Da SIPARIO Num. 373/374 - Giugno/Luglio 1977:
- Dario Fo ritorna in televisione
Autore: Igor A. Sibaldi
TU QUOQUE DARIO
ll ritorno di Dario Fo in televisione. Discussioni, polemiche, brontolii. Si dice: Fo è tornato in T.V. perchè si sente vecchio. "Se hanno gli elementi per dirlo sono fatti loro. Io non mi sono mai sentito così aitante, vivace, graffiante, incazzato. Pieno di crisi, di dubbi".
ll ritorno di Dario Fo in televisione. La rete 2 ha programmato il primo ciclo di commedie del Collettivo Teatrale La Comune. Discussioni, polemiche, brontolii. E Dario Fo? Durante l'inverno e fino alla fine di marzo la Palazzina Liberty registrava puntualmente il "tutto esaurito". Ogni sera bisognava chiudere le porte alle otto in punto, per mantenere sgombro almeno lo spazio necessario alle telecamere. E come! C'era la televisione, c'era Dario Fo: e tutti erano curiosi di vedere come le due entità potessero coesistere in uno spazio tanto ristretto. Molti restavano delusi: per esempio quelli che si aspettavano di assistere a liti furibonde tra Fo e gli esperti T.V.; oppure chi era venuto nella speranza di vedere o rivedere le famose commedie della Comune. Lo spettacolo, infatti, era piuttosto strano: procedeva a spezzoni, tra ciak gracchianti, enormi telecamere, vertiginose giraffe, monitor a colori e non, sparsi un po' dappertutto; e poi intervalli, interruzioni, discussioni al vertice su qualche sequenza problematica. Durante le pause, in compenso, la platea ferveva. I cameramen davano il la alle prime file, esponendo il loro parere professionale: "Dovrebbero essere tutti come Dario... Altro che Strehler, che quando noi riprendiamo lui se ne sta sempre da una parte, zitto zitto. Altro che Gassmann che fa prendere l'esaurimento alla Massari, e a noi. Altro che Ferreri, che grida sempre. Dario si che è un lavoratore come si deve..." Tra gli spettatori circolavano frasi come: "E' il crollo di un mito", "Una sconfitta del teatro alternativo, "Da combattente a integrato". E altre più numerose, di rimando: "Il teatro popolare di Dario ha tutto da guadagnare da una diffusione di massa come quella televisiva", "La rete 2 dimostra di essere veramente una delle migliori reti europee". "E' un'occasione nazionale per conoscere uno degli elementi più validi della nostra cultura". Dario Fo era occupato a sistemare e a dipingere le scene, aiutato dai suoi attori e dagli addetti. E intanto lui cosa ne pensava? Che effetto faceva a Dario Fo il clamoroso ritorno in T.V., quindici anni dopo un'uscita altrettanto clamorosa? Non ho nessuno shock - risponde Dario in un momento di relativa quiete, a lavoro quasi tinito, - prima di tutto perchè il mezzo televisivo ho sempre continuato a studiarlo. Voglio dire: "io sono stato "cancellallato" in ltalia; ma quando sono arrivato in Svezia, o in Norvegia, in Finlandia, in Belgio, in Danimarca, in Francia, in Svizzera, anche, ho sempre avuto a che fare con la T.V. Per esempio, "Mistero Buffo" è stato ripreso dalla televisione francese per sei giorni consecutivi. La televisione tedesca, di Colonia, ci ha seguito per quindici giorni, facendo uno spettacolo che non è tanto una commedia quanto la nostra vita, i nostri rapporti col pubblico. Hanno seguito le prove, ci hanno seguito in varie città d'ltalia. La Francia, quando siamo stati a Parigi, la T.V. avrà fatto dieci servizi... Quindi il problema, per me, non è stato quello di un buco, di un baratro, di un mezzo che io non conosco più, che si è trasformato... ll problema del mezzo televisivo per me non esiste. Ti dirò, invece, che proprio nell'ambiente della T.V. italiana c'è stato un coinvolgimento, un coinvolgimento nella nostra maniera. L'altro giorno, per esempio, abbiamo fatto un lavoro, la ripresa e il montaggio di una sigla di quattro minuti. Abbiamo scommesso che lo facevamo in un giorno, e la scommessa ha coinvolto dieci-quindici tecnici, i quali sono andati a ritmo folle. Anche per un problema di scadenze... E questi ragazzi dicevano: noi lo facciamo perchè ci stiamo divertendo. La fatica la facciamo, si, però non la sentiamo come noia, come abbruttimento, come routine. Ci divertiamo. E fai conto che trentacinque inquadrature montate in due ore e mezza è una cosa folle. Del resto abbiamo fatto ventidue ore di ripresa, cioè tre volte di più di quello che si registra normalmente alla T.V. Ma non perchè siamo degli stakanovisti, ma perchè il clima è diventato veramente quello di un lavoro collettivo; il piacere di tutti nel fare una cosa, la partecipazione... Si è creata una vera euforia, una gioia di fare. Con Strehler per fare tre ore di ripresa impiegano due mesi e mezzo. Noi abbiamo fatto tre ore di ripresa al mese, di media.
