Da Il dramma N.235 - Aprile 1956:
- "Il successo" di Alfredo Testoni in scena con la Compagnia dei giovani
Autore: Eligio Possenti
IN UN MESE, BOLOGNA - CITTA' TEATRALMENTE STACCATA, COME MOLTISSIME ALTRE - HA IL MEGLIO DELLA “STAGIONE" AI SUOI PIEDI. L'ESEMPIO POTREBBE GIOVARE A VARIE ALTRE CITTA'.
Teatro gremito. Presenti le autorità cittadine, l'ispettore generale del teatro Franz De Blase, il presidente dell'I.D.I. on. Ariosto e numerosi autori e scrittori. Un bello affettuoso e applaudito discorso di Alberto Donini ha rievocato la figura e l'opera di Alfredo Testoni nel centenario della sua nascita, prima della recita della commedia “IL SUCCESSO” scelta dal Comitato delle onoranze indette dalla Società autori drammatici, presieduto dall’instancabile e generoso Lorenzo Ruggi, a ricordare i meriti del commediografo, che fu uno dei più tipici rappresentanti dell’ingegno e dell'anima bolognese. Il VI Festival della prosa, ormai vanto di Bologna, ha dato ottimi risultati nel quinquennio, e non poteva iniziare quest'anno in modo migliore: con l’omaggio a un autore italiano. E di ciò va data lode all'organizzazione di queste rassegne teatrali bolognesi, Carlo Alberto Cappelli. La tradizione della città si è nuovamente affermata celebrando i1 creatore della Sgnera Cattareina, del Cardinal Lambertini e di tutta una popolazione garrula, chiassosa, bonaria arguta e paciosa, in dialetto e in lingua, di tipi e di figure, trasferiti dalle strade, dalle piazze, dalle case della città e della campagna sul palcoscenico, accompagnati dal sorriso canzonatorio d'un giudizio sereno, irridente e indulgente. Non si può ricordare Alfredo Testoni senza mandare un pensiero riconoscente al prof. Emilio Roncaglia, commediografo bolognese, che, oltre a essergli stato insegnante in liceo, lo invogliò a scrivere per il teatro, e all'attore Gioacchino Fagiuoli che accettò e recitò la sua prima commedia italiana Lucciole per lanterne (la prima in bolognese fu Tropp l'è tropp) anche se, interrotta la rappresentazione per volontà del pubblico, egli confortò lo smarrito esordiente sospirando: “E dire che l'abbiamo tagliata più di metà”. Quando Testoni nasceva, Enrico Panzacchi toccava le sedici primavere, Lorenzo Stecchetti era undicenne, Alfredo Oriani aveva quattro anni, Giovanni Verga sedici e Praga e Bracco e Lopez non erano ancora nati. Bologna sempre dotta e sempre lieta faceva il tifo per l'arte drammatica.
Quel famoso pubblico dell'Arena del Sole, pronto alla facezia e all'apostrofe! Tutto un mondo di attori c'era passato e ci passava, un mondo di ieri nel quale il Testoni è vissuto ilare, con la fecondità dei commediografi (si pensi al Goldoni), dialogando nel linguaggio del dott. Balanzone e spesso misurando il respiro all'aria della lingua nazionale. Commedie bolognesi e italiane sgorgavano dalla sua penna (forse un centinaio) fresche, fitte di personaggi, rallegrate da un cinguettare di battute maliziose, pungenti, briose. Dinanzi all'arte, ch'egli coltivò con allegra fortuna, da saporoso poeta dialettale e da commediografo piacevole ed estroso, era nobilmente umile. Si sentì in soggezione all’idea, suggeritagli dal Panzacchi, di mettere in scena il Cardinal Lambertini e più tardi a quella, ispiratagli dalla vista di alcune lettere di Rossini, di mandare alla ribalta tale personaggio. Umiltà, accompagnata alla modestia; tanto da scrivere nel libro delle sue memorie che “le manchevolezze e i difetti dei suoi lavori furono mitigati sempre dall'intelligenza e dall'abilità degli attori”.
Vinse quasi sempre. Le cadute non lo fermarono. L'Oriani, dopo un insuccesso, gli disse: “Coraggio e avanti. Per formare il teatro nazionale, bisogna farsi fischiare per vent'anni”. E il Testoni: “Non ti sembrano troppi?”. Ottimista, per sé e per gli altri. Quando si provò a scivolare nel dramma, le platee lo redarguirono. Lo volevano schietto, senza sofisticherie né soverchie ambizioni, leale in arte come nella vita, genuino; e lo applaudivano calorosamente quando appariva alla ribalta, tra attori esultanti, tozzo, con la testa piantata nelle spalle e con un sorriso che si disperdeva nei baffi all’insù e, sfiorando le gote pallide, dava gli ultimi guizzi negli occhietti furbi. Egli si inchinava contento d'esser autore comico e, guardando amorevolmente il pubblico, forse ripeteva in cuor suo le parole di una popolana all'Arena del Sole, intenerita per Armando Duval: “Mo percossa farel suffrir?”. E divertì gli spettatori tutte le volte che poté. Anche il “Successo”, ripreso per l'occasione dalla Compagnia dei giovani - De Lullo, FaIk, Guarnieri, Valli - è intessuto d'ilarità e di bonomia satirica. L'avventura di un giovane medico, biasimato da tutti appena si sa che ha una tresca, e scusato, invece, e invidiato ed elogiato quando egli, per salvare la signora, fa credere trattarsi di una bella e danarosa duchessa straniera, così che sospinto dalla pubblica opinione finisce col diventarne davvero l'amante, ha divertito stasera e ha suscitato calorosi applausi. Non è poco merito una comicità che dura razzente per quarantacinque anni.
La recitazione vivacissima. Belle le scene e i costumi. La regìa di De Lullo, che ha anche recitato brillantemente ha ricreato l'ambiente con varie invenzioni e con spirito caricaturale e ha trasformato la commedia in farsa. Gli attori hanno recitato su questo piano con risalto: Rossella Falk, Iole Braccini, Annamaria Guarnieri, Elsa Albani, Romolo Valli e gli altri tutti sono stati assai applauditi dal pubblico che li ha salutari alla ribalta più volte per ogni atto. I bolognesi hanno fatto anche quest'anno una accoglienza entusiastica all'iniziativa del Festival: gli abbonamenti alle prime recite sono stati coperti in tre ore: totale undici milioni. La stessa affluenza si è verificata per le seconde. E poi si dice che la gente non va volentieri a teatro.
Eligio Possenti