Milano Aperta - Comune di Milano presentano al Teatro Lirico:
Kung Lear (1985)
Di William Shakespeare
- Interpreti: Jarl Kulle - Kungl. Dramatiska Teatern Stockholm
- Adattamento svedese: Britt G. Hallqvist
- Musiche: Daniel Bell
- Coreografia: Donya Feuer
- Scene e costumi: Gunilla Palmstierna-Weiss
- Regia: Ingmar Bergman
Link Wikipedia
- Jarl Kulle - Foto di scena
Programma di sala (pagine 16)
- Parte prima - Parte seconda
- Lear erotico e feroce (Roberto De Monicelli)
- Uno spettacolo indimenticabile (Vincenzo Lauza)
- Il cast
- Rassegna stampa
- Foto di scena
Uno spettacolo indimenticabile
Lo spettacolo con il quale Bergman si è riproposto ai suoi connazionali dopo otto anni di esilio in Germania, è stato salutato da critica e pubblico come uno straordinario evento artistico, una “pietra miliare della nostra cultura”. E, insieme, come il simbolo della avvenuta riconciliazione dell'artista con il suo Paese. Ingmar Bergman ha pianto: in pieno palcoscenico, di fronte al “suo” pubblico del Teatro Dramaten che in piedi lo osannava alla fine delle tre ore e mezza del Re Lear. Uno spettacolo indimenticabile, una rappresentazione che, se da un lato riconferma la magistrale vena artistica del regista svedese, dall'altro viene considerata da molti come il “limite massimo” al quale si possa giungere nel rappresentare certo non la più facile delle opere di Shakespeare. Tutto è segnato dal perfezionismo formale di Bergman: il gestire degli attori e delle comparse, la mimica di ogni singolo personaggio curata nei minimi particolari, l'alternarsi delle scene dei soli due atti in cui Bergman ha “ristretto” il dramma, il plasmare ed armonizzare la personalità di ciascuno, esaltandone sì le peculiari caratteristiche artistiche individuali come personaggio, ma anche integrandole in relazione agli altri attori. Sessanta, fra protagonisti e comparse, sul palcoscenico semicircolare, assolutamente nudo, di un colore rosso che assume toni più o meno accesi grazie al gioco di luci e nelle varie circostanze di un “play” che racchiude intrigo, giochi per il potere, catastrofi, tradimenti, tempeste, lamentazioni, demenza. Ingmar Bergman non offre soltanto una semplice regia, dichiara l'attore Borje Ahlsted, bensì “instaura - una relazione - con gli attori, ci si sente a proprio agio, sembra quasi di esserne purificati!”. Scenografia e costumi di Gunilla Palmstierna-Weiss (moglie del compianto scrittore tedesco Peter Weiss) integrano alla perfezione le intenzioni di Ingmar Bergman in questo Re Lear. Le tradizionali quinte vengono sostituite dal quasi impercettibile movimento di sedici armigeri dalla corazza in pelle grigio scura, dai riflessi metallici col gioco di luci, e dalla forma che induce ad accostarli ai samurai giapponesi. Né mancano in questo allestimento, ”libere interpretazioni” di quelle che potevano essere manifestazioni erotiche nell'atmosfera di corti depravate dall'epoca. Si tratta di una magia teatrale, comunque, e soltanto alla fine, viene tolta dalla ribalta dove era stata posata, la corona che simbolicamente Re Lear si era tolta dal capo al momento di “spartire” il proprio regno fra le due figlie maggiori. La corona è ora simbolicamente nuovamente sul capo di Re Lear del quale scherzando Bergman ci disse nel dicembre '83 “forse ce n'è anche un po' in me stesso, così come a suo tempo affermò Goethe per il quale in tutti gli uomini si annida un Re Lear”.
VINCENZO LAUZA