E le commedie, i testi di Dario Fo, scritti per uno "spazio teatrale", per il contatto vivo con il pubblico, hanno sofferto dell'adattamento TV?
C'è stata indubbiamente un'influenza del mezzo televisivo, ma non un "condizionamento". Noi non ci siamo lasciati condizionare dal mezzo, ma abbiamo portato il mezzo a servizio di questa forma. Cosa che del resto facciamo per ogni rappresentazione. Quando scrivo, prima ancora di cominciare a scrivere, una scena, un dialogo, un'immagine, io devo pensare all'attore che dovrà recitarla, al vestito, allo spazio scenico, al tipo di pubblico, alle dimensioni del palcoscenico che avrò a disposizione. Un autore normale cosa fa? Scrive, e pensa al palcoscenico all'italiana. Al Lirico, alla Pergola, al Valle, al Regio. Al massimo può pensare in questa dimensione. Noi invece abbiamo una dimensione di tre metri e mezzo di profondità come massimo, e di otto metri di larghezza come minimo. Perchè noi recitiamo ai Palazzi dello Sport, ai grandi cinematografi, all'aperto, in una piazza. E dunque siamo sempre alle prese con il problema dello spazio, del pubblico... Di fronte a undicimila persone, o a quindicimila, a venticinquemila persone, la consuetudine dello spazio teatrale viene fatta esplodere. Lo scrittore diventa fabbricatore di teatro. E l'adattamento televisivo non è stato un problema peggiore di tanti altri.
Dario Fo è il giullare del teatro italiano. ll suo teatro è essenzialmente popolare. ll pubblico partecipa allo spettacolo, e tu stesso dici che correggi le tue commedie sulla reazione del pubblico. Le correggi anche, e soprattutto, recitandole. Alla T.V. le cose cambiano. ll pubblico non può intervenire, o al massimo può cambiare canale...
Gli spettacoli che noi diamo in T.V. sono già commentati da un pubblico, da una maniera, da un'ideologia del vedere, del leggere le cose, che è collettiva. Perfino il montaggio è determinato dalle reazioni del pubblico presente nella Palazzina. ll nostro non è lo spettacolo asettico dello studio TV3 o dello studio 2, con i silenzi e gli applausi comandati e via dicendo. I ritmi di ripresa sono determinati da risate, interventi, applausi spontanei. E questa è la grossa novità: il pubblico della Palazzina inteso come capo orchestra, il pubblico presente in sala che condiziona il pubblico televisivo. Del resto il pubblico è sempre "condizionato" da quella che è la condizione dello spettacolo. Non lo condizioni con un sospiro? Con una pausa?... Può anche darsi che la gente al primo impatto cambi canale. E' normale. Se penso che il primo film che ho fatto, "Lo svitato", che oggi è nelle cineteche, quando è venuto fuori ha avuto il peggiore incasso dell'anno. E' logico.
Franca Rame passa, si ferma ad ascoltare, interviene:
Posso dire una cosa che Dario non direbbe mai? "Mistero Buffo" è stato rappresentato in un paese, come si chiama... dove andavano a teatro con l'asino. Lasciavano l'asino, lo legavano e entravano. E "Mistero Buffo" l'hanno capito dappertutto, non si può dire che sia uno spettacolo difficile da vedere. Visto per televisione, poi, è sbalorditivo come non si perda nulla. Le risate che venivano con la gente, ti vengono lì, in televisione pari pari.
E la censura?
Dario: - Devo dire che non è esistita assotutemente la censura. C'è stata una specìe di revisione di certe cose. Cose che fatte a teatro hanno un peso e che nell'immagine televisiva ne hanno un altro. La T.V., per esempio, ha il primo piano: la presenza continua, feroce, attenta. Così che a teatro, in un certo clima disteso, ti può sfuggire una carognata. ln T.V. no. E comunque non c'è stata nessuna angoscia, è tutto un altro clima, adesso. Una volta si dovevano portare i testi, e noi abbiamo un mucchio di cose a soggetto, come la battuta di Malfatti, assolutamente improvvisata. O quella di Andreotti. E' stato un po' come riprendere una partita di football.
