Il Piccolo Teatro della Città di Milano presenta:
Gli ultimi (1983)
Di Maksim Gorkij
- Interpreti: Franco Graziosi, Tino Carraro, Valentina Fortunato, Rino Cassano, Relda Ridoni, Gianfranco Mauri, Cornelia Grindatto, Sabina Vannucchi, Stefano Onofri, Susanna Marcomeni, Enrico Maggi, Edda Valente
- Traduzione: Luigi Lunari
- Musiche: Fiorenzo Carpi
- Scene: Mario Garbuglia
- Costumi: Alberto Verso
- Regia: Carlo Battistoni
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- Franco Graziosi - Tino Carraro - foto di scena
Programma di sala (pagine 50)
- 28 Gennaio 1983 - Gli Ultimi (Carlo Battistoni)
- Le opere di Gorkij (Luigi Lunari)
- Tentando di definire Gorkij (Gian Lorenzo Pacini)
- 1924 come ho imparato a vivere (Maksim Gorkij)
- Gorkij a Capri (Leo Fabbri)
28 Gennaio 1983 - Gli ultimi
Nel nome di Gorkij si aprì per la prima volta - il 14 maggio del 1947 - il sipario del Piccolo Teatro. L'albergo dei poveri (ovvero, i bassifondi) allora, per la regia di Giorgio Strehler, Gli ultimi oggi, ovvero l'altro polo della società che Gorkij dipingeva: La casa dei potenti, ovvero Le alte sfere; là gli ultimi destinati ad essere i primi (ma su questa terra!), qui gli ultimi che erano i primi e che sono ormai destinati a scomparire. La storia di questo testo, scritto nel 1908, è quella stessa di tutti i testi teatrali nati dalle circostanze e per le circostanze: violento, impietoso atto d'accusa contro una classe dirigente esautorata ed ormai parassitaria, scossa dall'ondata rivo1uzionaria del 1905, ma uscitane in qualche modo rafforzata, Gli ultimi pagò la sua attualità con il veto della censura; rappresentata da Reinhardt in Germania poté suonare sì minacciosa per una classe dirigente, ma in modo troppo traslato per creare davvero sensazione; e dopo la rivoluzione del 1917 e la nascita della Repubblica socialista pagò - con il mediocre esito della sua prima rappresentazione russa - il carattere ormai superato del tema e della denuncia. Gli ultimi erano davvero stati gli ultimi; ormai non esistevano più, e i problemi erano altri. Il dramma di Gorkij sembrava dover subire la stessa sorte che Shaw aveva «rivendicata» per tante sue commedie a tesi: una progressiva diminuzione di interesse man mano che, la loro lezione veniva accolta dalla storia, man mano che la loro profezia si rivelava esatta, man mano che i nemici additati venivano sconfitti nella realtà. Improponibili nel 1908, inutili nel 1930; ma l'errore (umano e inevitabile, del resto) è quello di considerare opere come queste unicamente sotto il profilo della loro utilità pratica, della loro pertinenza polemica, della loro rispondenza attuale. Tutta l'opera di Gorkij è certo coscientemente subordinata alle necessità della lotta di classe, della polemica politico-sociale, della rivoluzione imminente: c'è uno stato da distruggere, e un nuovo stato da fare! Ma al di là del loro scopo - che è sempre elemento accessorio, contingente e limitatore - esse posseggono quel carattere di verità, di autenticità umana che prescinde da ogni scopo che non sia «il vero e il fatto»; che allarga il senso di utilità alla perenne utilità del bello e del vero, e dilata il valore di attualità alla permanente validità della sua lezione universale. Per questo, la lettura scenica degli Ultimi si appoggia su una piena accettazione del «tempo» e del luogo dell'azione; è nel suo più intimo, concreto, datato essere che questo dramma può trovare la verifica della sua larga attualità; senza che sia necessario astrarlo in una immagine meno circoscritta, senza che sia necessario sottolinearne attualismi casuali e provvisori, curiose ma gratuite analogie con il nostro tempo. Gli ultimi non parlano in nessun modo dell'Italia o dell'Europa o del Mondo del 1983; parlano della Russia del 1908 e soltanto di quella; ma chi ne parla è un poeta, che sotto i fatti che ha visto e toccato con mano sa cogliere i tratti essenziali e permanenti di vicende umane e sociali antiche quanto il mondo, ripetibili quanto è il futuro.
CARLO BATTISTONI