Parenti - Fo - Durano presentano al Piccolo Teatro di Milano:
I sani da legare (1954)
Di Parenti - Fo - Durano
- Interpreti: Franco Parenti, Dario Fo, Giustino Durano, Luisa Rossi, Jole Fierro, Camillo Milli, Edo Cacciari, Antonio Cannas, Giancarlo Corelli, Graziella Galvani, Carlo Mazzone, Paola Pieracci, Luisa Rossi, Anna Sora
- Musiche: Fiorenzo Carpi
- Composizioni mimiche: Jacques Lecoq
- Scene e costumi: Dario Fo
Programma di sala (pagine 16)
- I sani da legare (Salvatore Quasimodo)
- Gli interpreti
- 140 repliche consecutive al Piccolo Teatro della Città di Milano
- Fotografie
I SANI DA LEGARE
Parenti, Dario Fo e Durano, dopo "II dito nell'occhio", ch'era una ricerca di critica au rebours nella storia, in questa commedia di epica minore (epica, nel senso che Brecht dà a questa parola), affrontano la cronaca contenporanea, cioè l'uomo del nostro tempo - sono da legare - non per giudicarlo con la sghignazzata plateale, ma per rappresentarlo con "distacco". E' una tecnica che potrebbe far ricordare quella del teatro popolare tedesco (dobbiamo citare ancora Brecht), con la famosa alienazione o straniamento del personaggio; e una certa approssimazione potremmo trovarla in qualche sketch, dove appare rapidamente un commentatore. Il distacco, di cui parliamo, è, ne "I sani da legare", di natura variamente drammatica, anche se frammentaria, e raggiunge, infine, la satira, soluzione singolarmente critica. In molte sequenze, infatti, l'uomo di Parenti, Fo e Durano, è visto, nel suo mondo, da una sola parte della barricata, venendo a mancare nella rappresentazione (e sarebbe, allora, teatro tradizionale mascherato), chi spinge quest'uomo a muoversi, a compiere delle azioni.
E' un teatro, dunque, senza “padrone”? Però il deus è sempre intuito, e si scopre, prima che il buio annulli i relatori o attori, con quell'amarezza che la satira lascia al suo chiudersi.
“I sani da legare”, denunciano più che una crisi del teatro, una crisi di cultura nel teatro; crisi che rode non solo l'idealismo (e le sue strutture formali), ma l'esitazione dell'uomo carico di umanistiche saggezze. Schematico o no, questo teatro, dal “divertimento” indifferenziato della rivista, cioè da un copione approssimativo, quasi a braccio, pretende l'impegno letterario dei suoi testi. A volergli attribuire un'origine, dovremmo pensare alla Commedia dell’Arte trasformata, dove non esista più l'improvvisazione a soggetto; e sarà sempre un riferimento di tradizione, necessario per giustificarne la validità, perché nuove sono le sue ragioni formali e la sua tecnica. Intanto, il mimo Jacques Lecoq, benché orientato sugli insegnamenti della scuola di Etienne Decroux, ha qui forzato, mentre le attua, le misure della mimica e della pantomima - attraverso nette linee musicali -- dando, dove occorreva, parole e oggetti ai suoi attori, allontanando cosi quell'apparenza di cinema muto) che mortifica questo genere teatrale, in una ripetizione preziosa di forme astratte come talvolta, avviene nel balletto classico. Critico, nel significato migliore, è il testo de “I sani da legare”, sia che gravi su figure e sentimenti della nostra vita o che abbia risentimenti di riflesso politico. Il futuro di questo teatro, è chiaro, è affidato, non, solo, alla bravura degli attori, ma più alla chiarezza dei suoi rapporti con la realtà dell'uomo, perché simili spettacoli rifiutano la comicità pura, ed entrano, perché popolari, nell'abitudine del popolo, con potere inavvertito di riflessione ridente. Abbiamo già notato, come Parenti, Fo e Durano, non si siano rifugiati in minime formule, ma, piuttosto, abbiano allargato i limiti della loro commedia, non più “Rivista” ma teatro, aperto, quanto è possibile, all' invenzione critica della realtà.
Salvatore Quasimodo