Luglio 1939 - Anno VIII - Numero 7
SCENARIO lo spettacolo italiano
Rivista mensile delle arti della scena - Direttore Nicola De Pirro - Rizzoli & C. - (Ed. Milano - Roma)
- In questo numero:
- DENTRO DI NOI il testo completo del dramma in tre atti di Siro Angeli - In bilico fra teatro e cinematografo (di Vittorio De Sica) - Socialità essenziale del teatro (di Nicola De Pirro) - Come si mangia in scena (di Mario Corsi) - Pizzetti all'Accademia (di Mario Labroca)
- In copertina: Evi Maltagliati
In bilico fra teatro e cinematografo
Confesso che, per la mia natura, non amo prendere in mano il mio cuore per vederne i tormenti troppo da presso. Preferisco, in generale, fingere di ignorarli, nella speranza che il tempo, il caso, il buon Dio, risolvano gli angoscianti problemi che non saprei risolvere da me. Ho trovato, del resto, che questo metodo è il più logico, Il più sicuro e, se non proprio il più comodo, è certo il più caritatevole per me e per gli altri. Per esempio, fra i miei amici, ve n'è qualcuno la cui conversazione. desidero ed evito nello stesso tempo. La desidero perchè nulla mi è più gradito dello scambio di idee con le persone che stimo, la evito perchè, nove volte su dieci, mi si pone il quesito: «Cinematografo o teatro?». Ma si: io so bene che si tratta di due forme d'arte tanto diverse, so bene che un uomo dovrebbe decidersi, per dare tutto se stesso all'una o all'altra, allo scopo di raggiungere, se è possibile, l'eccellenza, nell'una o nell'altra; ma è proprio necessario che io mi decida subito, in questo momento? Non è più giusto che le risoluzioni definitive (che poi non sono di così poco momento, come si potrebbe credere) siano lentamente maturate, col maturare della mia personalità? lo credo che verrà un giorno, che io mi deciderò, così, all'improvviso, con una forza che io stesso mi meraviglierò di possedere. E quel giorno la mia decisione sarà irrevocabile. Per adesso debbo confessare che il problema massimo: cinematografo o teatro, non è ancora risolto nella mia coscienza e comunque non può essere risolto nella pratica della mia vita d'attore. Una cosa posso dire su questo argomento ed è che ci penso spesso e a lungo, con una disperazione e una intensità, da farmi talvolta soffrire. Attendo nel silenzio della notte i richiami del destino e tendo l'orecchio, ma non odo nulla. O meglio, odo delle voci imperiose che gridano: «”Di qua, di qua ... Di là, di là..” E io fermo. Tuttavia qualche effetto di questa crisi si nota: intanto divento ogni giorno più esigente con me stesso Non accetto più soggetti cinematografici con troppa facilità: li studio, li esamino, li discuto e poi ... E poi se accade qualche disavventura, la colpa non è proprio mia, ma delle sorprese che la lavorazione cinematografica può riservare a chiunque. Quanto al teatro, esso è alla cima dei miei pensieri, in testa a tutti i miei ideali. Disgraziatamente il teatro diventa ogni giorno più difficile, soprattutto per la scarsità del repertorio. Se il pubblico sapesse quanta fatica ci è costata la commedia che noi gli offriamo! Essa è il risultato di molte, infinite richieste, di assillanti sollecitazioni, di centinaia di telefonate, di migliaia di cartoline illustrate, di colloqui senza fine. E dopo tanto lavoro, compiuto con tanta fede, molte volte non si raccoglie che un meschino risultato, o perchè la commedia non è riuscita, o perchè, per una ragione o per un'altra, non è fortunata. Questo del repertorio, è un vero tormento, per un attore che abbia coscienza delle proprie possibilità e dei propri doveri. lo, per esempio, sono stanco di interpretare la solita parte di buon ragazzone ben voluto dalle donne, ma un po' disgraziato nella vita a causa della sua ingenuità incorreggibile. Ardo dal desiderio di provarmi in opere di mole più