La tempesta di Shakespeare al microfono
Quanti sono gli ascoltatori di una commedia trasnessa per radio? Il calcolo non è facile, tanto più che il numero degli ascolatori può variare di molto da trasmissiòne a trasmissione; a seconda del richiamo che I'opera diffusa; il nome degli intepreti esercitano sulla massa del pubblico. Incidono inoltre diversi atri fattori: ora e giorno della trasmissione, pubblicità, gruppo di stazioni trasmittenti collegate, ecc. ecc. Comunque, dagli indici del Referendum indetto a suo tempo dall'Eiar, e dai vari dati raccolti dagli uffici competenti, si può senz'altro dedurre chc almeno una media di trecentomila persone ascola la trasmissione serale d'una commedia. A che cifra salga poi il numero degli ascoltatori quando si trasmette, con una esecuzione eccezionale, un'opera teatrale come La tempesta di Shakespeare, è impossibite dire. La cifra diventa astronomica, paurosa. Per La tempesta affidata alla regia di Guido Salvini, sono stati convocati ai microfoni dell'Eiar: Gino Cervi, Andreina Pagnani, Rina Morclli, Paolo Stoppa, Giulio Stival, Aldo Silvani, Mario Siletti, Tino Carraro, Antonio Crast, Guglielmo Barnabò e vari altri.
Non crediamo di sbagliare dicendo che mai è sato riunito, per un solo spettacolo un complesso di atrori di così grande prestigio e chiara fama e possiamo senz'altro dire che I'aspettativa creata tra gli ascolatori per questa importante trasmissione non è andata delusa. Non tocca a me di discutere in sede cririca, i pregi e le eventuali mende della trasmissione. Sante Savarino, Rocca, Quazzolo, Basari, numerosi altri critici hanno già parlato, sulla stampa quotidiana, di questa esecuzione della Tempesta. Mi limito a dire che la prova ha confermato un nostro giudizio: "Tra quante grandi opere del passato esistono nella letteratura drammatica, indubbiemerite La tempesta è forse la più radiofonica. Si fa sovente, su per i giornali e tra i competenti, un grande discutere di teatro radiolonico, del sorgere non solo di una nuova tecnica, ma anche di un nuovo genere di espressione artistica: il radioteatro, che non dovrebbe avere legami di parentela o di discendenza con nessuno dei generi letterari preesistenti alla invenzione della Radio. "Ebbene, se a me si chiedesse qual'è il testo letterario fino ad oggi portato al microfono, che maggiormente si avvicina a quelI'ideale di radiogenia predicato dai fautori del radioteatro, non esiterei a rispondere: La tempesta di Guglielmo Shakespeare". Nel poema scespiriano sono racchiusi tutti quegli elementi, anche tecnici, che sovende andiamo inutilmente cercando nei copioni radiofonici. "Se dovessi citare ai nuovi autori un modello a cui ispirarsi e da cui trarre sicuri canoni, dovrei menzionare un'opera scritta tre secoli prima che la radio venisse concessa alla curiosità degli uomini. La tempesta è immersa in un clima musicale; Ia sperduta isola dove "Prospero" compie i suoi sortilegi ove "Ariele" folleggia, ove "Caalibano" impreca, ove "Ferdinando" sospira, è tutta percorsa da fremiti arcani: soffia il vento su note musicali, stormiscono le piante, scorrono i ruscelli, ciangottano le onde del mare contro gli scogli, svolgendo una melodia ora aspra ora dolcissima, che forse trova la sua più compiuta espressione proprio solo in una trasmissione radiofonica". La regìa di Guido Salvini ha intelligentemente puntato su questa musicalità dell'opera scespiriana. Una sua "trovata" radiofonica è sata certamente quella di spezzare la voce di "Ariele" superbamente interpretato - negli a solo - da Rina Morelli, in cinquanta voci sussurranti, echeggianti, annunciatrici di ogni arrivo, d'ogni partenza del magico folletto, sibilanti come il vento, stormenti come i boschi incantati dell'isola meravigliosa. Il complesso degli allievi dell'Accademia d'Arte Drammatica, con un eccellente affiatamento, ha realizzato come meglio non era possibile questa invenzione registica, suscettibile di ampi sviluppi nel campo del radioteatro. Ogni volta che si porta al microtono un'opera complessa come La tempesta occorre risolvere vari problemi, superare infinite difficoltà, prima tra tutte una chiara differenzazione delle voci, quelle che noi chiamiamo "maschere foniche". E in questo campo le precauzioni non sono mai troppe. Personalmente io arrivo al punto di scrivere sui copioni, accanto ai nomi dei perscnaggi, la caratteristica vocale, come in un libretto di opera. Mi spiego: prendiamo una commedia molto nota, per esempio Come le foglie di Giacosa. Accanto al personaggio del padre "Giovanni Rosani" scriveremo: baritono, voce velata, un po' stanca. "Giulia" seconda moglie: contralto, voce squillante. "Nennele": soprano, voce fresca, ingenua. "Tommy": tenore, voce giovane che può tenere anche toni di testa, fortemente caratterizzati. E così di seguito. Naturalmente queste precauzioni sono state prese per La tempesta ma all'ultimo momeento il microfono riserva sempre delle sorprese. Sante Savarino ha notato - in un lucido articolo dedicato alla trasmissione - che due o tre voci non erano sufficientemente differenziate. Osservazione esatta, ma chi, per esempio, poteva prevedere che Tino Carraro e Gino Cervi spiegassero davanti al microfono una voce dello stesso timbro? Cervi, sul palcoscenico e nella vita, ha un tono di voce calda, profonda, di petto. Carraro una vce che tende a salire, molto più chiara di quella di Gino. Durante le prove questa differenza di timbri era sensibilissima; in trasmissione ecco che Gino e Tino s'intonano uno sull'altro e le voci diventano assai simili. Come può avvenire? L'altoparlante ha improvvisamente rilevati e portati in primo piano i toni comuni alle due voci e ha smorzato e iscurito quelli dissimili. A noi non resta che scrivere sul nostro librone: "Gino Cervi e Tino Cararo non devono essere usati nella stessa commedia". Esperienze, tentativi, ricerche che giorno per giorno arricchiscono il bagaglio tecnico del radioteatro, quest'arte nuova, ancora bambina. Verrà tempo in cui anche il radioteatro avrà un suo mestiere, un suo gergo, i suoi ricordi e allora si parlerà di questi nostri primi sforzi, di questi nostri appassionati tentativi, con la condiscendenza sorridente con cui oggi il direttore d'una moderna miniera di metalli preziosi parla dei tempi della febbre dell'oro e dei primi cercatori di pepite nelle terre del Klondike.
SERGIO PUGLIESE