Teatro Greco di Siracusa presenta:
Le Supplici (1982)
Di Eschilo
- Interpreti principali: Arnoldo Foà, Francesca Benedetti, Massimo De Francovich, Maria Grazia Bon, Anna Teresa Rossini, Raffaella Azim, Edoardo Siravo - Il Coro
- Traduzione: Giuseppe Di Martino - Scevola Mariotti
- Musiche: Jan Klusak
- Coreografie: Claudia Lawrence
- Scene: Roberto Laganà
- Costumi: Jan SKalicky
- Regia: Otomar Krejca
Programma di sala (pagine 54)
- Nello stesso programma lo spettacolo "Ifigenia fra i Tauri"
- Tra rigore culturale e aperture sociali (Giusto Monaco)
- Il teatro Greco di Siracusa (Luigi Bernabò Brea)
- Appunti sulle supplici (Giuseppe Di Martino)
- Note di regia (Otomar Kerjca)
- il cast
- Fotografie
APPUNTI SULLE SUPPLICI
Di questa tragedia è protagonista il coro, composto dalle figlie di Danao, che fuggono dallo Egitto e chiedono protezione alla città di Argo per sottrarsi alla persecuzione dei cugini egizi, che pretendono di sposarle senza il loro consenso. Rifugiatesi su una sacra collina in vicinanza della città, esse invocano gli dèi e chiedono al re Pelasgo di decidere in loro favore. Il re si reca in città insieme con Danao, perché la decisione, che poi risulta favorevole, spetta all'assemblea dei cittadini. Appresa la buona notizia, le Danaidi invocano pace e prosperità per la terra argiva. Il tentativo degli Egizi di impadronirsi con la forza delle Danaidi è respinto grazie alla tutela accordata.
Appunti sulle Supplici
Cinquanta (cinquanta?) donne irrompono (irrompono?) sulla scena. E' l'inizio delle SUPPLICI di Eschilo. E gli interrogativi sono di rigore. Il numero dei componenti (o delle componenti) del Coro è questione sulla quale sono stati versati i classici sette fiumi di inchiostro: un numero reale o un numero che esprime una quantità indefinita? una indicazione imponente o allusiva? - Senza contare che questi cori, nelle SUPPLICI, sono certamente due (di uomini o di donne, il secondo?) e se di donne - le ancelle delle cinquanta Danaidi: ognuna ha la sua -: ancora cinquanta? - E che problemi di spazio crea una tale moltitudine in scena (una presenza costante in tutta la tragedia? o solo al finale?) E che coreografia?) o, come Mariotti ed io abbiamo ritenuto, addirittura tre? Di Egizi, questo terzo coro, dalla parlata barbara e con prospettive rivoluzionarie (perfino grottesche, a spingere il pedale ...). Ma una ipotesi (teatricamente ineccepibile) o un dato certo? Le SUPPLICI rappresentano un caso a sé. Considerate fino a pochi anni fa indubbiamente la più antica delle opere rimasteci di Eschilo (e quanti castelli furono costruiti sulla semplicità - semplicità? - della loro struttura), è venuto un papiro a gettarci in faccia la realtà della loro collocazione effettiva quasi al centro della produzione dell'eleusino (e adesso quella schematicità è diventata una conquista formale: una sintesi di alta purezza raggiunta, non l'indicazione di uno stile ancora alla ricerca - ma quando mai un artista finisce di cercare?-). Le Danaidi - perché si tratta appunto delle figlie di Danao; le quali, guidate dal loro vecchio padre, sono fuggite dal natio Egitto per riparare ad Argo - irrompono dunque in scena: sono appena sbarcate sul suolo argivo a cercare rifugio da un pericolo i cui contorni restano e resteranno sempre in tutto l'arco della tragedia assai nebbiosi quanto a qualità di motivazione. Fuggono dai figli di Egitto (il fratello di Danao, e quindi dai loro primi cugini) i quali vogliono costringerle (cinquanta contro cinquanta) alle nozze che esse rifiutano in maniera addirittura feroce. Sono così fuggite dalla terra natale per cercare rifugio ad Argo, nel Peloponneso. Perché Argo? Perché di Argo esse sono originarie, discendenti come sono della mitica Io, la donna argiva posseduta da Zeus e mutata in giovenca, e afflitta dal pungolo folle del tafano mandatole in punizione dalla gelosia della tradita Era, moglie celeste del re degli dèi. Impazzita dall'assillo, Io, in sembianze bestiali ha corso tutta l'Ellade, attraversato l'Ellesponto, superato tutte le regioni dell'Asia minore, sino a raggiungere l'Egitto dove Zeus l'ha liberata dalla tortura e dove ella gli ha partorito Epafo. Le Danaidi discendono da Epafo e, perciò, egiziane di nascita e di aspetto (e quanto al meraviglioso una simile notazione dovesse conferire non c'è bisogno di sottolinearlo), si considerano anche, ad altrettanto giusta ragione, oriunde argive. Come s'è detto, il vero motivo per cui esse rifiutano così violentemente le nozze coi loro cugini non verrà mai veramente a galla, nonostante la minuziosa inchiesta che il re Pelasgo compie interrogandole prima di prendere una posizione sul pericoloso dilemma che la presenza delle Danaidi comporta: una guerra non cercata (e dall'esito tutt'altro che certo) con tutto il carico di lutti che essa comporta alla città; o la macchia di empietà derivante dal non aver concesso l'asilo richiesto nei modi rituali, con le relative sciagure inevitabili per l'offesa a Zeus dio dei supplici. (1) Si apre a questo punto un nuovo dilemma: il significato della tragedia è sulla prospettiva della dialettica nozze-libertà (con tutte le implicazioni che l'attualità ripropone) o di quella: autorità paterna-libera scelta (con altrettanto attuali prospettive); o ancora sulla posizione “eroica” di Pelasgo posto incolpevolmente fra due mali fatali? Una tragedia femminista? o maschilista? o di etica politica? La polivalenza del testo è la non ultima ragione del suo fascino. Pelasgo accoglierà ad Argo le Supplici. E l'interrogativo del futuro resta sospeso sul finale (Eschilo è maestro in queste suspences) ... La religiosità del fatto teatrale come rito: la musicalità, la ritmica, la coreutica... Fatti fondamentali nella edizione di un testo la cui dinamica drammatica può essere spinta agli estremi o essere trattenuta nell'ombra di eventi il cui senso sta nel partorirne altri... La funzione della forma tragica oltre, sopra o dentro (è chi mette in scena che ha la facoltà della scelta) i fatti fatali... Una serie di aperture come in un labirinto: col fascino magico che una tale figurazione ha sempre suscitato negli esseri umani ...
(I) Perché gli Egizi hanno inseguito le fuggitive: le loro navi sono già all'approdo; il loro araldo è già sbarcato a richiedere con decisione e improntitudine la restituzione del carico umano. E il carico è lì: su un'altura consacrata agli dèi d'Argo, intoccabile: e chiede asilo in nome dello Zeus dei supplici. “terribile vendicatore”…
GIUSEPPE DI MARTINO