importante, in parti più consistenti e artisticamente più vaste. E non v'è autore in Italia al quale io non abbia chiesto di scrivere per me un'opera che mi consenta questa misura nuova, questa battaglia dalla quale posso forse uscire più maturo, ma fino a questo momento non ho avuto che delle vaghe promesse. Nè mi regge il cuore di rivolgermi ai grandi autori del passato, i quali hanno perduto, quasi tutti, il loro contatto con la vita di oggi, che io invece vorrei esaltare con qualche buona interpretazione. Per l'anno prossimo, se farò compagnia, spero di avere qualche cosa di veramente nuovo da fare, sempre che le promesse degli autori non siano sfacciatamente marinaresche. Certo è che, piuttosto che continuare a dar corpo a degli eroi della rassegnazione, della rinuncia, della modestia (tutte virtù che nessuno di noi sente più, che il tono dell'italiano nuovo è tutt'altro), io preferisco ritirarmi in buon ordine ad aspettare, dal fondo di qualche stabilimento di lavorazione cinematografica, il momento buono, per rimettere il capo alla ribalta. Lo preferisco, perchè sento che questa via è esaurita e che non riserva più nessuna soddisfazione alla mia fatica. Che importa se le platee sono piene, se il sipario si alza e si abbassa non so quante volte alla fine di ogni atto? Ringrazio il pubblico che mi conserva la sua simpatia (che sento di meritare, se non per le mie virtù di attore, per una virtù umana che ho sempre coltivato in me stesso: la coscienza del mio lavoro), ringrazio gli amici dei loro incoraggiamenti, ma non mi basta. Deve essere soddisfatto anche il mio cuore di attore, devo avere la coscienza, ogni sera, ritirandomi a casa, di avere aggiunto alla costruzione della mia personalità artistica un segno di più. Altrimenti non si lavora proprio che per la cassetta, e questo, checchè ne dicano gli aridi maligni che tanto facilmente invidiano le altrui fortune, è un malinconico lavorare, peggio che una condanna, peggio che una espiazione. Da tutto quanto precede, risulta che il processo di selezione dei miei pensieri è alquanto avanzato e che lentamente, prudentemente, ma con sicurezza io perseguo una mia linea di condotta. Al fondo di questo mio travaglio, è una volontà ben precisa: crescere, migliorare, portare la mia personalità al maggiore sviluppo possibile. Ora attendo la voce decisiva del destino. Dipenderà dal terreno nel quale potrò più facilmente soddisfare questo intimo bisogno di dire di più, che da tanto tempo mi travaglia. Non sono più un ragazzo, ad onta delle opinioni dei soliti produttori, che non mi chiamano se non per affibbiarmi delle parti di don Giovanni crepuscolare. È dunque tempo che io dimostri a me stesso e al pubblico, che tanta fede ha avuto in me, se sono, o non sono capace di sforzi maggiori. Debbo spezzare il cerchio chiuso delle formule a successo, delle quali sono stato schiavo fin qui, e che incominci a vedere coi miei occhi e a condurmi secondo la mia volontà. Se ho accettato di fare il Mozart per Carmine Gallone, è stato proprio perchè nella figura del grande musicista, io ho veduto la possibilità di espressioni drammatiche intense e, nel lavoro in generale, una singolare nobiltà di intenzioni artistiche. Se ho accettato di partecipare a un film diretto dal regista argentino Enrique Susini, è stato perchè il personaggio che mi si è offerto, anche se si distacca molto da quelli della solita formula commerciale, ha una nota originale di poesia, una intensa carica di umanità e può provocare in me nuove capacità espressive. Insomma, nei due filmi che ho in contratto attualmente, ho veduto una ragione d'arte. D'ora innanzi, mancando questa ragione, io non farò più cinematografo. E quanto al teatro, ho detto. Aspetto opere che si incontrino col mio desiderio di battaglia.
VITTORIO DE SICA