Da SIPARIO Num.228 Aprile 1965:
- Il Teatro a Londra - Molto rumore per Zeffirelli
- Autore: Giorgio Porro
Il teatro a Londra - Molto Runore per Zeffirelli
Quando il sipario è disceso alla fine del Molto rumore per nulla di Franco Zeffirelli, all'Old Vic si sono uditi, frammezzo agli applausi scroscianti, dei lunghi "buu" provenire dal loggione. Occorrerà spiegare a chi non ha dimestichezza con il pubblico teatrale britannico che qui, per disapprovare, gli spettatori non fischino ma gridono "buu": è un po' come se dessero la baia all'autore, al regista, agli attori, o a tutti insieme. Nel caso dell'ultima fatica londinese del regista Fiorentino Ie grida di protesta erano rivolte proprio a lui, alla sua rivoluzionaria messinscena, all'esibizionismo pirotecnico delle sue trovate comiche, delle sue invenzioni scintillanti, scanzonate. Questa regia è infatti cosi profondamente diversa da quanto il pubblico londinese è abituato a vedere che si può comprendere lo shock provato dai tradizionalisti. Chi si aspettava che l'indomani i critici avrebbero faco a pezzi l'impertinente regista deve però essere rimasto deluso. Di tutti i recensori solo Bernard Levin del Daily Mail ha tuonato: "Quanto è andato in scena ieri sera all'Old Vic è di una fatuità da mozzare il respiro..." "una regia triviale e volgare." Ma gli altri quotidiani non hanno lesinato le lodi. Il compassaro Times ha scritto: "Uno spettacolo di grande fascino." Il Daily Telegraph "Una pura delizia. Un enorme divertimento." Il Guardian: "Una regia trionfale." E l'Evening Standard: "Questo Molto rumore per nulla diretto da Zeffirelli è senza dubbio destinato a dividere in due campi opposti i patiti di Shakespeare. Vi sarà chi si Iagnerà perché il verso poerico è andato a farsi benedire, perché questa commedia, tenera e inconsistente, è stata trasformata in una farsaccia senza ritegno; ma vi sarà anche chi, come me, tirerà un respiro di gratitudine per Ie fantasiose buffonate che abilmente mascherano la melodrammaticità della vicenda." In una intervista rilasciata a un cronista di un giornale londinese, che l'aveva avvicinato a Parigi dove Zeffirelli si era precipitato subito dopo la première per dirigere la Callas nella Tosca, l'occupatìssimo regista dichiarava: "Perché mai il pubblico dovrebbe rimanere annoiato da Shakespeare? Non mi importa assolutamente nulla delle tradizioni, della dizione perfeffa, dei movimenti stilizzati, di tutte quelle cose tipiche delle più convenzionali produzioni shakespeariane. Chi ne ha bisogno oggigiorno?" Con questo spiriro Zeffirelli ha fatto del Molto rumore un'opera farsesca nel senso più plateale del termine; ha ambientato la vicenda in una Sicilia vagamente fin de siècle; ha vestito i suoi personaggi nelle fogge più estrose, dalle uniformi da opererra e dagli abiti tipo gangsters portoricani in West Side Story per gli uomini ai costumi grotteschi per le donne; ha farto parlare gli attori con una incredibile varietà di accenti, dal puro Oxford di Benedick, al siculo-napoletano di Dogberry, al catalano di Don Pedro; ha infilato nel business di scena un brano della Traviata, il patapum di una banda municipale che ogni tanro attraversa ii palcoscenico seguita da un codazzo di monelli urlanti, e ha condito il tutto con luminarie e danze. Alcune trovate sono state accolte da applausi scroscianti e da grida di "bravo": una fontana formata di leggiadre sirene, in apparenza di pietra, che di tanto in tanto si animano e commentano gli eventi con risatine e strizzate d'occhio; la statua di un eroe medioevale che, essendosi d'improvviso messo a piovere. getta Ia spada che brandiva con atteggiamento eroico e si apre sul capo un ombreilo. Insomma c'era di tutto, compresa una bicicletta da donna, Ii pubblico si è francamenre divertito, e quasi tutti i recensori il giorno dopo, pur con qualche riserva, ne davano atto. Cinque giorni più tardi i giornali domenicali presentavano delle critiche più meditate. "Parole o immagini, linguaggio o azione, il poeta o il regista: chi ha la precedenza?" si chiedeva il Sunday Telegraph. "È questa Ia fondamentale domanda che dobbiamo porci di fronte alla grande agitazione creatasi atrorno alla regia da 'gelato tutti-frutti' di Zeffirelli" E iI Sunday Times: "La prima metà di questo Molto rumore passa da una facezia all'altra, nessuna delle quali ha molto a che fare con la commedia; è affollata di invenzioni e di provocazioni e ogni tanto è divertente. La seconda parte è più preziosa. In effetti, dalla scena della chiesa in avanti questa, a ricordo mio, è la migliore regia di Molto rumore che l'Inghilterra abbia mai visro. Ii salvataggio dello spettacolo ha inizio quando Claudio accusa Hero davanti all'altate. Ciò conduce direttamente ai cinque minuti d'oro zecchino che la commedia ha da offrire, ossia all'episodio in cui, su un palcoscenico buio e vuoto, fatto tacere il chiacchierio e messe da parte le assurdità, Beatrice rivela a Benedick l'enormità della propria indignazione per i torti fatti a sua cugina. Maggie Smith e Robert Stephens qui sono magnifici." Questo il giudizio della cririca. Zeffirelli, per conto proprio, ha dalla sua la totale approvazione di Sir Laurence Olivier, direttore artistico del National Theatre, degli attori con cui lavora e almeno dell'ottanta per cento del pubbiico che già qualche anno fa, sempre alI'OId Vic, aveva ammirato la messinscena divenuta famosa di Giulietta e Romeo. "La gente va a teatro per divertisi," aveva osservato il regista fiorentino "per dimenticare i problemi quotidiani. Non riesco a sopporrare questi tentativi di congelare Shakespeare. È un tale genio, quest'uomo, che i suoi lavori debbono per forza pulsare di viralità, di sangue. Cosi ho voluto fare una regia fantastica, magica. E credo d'esservi riuscito. Lo so che vi ho messo uno o due trucchi un po' facili e volgari; probabilmente se avessi avuto un'altra settimana di prove li avrei eliminati. Ma sono contento. Lo spettacolo mi è parso meraviglioso." Lo spettacolo zeffirelliano ha costituito l'unico awenimento di rilievo di queste ultime settimane. Il West End sta attraversando un periodo di letargo. Un paio di novità sono cadute senza lasciare traccia. Ha inreressato l'Ippolito di Euripide del Theatre Club di Hampstead, con abbondanza di musique concrète, scenografie astratte alla Barbara Hepworth e danze ispirate alia scuola di Martha Graham.