Franca: - Anche un pochino di più. Quelli della T.V., è vero, possono dire che i nostri testi sono pubblicati, sono patrimonio culturale e quindi non si devono toccare. Né da loro, né da noi. Ma "La signora è da buttare" è stato rifatto per metà, dopo la pubblicazione. E loro avrebbero potuto intervenire benissimo, e invece non hanno detto nulla. Quando dico che la T.V. sta diventando adulta so quello che dico. Vedi la rete 1, la domenica pomeriggio che è veramente una mancanza di rispetto all'intelligenza della gente, con risate e applausi finti ecc. Sulla rete 2 è tutt'altro. Qualcuno dirà: siete stati strumentalizzati. Ma io non so proprio se la T.V. ha strumentalizzato noi, o noi loro. Le nostre cose sono passate in T.V. come sono state fatte in teatro, con tutte le aggiunte e le correzioni che venivano fuori discutendo con i compagni, prima e dopo lo spettacolo. E i compagni, il "pubblico amico" della Palazzina non ha brontolato?
Dario: - ll nichilismo aristocratico, forse. Non il pubblico vero.
Forse in considerazione dei vantaggi che possono derivare alla palazzina dall'operazione Fo-T.V. Dei vantaggi politici. Con il Comune, per esempio.
Franca: - Nessun vantaggio. E, intervenuta una trattativa tra il comune di Milano e la T.V., un "periodo di tregua". Ma poi sono riprese le ostilità, da parte del Comune. Rivogliono la Palazzina. Finchè c'era la T.V. si sono messi d'accordo tra di loro. Ora è finito e tutto ricomincia e va avanti come prima. Ci han tolto il telefono. La luce l'han messa per la T.V. e poi l'han tolta di nuovo. E noi andiamo avanti col nostro generatore.
Per Dario l'arte è un mezzo per fare politica o viceversa?
Dario: - ll discorso è dialettico. E la questione l'abbiamo superata da tempo. E' il discorso dell'intellettuale organico, un cliché, se vuoi, un luogo comune. lo uso il teatro per sviluppare un discorso culturale, che quindi vuol dire politica. Perchè la cultura è una sovrastruttura del momento culturale e politico. E cerco di farlo con tutto il mestiere di cui dispongo. Del resto un uomo di teatro è sempre politico. Aristofane è uno dei più grosi demagoghi della politica aristocratica del tempo, il più grande divulgatore delle idee anti democratiche, Pirandello è un grande politico, anche se fingeva di non esserlo. Zeffirelli fa della politica, il suo Vangelo è un'opera politica. Terribilmente politica. Conservatrice. Reazionaria. Con tutto quello che ci può essere di più feroce per condizionare la gente. Non per niente le Nozze di Cana lui non le fa. E' ovvio che se ti metti in una situazione di lotta di classe sei più in vista, più evidentemente politico. Mentre chi è nella classe...
Sul tuo ritorno in T.V. ne hanno dette tante. Oual è la cosa che ti spiacerebbe particolarmente di sentire?
La cosa che mi spiacerebbe e che è classica di parecchi critici riguarda il modo di concepire il teatro. E' I' odio per la fabulazione, per tutto quello che è introduzione, per i prologhi, che a mio avviso sono anche più importanti, in molti casi, dello stesso pezzo teatrale. Per esempio, la presentazione al Miracolo delle Nozze di Cana, in "Mistero Buffo", con quelle continue uscite sulla cronaca, sui fatti della nostra politica, là dove il pretesto della presentazione dello spettacolo si allarga, va oltre... E' lì che sta il giullare. E loro dicono: parla troppo. "Fai teatro, fammi ridere". E' il "zitto fammi ridere" di Petrolini. La preoccupazione aristocratica e letteraria che l'uomo di teatro faccia il teatro, e non si metta a fare il comizio di apertura, le variazioni sui temi.
Si dice anche: Fo è tornato in T.V. perchè ha esaurito la sua funzione, insomma perchè si sente vecchio.
Se hanno gli elementi per dirlo sono fatti loro. lo non mi sono mai sentito così aitante, vivace, graffiante, incazzato. Pieno di crisi, di dubbi.
IGOR A. SIBALDI