Teatro alla Scala di Milano presenta:
Boris Godunov (1960)
Dramma musicale popolare in otto quadri (da A.S. Pusckin e N.M. Karamsin). Parole e musica di Modest P. Mussorgskij. Edizione riveduta da Nikolaj Rimskij Korsakov.
- Interpreti principali: Boris Christoff (Godunov) Gloria Lane (Marina) Dimiter Usunov (Grigorij) Aldo Bertocci (Sciuiskij) Nicola Zaccaria (Pimen) Nicolai Ghiaurov (Varlaam)
- Maestro Concertatore: Antonino Votto
- Regia:Tatiana Pavolova
- Maestro del coro: Norberto Mola
- Bozzetti e figurini: Nicola Benois
- Direttore allestimento: Nicola Benois
Programma di sala (pagine 32)
- Prima rappresentazione 20 febbraio 1960
- Sfortuna e fortuna del "Boris" (Ruberns Tedeschi)
- Argomento
- Interpreti
- Fotografie
L'argomento
Prologo - Il popolo si accalca sotto le mura del monastero di Novodievicij a Mosca. Qui si è ritirato il boiardo Boris Godunov: dopo la morte, senza eredi, dello zar Fiodor, egli è stato designato a succedergli ma indugia a dare l'assenso per allontanare da sé i sospetti che voglia impadronirsi del potere. Spronata da un dignitario, la folla supplica Godunov di cingere la corona. Nel coro del pianto comandato affiora una vera angoscia: "In mano a chi ci abbandoni, padre nostro, in mano a chi tu ci Iasci, amato", e l'amaro lamento si alterna alle minacce. Ancora sotto l'incitamento del dignitario, la gente prega Boris di diventare zar di Russia. Il segretario della Duma, Shcelkalov, annuncia però che il boiardo è irremovibile. Un corteo di pellegrini passa cantando.
Atto primo
Primo quadro. Suonano a distesa le campane. Boris ha accettato e viene incoronato. Nella piazza davanti alla cattedrale Uspienskij nel CremIino si muove il corteo del nuovo zar. Ma Boris non è felice. Per un momento scompaiono dai suoi occhi la piazza festante, i boiardi e iI popolo. Egli è pensieroso: "L'animo ho triste, un vago senso di paura mi ha incatenato il cuore con un terribile presentimento...". Riecheggiano le potenti campane moscovite e tuona il "Gloria!" a Boris Godunov.
Secondo quadro. È notte fonda. La cella silenziosa del monastero del Miracolo, a Mosca. Al lume d'una lampada, il monaco Pimen, reso saggio dalla vita e puro di cuore, è intento a scrivere le veritiere cronache del suo tempo. Improvvisamente il giovane frate Grigorij, che divide con lui Ia cella, si sveglia e tutta una tempesta di passloni, desideri, incubi si riversa nella quiete della notte. Pimen conflda alle pagine il segreto dell'uccisione dello zarievic Dimitrij da parte di Boris Godunov ed esorta Grigorij a sdegnare ogni lusinga mondana. II novizio si ribella, vuol vir,ere, poi d'un tratto nasce in lui l'idea di spacciarsi per l'erede al trono e di iniziare la lotta contro Boris. Pimen esce a pregare. Grigorij invece, dopo aver appreso pure che lo zarievic assassinato avrebbe la stessa sua età, non pensa alla preghiera, da un solo pensiero la sua mente è occupata: "Boris, Boris, tutto trema innanzi a te, nessuno ha ii coraggio di ricordare la sorte dell'infelice giovinetto, mentre l'eremita nella sua cella consegna alla storia una terribile accusa contro di te. E non sfuggirai al giudizio umano cosi come non sfuggirai al giudizio divino".
Terzo quadro. Una locanda aila frontiera della Lituania. L'ostessa sta gaiamente cantando, quando entrano due monaci questuanti, Varlaam e Missail, ai quali si è unito Grigorij, evaso dal convento dopo Ia rivelazione di Pimen e deciso a reallzzare un folle piano facendosi passare per Dimitrij miracolosamente scampato alla morte. Mentre Varlaam ubriaco canta una canzone sulla presa di Kazan, Grigorij domanda alla donna Ia strada piti breve per raggiungere il confine. Sa di essere ricercato dalla polizia. Infatti entra un gendarme che egli tenta di ingannare alterando, durante Ia lettura, i connotati del fuggitivo Grigorij (Griscia) Otriepiev descritte nell'editto dello zar. È. tuttavia riconosciuto e sarebbe arrestato se non fosse lesto ad approfittare della confusione per darsi alla fuga con un salto dalla finestra.
