1 e 15 Settembre 1941 - Anno XVII - Numero doppio 361-362
IL DRAMMA
Quindicinale di commedie di grande successo diretto da Lucio Ridenti - Società Editrice Torinese Torino
- In questo numero:
- IL LUTTO SI ADDICE AD ELETTRA trilogia tragica in tre parti e 14 quadri di Eugenio O'Neill rappresentata al Teatro delle Arti di Roma diretto da Anton Giulio Bragaglia - Elettra puritana (di Ermanno Contini) - Diana Torrieri nella parte di Lavinia (di Leonida Repaci) - CIO' CHE NON SI DICE un atto di Stefano Landi - Gli autori italiani hanno scritto queste commedie - Varie - Biblioteca - Termocauterio...
- In copertina: Diana Torrieri (disegno di Acqualagna)
Diana Torrieri
Qualcuno ha detto che la Torrieri ha il "muso teatrale". Non basta. Il teatro è di casa nella Torrieri in ogni parte del corpo: negli occhi, nel petto, nelle braccia, nelle mani, dappertutto. Quando lei entra in scena esprime una forza centripeta che attira a sè l'azione come la calamita il ferro. Pur cosi fragile all'apparenza, cosi mancante di volume e di peso, ha in compenso il dono di creare una atmosfera di carnalità un po' morbida, propria dei tipi asciutti, consumati dal di dentro. Ora penso alla definizione che diede di lei, Edwin Cerio: "Panerotica Diana che tutti amiamo stranamente". Ecco una definizione che spiega il fascino della sua Lavinia, la dannata vergine di O'Neil. Non era facile affrontare questo personaggio, uno dei più complessi e feroci del teatro moderno. Invece la Torrieri ha fatto con Lavinia come la mantide religiosa col machio: se l'è mangiata. Se l'è mangiata per portarsela nel circolo sanguigno, per esser totalmente l'altra con la sua pelle lasciva, con i suoi capelli rossi, col suo passo rigido, con la sua voce ammonitrice; l'altra nel desiderio vano dell'amore e nel bisogno della vendetta, nella tristezza delle parole che l'istinto scatena e nell'amara pacificazione che accetta una sorte di guardiana alle, tombe che i Mannon e tutti gli uomini hanno scavato su questa terra, per espiare il delitto di esser nati. Confesso che conoscendo "Il lutto si addice ad Elettra" ho temuto per la giovine attrice che osava misurarsi nella parte di Lavinia. Non vedevo da noi chi potesse tradurre quel personaggio senza lasciarci le penne maestre. La Torrieri ha compiuto il miracolo di essere pari in ogni momento al fantasma che di Lavinia ci eravamo fabbricato. Fantasma orrendo e bellissimo che non trova forse rivali nel teatro contemporaneo per il felice, geniale innesto dell'indagine moderna sullo schema tragico antico. Nell'interpretazione di esso Diana Torrieri ha raggiunto risultati stilistici bellissimi, senza tuttavia togliere al personaggio quel fondo umano che il prevalere degl'istinti messi in essere dai vari complessi freudiani e l'immanenza della Nemesi familiare possono complicare, offuscare, ma non distruggere. La battaglia si è risolta in una di quelle vittorie che contano nella carriera di una attrice. Da oggi la Torrieri con tutte le sue acerbità, destinate via via a sparire, è attrice di primo piano nella nostra scena di prosa. Non c'è bisogno di esser stregoni per predire che tra non molto tutti saremo d'accordo nel riconoscere in lei un'alta interprete del teatro tragico ultimo.
Qualcuno ha detto che la Torrieri ha il "muso teatrale". Non basta. Il teatro è di casa nella Torrieri in ogni parte del corpo: negli occhi, nel petto, nelle braccia, nelle mani, dappertutto. Quando lei entra in scena esprime una forza centripeta che attira a sè l'azione come la calamita il ferro. Pur cosi fragile all'apparenza, cosi mancante di volume e di peso, ha in compenso il dono di creare una atmosfera di carnalità un po' morbida, propria dei tipi asciutti, consumati dal di dentro. Ora penso alla definizione che diede di lei, Edwin Cerio: "Panerotica Diana che tutti amiamo stranamente". Ecco una definizione che spiega il fascino della sua Lavinia, la dannata vergine di O'Neil. Non era facile affrontare questo personaggio, uno dei più complessi e feroci del teatro moderno. Invece la Torrieri ha fatto con Lavinia come la mantide religiosa col machio: se l'è mangiata. Se l'è mangiata per portarsela nel circolo sanguigno, per esser totalmente l'altra con la sua pelle lasciva, con i suoi capelli rossi, col suo passo rigido, con la sua voce ammonitrice; l'altra nel desiderio vano dell'amore e nel bisogno della vendetta, nella tristezza delle parole che l'istinto scatena e nell'amara pacificazione che accetta una sorte di guardiana alle, tombe che i Mannon e tutti gli uomini hanno scavato su questa terra, per espiare il delitto di esser nati. Confesso che conoscendo "Il lutto si addice ad Elettra" ho temuto per la giovine attrice che osava misurarsi nella parte di Lavinia. Non vedevo da noi chi potesse tradurre quel personaggio senza lasciarci le penne maestre. La Torrieri ha compiuto il miracolo di essere pari in ogni momento al fantasma che di Lavinia ci eravamo fabbricato. Fantasma orrendo e bellissimo che non trova forse rivali nel teatro contemporaneo per il felice, geniale innesto dell'indagine moderna sullo schema tragico antico. Nell'interpretazione di esso Diana Torrieri ha raggiunto risultati stilistici bellissimi, senza tuttavia togliere al personaggio quel fondo umano che il prevalere degl'istinti messi in essere dai vari complessi freudiani e l'immanenza della Nemesi familiare possono complicare, offuscare, ma non distruggere. La battaglia si è risolta in una di quelle vittorie che contano nella carriera di una attrice. Da oggi la Torrieri con tutte le sue acerbità, destinate via via a sparire, è attrice di primo piano nella nostra scena di prosa. Non c'è bisogno di esser stregoni per predire che tra non molto tutti saremo d'accordo nel riconoscere in lei un'alta interprete del teatro tragico ultimo.