Arena di Verona presenta:
Simon Boccanegra (1973)
Melodramma in un prologo e tre atti. Libretto di Francesco Maria Piave - Musica di Giuseppe Verdi
- Interpreti principali: Piero Cappuccilli (Boccanegra) Katia Ricciarelli (Maria) Carlo Cossutta (Gabriele) Bonaldo Giaiotti (Jacopo) Giovanni Foiani (Pietro) Carlo Meliciani (Paolo)
- Maestro Concertatore: Nino Sanzogno
- Regia: Franco Enriquez
- Maestro del coro: Corrado Mirandola
- Scene e Costumi: Giorgio Wakhevitch
- Allestimento scenico: Attilio Colonnello
Programma di sala (pagine 120)
- Il lacerato spirito di Boccanegra (Eugenio Gara)
- Il Libretto
- La stagione lirica
- I singoli spettacoli
- Gli Interpreti
- Le Stagioni passate
- Fotografie
L'argomento
In Genova e sue vicinanze, circa la metà del XIV sec. Tra il prologo e il dramma passano 25 anni.
PROLOGO - Piazza di Genova. Nel fondo la chiesa di San Lorenzo, a destra il palazzo dei Fieschi. Notte. I genovesi Paolo Albiani orefice e Pietro popolano, in odio ai patrizi decidono di eleggere doge, e se occorre con la violenza, Simon Boccanegra, "corsaro al servizio della Repubblica". Simone accetta con la speranza di strappare all' "empio ostello" dei Fieschi la donna che vi geme prigioniera e che egli ha amato avendone una bimba, di cui nulla sa dopo la sua misteriosa scomparsa. La donna è una Fieschi figlia di Jacopo, che ha disonorato la famiglia: da ciò la sua segregazione. Tornata deserta la piazza, il nobile Jacopo Fiesco esce dal palazzo dove la figlia peccatrice è morta. S'incontra con Simone, cui rimprovera l'oltraggio ma tace la sciagura. Simone chiede inutilmente perdono: lo otterrebbe soltanto a patto ch'egli consegnasse al Fiesco il frutto del suo amore con la patrizia; ma egli non può, egli crede perduto quel frutto dopo la sua scomparsa. Jacopo lo lascia solo e Simone, tentato di vedere la donna amata e prigioniera, entra nel palazzo. La trova cadavere. In quella Paolo, Pietro e il "popolo d'ambo i sessi con fiaccole accese", irrompono nella piazza acclamando Simone doge. "Una tomba ... ", grida questi. "Un trono!. .. ", risponde Paolo. "Doge Simon?... m'arde l'inferno in petto! ", commenta il Fiesco.
ATTO PRIMO - Giardino dei Grimaldi fuori Genova, di fronte al mare. Spunta l'aurora. Amelia Grimaldi, sotto il cui nome si nasconde la figlia naturale di Simone, Maria Boccanegra, si trova segretamente con il fidanzato Gabriele Adorno, gentiluomo genovese che ha per rivale d'amore Paolo Albiani. Già nel duetto che ne segue è fatto cenno velatamente alla congiura dei patrizi genovesi, tra cui sono Gabriele Adorno e Jacopo Fiesco, celato questo sotto il nome di Andrea, intesi ad abbattere Simone. Ma arriva il popolano Pietro che annuncia una imminente visita del doge in casa Grimaldi. Gabriele è interdetto. Amelia gli comunica che la visita ha il solo scopo di chiedere "sua destra" per altro favorito dogale e lo invita a farsi avanti per tempo. Va Gabriele in cerca di Andrea (Jacopo Fiesco), mentre Amelia rientra a palazzo; e subito lo incontra e gli chiede di consentire al matrimonio suo con Amelia. Andrea consente, spiegando però che "alto mistero sulla vergine incombe", e che Amelia non è una Grimaldi bensl un'orfana d'umili origini. Ma "ecco il Doge: partiam". Ora sono in giardino il doge e Paolo col seguito. Il doge avvicina Amelia promettendo pace ai nemici Grimaldi patrizi e