Teatro alla Scala di Milano presenta:
Tristano e Isotta (1947)
Dramma musicale in tre atti. Parole e musica di Riccardo Wagner
- Interpreti principali: Kirsten Flagstad (Isotta) Max Lorenz (Tristano) Paul Schoffler (Kurvenaldo) Ludwig Weber (Re Marco) Rosette Anday (Brangania)
- Maestro Concertatore: Victor De Sabata
- Regia: Hans Zimmermann
- Maestro del coro: Vittore Veneziani
- Bozzetti e figurini: Mario Sironi
- Direttore allestimento: Nicola Benois
Introduzione
Nel 1849, dopo la sua partecipazione ai moti rivoluzionari di Dresda, Riccardo Vagner si vede costretto ad abbandonare la Sassonia per sfuggire al mandato di cattura emanato contro di lui, e; con l'aiuto di Liszt, ripara a Zurigo. Qui il suo inesausto fervore creativo non s'interrompe, ma prosegue più intenso che mai. Egli attende alla stesura dei suoi maggiori scritti teorici: “l’opera d’arte nell’avvenire” (1849), segnatamente, «Opera e Dramma» (1851); dove sull'equilibrio e sull'obbiettività del giudizio storico (quasi sempre problematici nella critica degli artisti militanti, che hanno un proprio ideale d'arte e lo rispecchiano nella valutazione dell'opera altrui) prevalgono l'ardore polemico e l'entusiasmo assertivo ond'egli delinea il paradigma dell'arie sua; lavora al compimento dei quattro poemi dell' «Anello del Nibelungo», terminati e privatamente stampati in poche copie destinate agli amici nel febbraio 1853, e ne intraprende la composizione musicale. Ma già nell'autunno del '54, quando la partitura dell'«Oro del Reno» e del primo atto della «Valkiria» è compiuta, lo spirito di Wagner è entrato nel clima sentimentale e poetico del «Tristano», alimentato dal nascente amore per Matilde Vesendonk e dalla lettura di Schopenhauer, che, con la sua fìlosofìca negazione della volontà di vivere, gli fornisce una conferma e un approfondimento della sua spontanea disposizione interiore e lo illumina sul vero significato pessimistico dei suoi drammi. Ancora una volta i frutti più splendidi dell'arte wagneriana maturano sull'albero della vita e la biografia dell'artista si sublima in lirica; ancora una volta il tumulto passionale suscita nell'anima dell'artista la combustione feconda che si dilata in una gran fiamma di creazione; e ancora una volta, come sempre nel creatore litanico, la vastità del sogno poetico è eguagliata dalla capacita di fecondarlo ed attuarlo pienamente; la compiutezza del risultato pareggia l'impeto fantasioso; il senso pratico argina l'illimitata spinta interiore inquadrandola in limpide visioni; aspirazione e ispirazione si adeguano nella pienezza del concretamento artistico, generando una rigogliosa e quasi esuberante fioritura d'immagini e di forme. Come scrive a Liszt, Wagner, che non ha mai potuto realizzare il pieno possesso dell’amore (anche Lohengrin ha dovuto rinunziarvi e ritornare alla sua sacra solitudine), vuol innalzare all'amore un monumento. Egli stende dapprima un abbozzo in cui l'errante Parsilal si presenta consolatore a Tristano ferito, poi, dopo il compimento della «Walkiria» (marzo 1856), interrompendo la composizione musicale del «Sigfrido» a mezzo il secondo atto (giugno 1857), si volge interamente alla nuova creazione. Il poema di «Tristano e Isotta”: è compiuto nell'estate del 1857; la composizione musicale, iniziala nel settembre dello stesso anno a Zurigo, prosegue a Venezia, ed è portata a termine a Lucerna nell'agosto del 1859. La prima rappresentazione dell'opera, sotto gli auspici di Luigi II di Baviera, avvenne a Monaco il 10 giugno 1865. Come sempre accade in Wagner nell'alto della creazione artistica, l'esperienza autobiografica si integra e si potenzia con gli apporti dell'indagine culturale. Tutti gli elementi, tutte le tradizioni, tutte le idee che presentino affinità con l'argomento vi convergono spontaneamente, per un singolare processo analitico di assimilazione e di sceveramento, e si assommano nella sintesi creativa, ampliandone il significato ideale. Cosi le fonti del «Tristano e Isotta» risalgono al mito primitivo di origine celtica passato attraverso le elaborazioni dei romanzi cavallereschi, segnatamente francesi, e al poema dugentesco di Coltfried von Strassburg, nell’edizione moderna dell'Hagen e del Massmann, dell'Immermann e del Kurtz, nonché alla continuazione del Goltfried di Ulrich von Turheim. Il «Tristano e Isotta» appaga il più ardente anelito dell'animo di Wagner e, al tempo stesso, realizza una delle più profonde aspirazioni dello spirito romantico, quale si affermò in Germania dall'ultimo trentennio del settecento, spirito di cui