poté più godere delle grandi platee. Quindi eccomi qui a confronto con il Mostro Sacro. Naturalmente io interpreto sia Fregoli che Romolo, il suo sosia, che si dimostra bravo quanto l’originale, e molti altri personaggi che fanno parte dei “numeri musicali”; insomma, una bella cavalcata di trasformazioni. Per me comunque un’esperienza nuova perché “Fregoli” è un musical drammatico-comico nella migliore tradizione di quelli inglesi con tanto di canzoni, balletti, cambi di scena a vista. Ma questo è un musical tutto italiano; e chi meglio della Compagnia della Rancia poteva realizzare un simile evento in Italia, dopo “Cabaret”, “Chorus Line”, “La Cage aux Folles” ed altri musical d’importazione? Non abbiamo voluto raccontare la vita dell’artista, ma abbiamo cercato di proporre un affresco di vita e di relazioni di fine ottocento. Fregoli è l’uomo del ventesimo secolo che per sopravvivere deve adattarsi continuamente a presentarsi sempre con tante diverse maschere, una per ogni occasione: per la moglie, per il capoufficio, per gli amici. Quanto a me credo di indossare sempre la maschera di un uomo sul cervello di un bambino… o il contrario? A teatro tutto è possibile.
ARTURO BRACHETTI