auspicando all'unione dell'ospite gentile con Paolo Albiani. Dalle confidenze di Amelia, che gli dice non essere una Grimaldi ma un'orfana, e dal ritratto d'una donna che già aveva in custodia la fanciulla sulla marina di Pisa, egli scopre in lei la figlia scomparsa venticinque anni prima. Si abbracciano commossi. A Paolo, sopraggiunto quando la fanciulla è rientrata nelle stanze, impone di rinunziare a ogni speranza, poi segue la figlia ritrovata. Paolo e Pietro progettano allora di rapire Amelia e di nasconderla nell'abitazione di Lorenzino usuriere. Le ultime scene si svolgono nella sala del Consiglio del Palazzo degli Abati. Dal seggio ducale, alla presenza dei consiglieri, Simone tratta degli affari di Stato quando s'ode un crescente rumore di tumulto dalla piazza dei Fieschi. Tra grida di viva e morte al doge, irrompe il popolo trascinando seco Gabriele e Andrea, i quali avevano ucciso l'usuriere Lorenzino ritenuto colpevole d'avere rapito Amelia. Prima di morire Lorenzino stava svelando il nome dell'uomo "possente" che l'aveva spinto al crimine. Gabriele pensa si tratti non di Paolo, ma dello stesso doge, e accusandolo di ratto cerca di colpirlo col pugnale. Amelia, che nel frattempo è riuscita a fuggire, entra in quel punto e si interpone dichiarando l'innocenza di Simone e invocando da lui il perdono di Gabriele. Paolo, ancora insospettato, salvo che da Amelia, medita nuove vendette.
ATTO SECONDO - Stanza del doge nel palazzo ducale. Andrea e Gabriele, pngionieri per una notte, vengono tratti alla presenza di Paolo, che confida loro di odiare a sua volta il "tiranno" e propone a entrambi di trucidarlo. Il Fiesco rifiuta e ritorna in carcere. L'Adorno si trattiene. A lui Paolo dice che anche Amelia è nel palazzo e "del vegliar do è segno alle infami dilettanze". Duro scontro tra Gabriele e Amelia che, accusata dal giovane, non può svelare il segreto della paternità di Simone. Il quale entra mentre Gabriele si nasconde sul poggiolo e assiste di là, furiosamente ingelosito, a un episodio di tenerezza tra Amelia e il padre, cui "ardon le fauci" (ma questa è una variante di Boito) al pensiero che la figlia ami il traditore suo. Poi Simone s'addormenta e per la seconda volta Adorno, uscito dal nascondiglio, tenta di pugnalarlo. Ancora si interpone Amelia e finalmente il doge - era tempo - confessa a Gabriele Adorno d'essere genitore alla fanciulla. Fuori continua la sommossa.
ATTO TERZO - Interno del palazzo ducale. Viene ridata libertà al Fiesco ma è tratto in catene Paolo, condannato al supplizio perché colto tra i rivoltosi con l'armi in pugno. Un coro dall'interno indica che si stanno celebrando le nozze di Amelia e Gabriele. Paolo freme ma sa che la vendetta non tarderà a venire poiché egli ha fatto in tempo ad avvelenare Simone. In un successivo colloquio tra il Fiesco e Simone, questi rivela che Amelia Grimaldi, l'orfanella, è in realtà Maria Boccanegra, la figlia della Fiesco da lui amata in gioventù. Jacopo trasalisce, desolato di perdonare troppo tardi all'antico seduttore della sua creatura. Nell'ultima scena, con intervento degli sposi novelli, Simone muore, dopo avere additato nell'Adorno il successore. Maria Fieschi Boccanegra in Adorno piange insieme, doppiamente intenerita, la morte del padre e la scoperta del nonno paterno. "Lenti e gravi tocchi di campana. Tutti s'inginocchiano".