15 Luglio 1940 - Anno XVI - Numero 334
IL DRAMMA
Quindicinale di commedie di grande successo diretto da Lucio Ridenti - Società Editrice Torinese Torino
- In questo numero:
- APRITE LE FINESTRE il testo completo della commedia in tre atti di Carlo Veneziani rappresentata dalla Compagnia di Dina Galli - IL BRIGANTE E LA DIVA commedia in un atto di Giuseppe Adani - LA TROVATA DELL'AVV. MAX commedia in un atto di Bruno Corra - Perché gli attori firmano tante cambiali in bianco? (di Nicola Manzari) - Al mio destino (di Dina Galli) Teatro italiano all'estero (di Ottavio Ramìrez) - Inseguiamo gli attori dove sono - Termocauterio...
- In copertina: Eduardo De Filippo (disegno di Mario Pompei)
Eduardo De Filippo
Abbiamo letto qualche volta, oggi o ieri non importa, che Edoardo De Filippo e suo fratello Peppino se non recitano cose loro, canovacci sui quali improvvisare, sono finiti; o qualche cosa di simile, che è lo stesso, per la sostanza dell'accusa. E mai accusa fu più infondata, dal momento che molte commedie di Paola Riccora, di Rocca e di altri autori lo hanno dimostrato, fino al più recente. successo di Armando Curcio che ha affidato ai De Filippo i tre atti "A che servono questi quattrini?" ed ha ottenuto un successo fra i più memorabili, ormai, della Compagnia De Filippo. Dopo quarantasei rappresentazioni ininterrotte ai Teatro Quirino di Roma, Edoardo e Peppino giungono ai Milano ai Teatro Odeon dove - scrive Leonida Rèpaci - "avevo visto entrare una gran folla a teatro, una folla inverosimile, dato il momento. Il viso spettraIe di ognuno, assumato dalla cecità blù della strada come da una foresta sottomarina, mi aveva fatto pensare a una visita collettiva di consòlo per un morto invisibile. Ed ecco che i De Filippo restituivano a tutti indistintamente la loro faccia, ridavano il peso ai corpi, il suono alle parole, la luce agli occhi. Mai attori compirono un più vistoso prodigio. I tempi non sono facili alla distrazione". E parlando particolarmente di Edoardo, Rèpaci continua: "Edoardo raggiunge i suoi più straordinari elfetti nella sfera della malinconia ironica. Questo attore realizza un personaggio di se medesimo in perpetua tensione di affrancamento da una realtà che non gli somiglia. Egli si difende con l'impassibilità che si conquista quando si son lasciati brandelli di carne sui feroci cammini dell'illusione. Una impassibilità che si dissangua nel monologo, mentre cerca in fondo a se stessa la pròpoli delle api in cui imbalsamarsi. Edoardo è sempre al di là del proprio dramma".
Abbiamo letto qualche volta, oggi o ieri non importa, che Edoardo De Filippo e suo fratello Peppino se non recitano cose loro, canovacci sui quali improvvisare, sono finiti; o qualche cosa di simile, che è lo stesso, per la sostanza dell'accusa. E mai accusa fu più infondata, dal momento che molte commedie di Paola Riccora, di Rocca e di altri autori lo hanno dimostrato, fino al più recente. successo di Armando Curcio che ha affidato ai De Filippo i tre atti "A che servono questi quattrini?" ed ha ottenuto un successo fra i più memorabili, ormai, della Compagnia De Filippo. Dopo quarantasei rappresentazioni ininterrotte ai Teatro Quirino di Roma, Edoardo e Peppino giungono ai Milano ai Teatro Odeon dove - scrive Leonida Rèpaci - "avevo visto entrare una gran folla a teatro, una folla inverosimile, dato il momento. Il viso spettraIe di ognuno, assumato dalla cecità blù della strada come da una foresta sottomarina, mi aveva fatto pensare a una visita collettiva di consòlo per un morto invisibile. Ed ecco che i De Filippo restituivano a tutti indistintamente la loro faccia, ridavano il peso ai corpi, il suono alle parole, la luce agli occhi. Mai attori compirono un più vistoso prodigio. I tempi non sono facili alla distrazione". E parlando particolarmente di Edoardo, Rèpaci continua: "Edoardo raggiunge i suoi più straordinari elfetti nella sfera della malinconia ironica. Questo attore realizza un personaggio di se medesimo in perpetua tensione di affrancamento da una realtà che non gli somiglia. Egli si difende con l'impassibilità che si conquista quando si son lasciati brandelli di carne sui feroci cammini dell'illusione. Una impassibilità che si dissangua nel monologo, mentre cerca in fondo a se stessa la pròpoli delle api in cui imbalsamarsi. Edoardo è sempre al di là del proprio dramma".