l'arte wagneriana racchiude la sintesi più profonda e comprensiva: celebrazione entusiastica del naufragio nell'infinito, dell'annullamento nella morte; unione di amore e morte nella notte che congiunge gli amanti in un abbraccio mistico e metafisico. Il clima spirituale del “Tristano” è già in Novalis, che scrive: «L'unione con la morte è un imeneo che ci dà una compagna per la notte. La somma dolcezza dell'amore è nel morire. Per l'amante, la morte è una notte iniziale, un arcano di dolci misteri». E negli «Inni alla notte»: « Dovrà sempre tornare il mattino? Il potere della terra non aura mai termine? Il sacrificio nascosto dell'amore non brucerà finalmente d'un fuoco eterno?» Tulta l'opera è pervasa da questo permanente soggettivismo romantico che si traduce nelle spire avviluppanti del cromatismo esprimente un anelito che non può trovar requie se non nell'annientamento finale, in un buddistico nirvano che estingue l’implacato desiderio d'amore. Azione, natura, atmosfera del dramma si identificano con l'anima dei protagonisti, ne esprimono la Stimmung, lo struggimento, il palpito segreto, non lasciando luogo a pagine puramente descrittive. Il tema fondamentale echeggia fino dai primi accordi, spaziati da pause pregne di sospensione e di misiero, cantando l'amore e il dolore. Ogni sentimento o situazione si concentra e si esprime in un proprio tema, secondo il sistema wagneriano del Leitmotiv che qui consegue una straordinaria efficacia evocativa e suggestiva. I temi, una trentina, presentano affinità profonde, e ne nasce una perfetta unità stilistica che scaturisce dall'unità spirituale e si concreta nella piena fusione della sinfonia e del dramma. Recitativo e arioso si fondono nell'unità della declamazione che a tratti s'innalza a melodia in cui l'anima si espande. Si delineano momenti d'impronta liederistica. L'esperimento compiuto da Wagner nei cinque Lieder della Wesendonk, e specialmente in quelli ch'egli considera come abbozzi del “Tristano”, si adegua pienamente nella significazione drammatica e musicale. Il dramma è tutto nella passione d'amore: ma questa passione che presa in se stessa ci appare illimitata, onnipotente, incoercibile, viene ad urtare can la logica inflessibile delle cose, con lo necessita ineluttabile degli avvenimenti. Isotta, legata a Tristana da un vincola eterno ed infrangibile per l'azione magica del filtro, esprimente la fatalità di quell’amore «che a nulla amato amar perdona», è promessa dall'eroe al re Marke come palma del trionfo. Scoperti durante un convegno notturno, per l'insidia di Melò, Tristano e Isotta sono separati, dopo che il primo ha ricevuto un colpo di spada, combattendo col traditore. L'ultimo atto, in cui assistiamo all'attesa di Tristana morente, all'arrivo di Isotta, all'estatica morte di lei, è una delle creazioni più che mai siano uscite dalla fantasia di musicista e di poeta. La melodia del pastore, ombrata di sogni e di rimpianti, che richiama alla memoria di Tristano, giacente e dolorante, immagini remote dell'infanzia lontana; la stupenda raffigurazione di Curvenaldo, giovanilmente rude e gagliardo, semplice e generoso, devoto al suo signore fino all'ultimo respiro; i vaneggiamenti di Tristano, che sente fuggirsi la vita e tenta aggrapparvisi con tutte le forze del suo desiderio delirante; la maledizione ch'egli scaglia contro il filtro ammaliatore, cagione del suo martirio; l'inganno delle allucinazioni; l'annunzio dell'arrivo di Isotta; l'impeto frenetico che uccide l'eroe; l'ultimo canto di Isotta rapita nell'ebbrezza grandiosa del prossimo annientamento, nel vortice sinfoniale di tutta l'orchestra, sono pagine d'una bellezza che attinge il vertice supremo dell'espressione; pagine dove la musica varca le arcane soglie del silenzio e del mistero, e diviene voce d'infinito, palpito d'eternità. «Davanti a questo gigantesco edificio - ha scritto Giuseppe Verdi a proposito del «Tristano » --- sto sempre con terrore e stupore; e oggi ancora non so proprio comprendere come l'abbia potuta ideare e comporre un uomo. Il secondo atto per la ricchezza delle invenzioni musicali, per la tenerezza e sensualità dell'espressione, e specialmente per la geniale orchestra è una delle più sublimi opere dello spirito che mai siano state fatte”. Quando Wagner, spinto da un impulso irresistibile, lasciò riposare Sigfrido tra i profumi e i sussurri dell’incantata foresta, per volgersi alla composizione di “Tristano e Isotta”, egli era tratto da una forza imperiosa e incoercibile a compiere il suo più grande capolavoro.
ANTONIO CAPRI