Da SIPARIO Num. 158 Giugno 1959:
- Una società emblematica nel Platonov di Strehler
Autore: Roberto Rebora
Il Piccolo Teatro di Milano ha messo in scena con la regia di Giorgio Strehler il 27 aprile 1959 "Platonov e gli altri" di Cecov nella traduzione di Ettore Lo Gatto e nella riduzione dello stesso Strehler. Scene e costumi di Luciano Damiani. Nelle fotografie: Tino Carraro - Valentina Cortese - Sara Ferrati e Tino Buazzelli
Una società emblematica nel Platonov di Strehler.
Certamente la riduzione operata da Giorgio Strehler sull'enorme testo del ventenne Cecov (traduzione di Ettore Lo Gatto) ha portato ordine nei sorprendenti dialoghi, che pur risulano ancora incerti e dispersivi nel loro movimento dopo essere stati ammirevolmente definiti dallo scrittore russo nelle loro dimensioni di possibilità. La difficoltà di una riduzione (in se stessa lunghissima, dato che lo spettacolo è finito alle due di notte) non risulatno qui da veri e propri problemi di montaggio, ma dalla sproporzione tra il destino già chiaramente individuato da Cecov nei suoi personaggi e la capacità di rappresentarlo senza ricorrere a espedienti romanzeschi o melodrammatici propri al teatro dell'epoca. È evidente che Cecov cercava la sua strada, ed è di grande interesse vedere come i rapporti tra personaggi e realtà siano qui già proposti (pure se disordinatamente e con non pochi cedimenti al meccanismo episodico) come dramma interiore che vorrebbe definirsi nel diverso spessore del dialogo a sua volta definito dalla consuetudine. I valori del passato e del futuro già operano in questo mondo realistico dove i personaggi non sanno essere reali se non rifiutando, o evitando, i rapporti e le consuetudini del presente. Che, al più, subiscono, ricavandone motivi di conferma alla loro inerzia o giustificazioni alla loro disperazione senza obbiettivo. Proprio nell'indicazione della mancanza di obbiettivo si nota la differenza tra I'opera giovanile di Cecov e i suoi quattro capolavori della maturità. Infatti in Platonov e gli altri la disperazione, che si afferma anche attraverso un rilevato umorismo, non è ancora diventata. la forza dei personaggi cecoviani che si precisano nelle dimensioni di un avvenire mai raggiunto e mai negato. La delusione, l'inerzia, l'impotenza, l'eloquenza velleitaria, diventeranno esperienza e provocheranno indirettamente il paragone tra i personaggi e Ia vita che non risponde ma esiste, evidentissima. In Platonov tutto finisce veramente, e in modo sordo, violento, senza echi. La disperazione del protagonista e degli altri non ha obbiettivi se non nell'illusione già intaccata dall'ironia. Non abbandona niente perché non si è formata ancora la coscienza, e perciò gli oggetti, del proprio disperare. In tal senso è chiaro che intorno alla sorda tensione impotente dei suoi personaggi che vogliono vivere, Cecov costruirà in avvenire le dimensioni e le prospertive della loro storia umana. In Platonov e gli altri risulta pateticamenre evidente come i personaggi non abbiano la risorsa di conoscere, o di credere all'esistenza di un mondo possibile. Allora tentano il travestimento della realtà sostituendo il vuoto e il disgusto del presente con un'illusione meccanicamente o intellettualmenre provocata. Dalla sbornia costante del medico Triliesky alla nuova vita avidamente vagheggiata da Platonov e dalle sue innamorate, più o meno tutti i personaggi travestono la loro realtà oscillando continuamente dalla disperazione del presente concreto a una volontaria illusione di un'altra vita che non ha ancora vere immagini (verranno ad esempio Le tre sorelle) ma soltanto schermi all'impotenza e alla responsabilità. Forse l'ubbriaco Triliescky possiede altre possibiltà. Ma è il personaggio più sconftto della bella, ineguale, confusa e ammirevole commedra. Giorgio Strehler non ha mancato ovviamente di puntare sulle atmosfere magicamente ottenute nel dimensionamento della conversazione estenuata dei personaggi, ma l'importanza e l'originalità della sua regia sta nell'avere affrontato coraggiosamente i momenti umoristici del testo per trarne crudeli valori e indicazioni emblematiche attraverso la realtà. Non sempre l'umorismo è diventato dramma, ma il testo qualche volta si lascia chiudere in limiti comici non suoi. Nelle splendide scene di Luciano Damiani, suggestive e perfino pedanti nella loro esattezza, gli attori sono stati molto applauditi a tarda notte. E se Sarah Ferrati, Tino Carraro, Giulia Lazzarini, Valentina Correse, Olinto Cristina, Gabriella Giacobbe, Augusto Mastrantoni, Enzo Tarascio, Giancarlo Dettori, Cesare Polacco, Armando Alzelmo, Warner Bentivegna, Ottavio Fanfani, Andrea Matteuzzi sono sati molto bravi nelle loro diverse responsabilità, il numero uno a mio parere è stato Tino Buazzelli, esemplare nella sua triste, invadente, disperata buffoneria.
ROBERTO REBORA