Comune di Forlì presenta:
Incontro al parco delle terme (1985)
Di Diego Fabbri
- Interpreti: Paola Borboni, Raoul Grassilli, Maria Grazia Grassini, Mario Feliciani, Carla Calò, Lucilla Giagnoni, Riccardo Forte, Turi Catanzaro, Maura Musi, Paul Lorimer
- Scene e Costumi: Lorenzo Ghiglia
- Regia: Alvaro Piccardi
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- 1.Paola Borboni 2.Raoul Grassilli 3.Maria Grazia Grassini 4.Mario Feliciani 5. Diego Fabbri
Programma di sala (pagine 24)
- Diego Fabbri (Giovanni Antonucci)
- Sono passati cinque anni (Vittorio Mezzomonaco)
- Note di regia (Alvaro Piccardi)
- Fotografie di Ivano Corazza
Diego Fabbri
Diego Fabbri finì di scrivere “Incontro al parco delle Terme” nel 1978, ma il dramma, al quale egli teneva particolarmente, aveva avuto una lunga elaborazione. Era il frutto di un impegno appassionato e insieme straordinariamente lucido. In un decennio nel quale i suoi interessi d'autore sembravano rivolgersi a un teatro di costume ("Non è per scherzo che ti ho amato", "Il cedro del Libano", "L'hai mai vista in scena?") e a un interpretazione biografica di due emblematiche figure come quelle di Belli e Pavese ("Il commedione di Giuseppe Gioacchino Belli poeta e impiegato pontificio" e "Il vizio assurdo"), "Incontro al Parco delle Terme" segnava, invece, il ritorno alle problematiche dei grandi testi ideologico-religiosi degli anni Cinquanta: ("Inquisizione", "Processo a Gesù", "Veglia d'armi") che gli avevano dato un successo internazionale. Quasi fosse presagio della sua prossima scomparsa (subito dopo scrisse solo "Al Dio ignoto") egli sentì la necessità di riallacciarsi al passato per affrontare nel presente alcuni problemi fra i più inquietanti degli anni Settanta. Nel nuovo dramma, propose alcuni temi¬chiave della sua drammaturgia: la crisi del sacerdote in un mondo dove il suo ruolo è messo in discussione, il dissidio fra la Chiesa-istituzione e la Chiesa-movimento, la coerenza fra comportamenti privati e posizioni pubbliche, l'inquietudine e le difficoltà della coppia. Temi questi che s'incarnano scenicamente nello scontro fra due personaggi di inconsueta statura intellettuale: il professore Lorenzo Marin, prete spretato e ora docente di teologia all'Università di Montevideo, e il Cardinale Valerio Vespignani. Si conoscono da molti anni, ognuno conosce le debolezze dell'altro, ma sono ormai profondamente divisi nella concezione della Chiesa e, più in generale, della realtà contemporanea. Marin, dopo aver lasciato la tonaca è stato per qualche tempo a combattere con i guerriglieri di uno stato dell'America del Sud, ma ormai non crede più né nella rivoluzione né nelle Chiese organizzate: l'unica sua fiducia è nell'amore e nella solidarietà verso gli altri. Il Cardinale, invece, crede solo nel potere della Chiesa e nella forza delle sue tradizioni secolari, ma ha perso la sua fede di cristiano. Il loro è uno scontro lacerante, dove si intrecciano ragioni private e ragioni pubbliche e dove, alla fine, come succede nel migliore teatro di Fabbri, il dibattito teologico si illumina di risvolti umani e di finissime motivazioni psicologiche. Il merito di Fabbri è ancora una volta quello di evitare qualsiasi didascalismo e ogni astrazione per cogliere invece il nucleo più profondo e più segreto dell'essere cristiani.
GIOVANNI ANTONUCCI