Atto secondo
Al Cremlino. La figlia di Boris, Xenia, piange la morte del fidanzato, il principe ereditario di Danimarca: né le canzoni della nutrice né la tenerezza del fratello riescono a distrarla e confortarla. Fiodor guarda "il libro del grande disegno", Ia prima carta della Russia. Entra Boris che dolcemente conversa con i figli e si compiace con lo zarievic che apprende bene dai libri il sapere. Ma la sua stessa potenza lo rattrista, pensando al prezzo che gli è costata, e l'angoscia non lo abbandona neppure quando si ritrova tra i suoi cari. Ora una terribile carestia si è abbattuta sulla Russia. "La gente affamata si aggira come una bestia feroce" e il popolo incolpa di tutte le disgrazie lo zar: "Sulla piazza maledicono il nome di Boris". Dal profondo del cuore prorompe come un lamento la confessione dello zar. "Attorno soltanto tenebre e fitta oscurità. Anche se lampeggia un raggio di letizia, alcunché di misterioso freme e attende sempre qualcosa". Si annuncia il boiardo Sciuiskij, cortigiano insidioso, "capo dei boiardi faziosi". Egli porta una notizia allarmante: in Lituania è apparso un impostore che, affermando d'essere lo zarievic Dimitrij sfuggito ai sicari, arruola seguaci, preme alla frontiera e aizza iI popolo malcontento a sollevarsi contro Boris. "Il re, i pan e il Papa sono con lui". Boris scongiura Sciuiskij di dire la verità: il fanciullo ucciso nella città di Uglic era proprio lo zarievic Dimitrij? E Sciuiskij, godendo del tormento dello zar, rievoca perfidamente gli allucinanti particolari della morte del piccolo Dimitrij, la profonda orribile ferita aI collo, il volto disteso in uno strano sorriso... "Sembrava che tranquillamente dormisse...". Boris non regge al racconto e scaccia il sinistro boiardo: i suoi nervi si schiantano, la sua ragione vacilla, gli Par di vedere il fantasma della vittima, finché si accascia urlando la propria innocenza.
Atto terzo Primo quadro. Il giardino dell'antico castello dei Mniscek. Grigorij, il falso Dimitrij, circuito e ossessionato da Rangoni, è diventato ormai un fantoccio nelle mani dei pan Polacchi, attende Marina: tutto preso dall'amore per Ia figlia del voievod di Sandomir, egli sembra aver dimenticato i suoi sogni di conquista. Dopo che la folla degli ospiti ha danzalo una vorticosa polonaise e che nel mormorio delle conversazioni i pan si sono scambiati notizie sui preparativi di guerra contro Mosca, il falso Dimitrij può finalmente incontrarsi con Marina. Alle ardenti parole di lui, la nobildonna risponde proterva rinfacciandogli l'oscuro passato e scoprendo i propri ambiziosi progetti: non l'amore le importa, ma solo la corona degli zar. Dimitrij, deluso e offeso, ha un impeto di fierezza e giura che anche senza di lei saprà sconflggere Boris: il giorno che dal Cremlino dominerà, irriderà a Marina troppo tardi pentita dell'umiliazione inflittagli. Marina muta rapidamente il suo atteggiamento e lo riguadagna a sé con finte promesse di tenero amore e fedeltà. Rangoni, in disparte, osserva compiaciuto come si annodino felicemente i flli del suo intrigo.
Secondo quadro. Una radura nella foresta di Kromj. È notte. I contadini insorti hanno catturato il boiardo di Kromj, Krushciov. Il popolo onora in tono di scherno il boiardo, servo dello zar, ricordando i torti e le angherie subite: "Le tue grazie sempre prodighi a noi. Per le vie fangose, sulle spalle dei nostri giovanotti, a suon di frusta ti facevi portare...". Passano i due monaci questuanti, Varlaam e Missail, che lamentano le colpe di Boris Godunov: "La luna e iI sole non brillano più! Tutte le stelle sono cadute dal cielo... La terra trema e sussulta, per Ie grandi colpe di grande zar Boris!". Come una scintilla, queste parole sprigionano l'ira del popolo. Ampia e minacciosa risuona la canzone del popolo insorto: "Nuova fiamma accende il popolo e gli ribolle iI sangue cosacco. Oh, da te noi siamo invasi, o santa forza!....". Compaiono gli inviati dell'impostore, i padri gesuiti, Lavitzki e Cernikovski. Essi cantano, in latino, gloria a lui. L'apparizione degli stranieri alimenta il furore del popolo: "Ah! Vampiri! Fattucchieri immondi! Haidà! A morte!". I contadini trascinano i gesuiti nel bosco. Avanzano neÌla radura le truppe, i nobili polacchi e i gesuiti, attorniando il falso Dimitrij. Egli libera il boiardo di Kromj, poi con promesse di aiuto e libertà chiama gli insorti a marciare su Mosca. Un bagliore d'incendio illumina il cielo. Lugubri risuonano le campane a martello. Dal buio emerge l'Innocente, guardandosi intorno, spaventato. Piene di dolore e di tristezza risuonano le sue parole profetiche sulle nuove disgrazie che aspettano il popolo russo: "Sgorgate, sgorgate, amare lacrime. Piangi, anima ortodossa! Presto verrà il nemico e sarà la tenebra, tenebra oscura, inpenetrabile. . . ".
Atto quarto Primo quadro. Di nuovo Mosca. La Piazza Rossa, presso la Cattedrale di San Basilio. Una folla di uomini affamati carpisce con ansia le voci delle vittorie dell'impostore sugli eserciti di Boris. Arriva l'Innocente. Alcuni ragazzi lo attorniano motteggiandolo e lo derubano dell'unico copeco che possiede. Dalla Cattedrale esce lo zar. Si leva un coro che stringe il cuore: "Pane, panel Dài il pane agli affamatil Padre, dài, per grazia di Cristo, il pane!". L'Innocente offeso dai ragazzi si rivolge allo zar con una terribile preghiera: "Ordina di tagliar loro il collo, come hai fatto con il piccolo zarievic". Boris impedisce ai boiardi di arrestarlo: "Non toccatelo! Prega per me, o uomo santo...". Ma l'Innocente risponde: "No, Boris! Non è possibile, non è possibile, Boris! Non si può pregare per il re Erode: Ia Madonna non Io permette...". Schiacciato dal giudizio popolare, Boris si allontana in silenzio. La piazza si svuota. Il solo Innocente, che simboleggia la triste coscienza del popolo, canta la sua toccante canzone: "Sgorgate, sgorgate amare lacrime... piangi, piangi, gente russa affamata!".
Secondo quadro. Il Palazzo a punta di diamante nel Cremlino. La Duma dei boiardi è riunita in seduta straordinaria: in un'atmosfera tesa si discute come catturare e punire l'impostore che usurpa il nome di zar. Enlra Sciuiskij e riferisce con perversa gioia come Boris sia torturato dalla visione dell'ucciso zarievic. Improvvisamente appare Boris sconvolto e urlante: "Fermo, fermo, fanciullo!". Appena egli riesce a tornare in sé, si rivolge ai boiardi con la preghiera di un consiglio e di un aiuto, ma subito Sciuiskij introduce Pimen, che egli con diabolica premeditazione aveva convocato. Il racconto del vecchio monaco sulla miracolosa guarigione di un ammalato, avvenuta presso la tomba dello zarievic Dimitrij a Uglic, porta Ia sofferenza di Boris oltre misura: l'angoscia lo invade nuovamente, sente la vita mancargli. Ripresosi per qualche istante, lo zar morente manda a chiamare il figlio e stringendolo aI cuore lo supplica di non indagare come egli abbia ottenuto il potere, lo rassicura che lui Fiodor è l'erede legittimo, gli raccomanda Xenia e lo ammonisce: "Non ascoltare le calunnie dei boiardi faziosi, segui attentamente i loro intrighi segreti con la Lituania, punisci senza clemenza il tradimento, usa con severità iI giudizio popolare che rion è mai un giudizio ipocrita...". Al rintocco delle campane a morto e al salmodiare dei monaci; Boris si spegne appena dopo essere riuscito con un supremo sforzo ad esclamare, rivolto ai boiardi, al patriarca e ai monaci: "Ecco il vostro zar!".