Tarantella napoletana (1953)
Fantasia in due tempi ideata da Armando Curcio
- Interpreti: Maria Paris, Clara Bindi, Clara Crispo, Dino Curcio, Renato Di Napoli, Mario Frera, Giacomo Furia, Amedeo Girard, Antonio La Raina, Rosita Pisano Dino Valdi, Lina Viti. Primi ballerini: Claudia Lawrence, Tedd Barnett. Cantano Gabriele Vanorio, Nunzio Gallo.
- Direttore orchestra: Nino Brero
- Coreografie: Mady Obolensky
- Scene: Nicola Simbari
- Costumi: Ugo Giammusso
- Regia: Armando Curcio
Programma di sala (pagine 16)
- Armando Curcio - Mara Paris
- Gli attori
- Primo - Secondo tempo
- Danzatori e cantanti
ARMANDO CURCIO
Non è facile definire l'autore-regista di “Tarantella napoletana”, così ricca di sfaccettature, è la sua personalità. Per gran parte del pubblico italiano, egli è l'autore di “A che servono questi quattrini?” di “La fortuna con l'Effe maiuscola” de “I casi sono due”, di “Casanova farebbe cosi”, le belle commedie che furono tra i più clamorosi successi dei De Filippo. Per i lettori della terza pagina dei quotidiani e dei settimanali illustrati, egli è stato per molti anni il corsivista brillante, il pupazzettista divertente, l'arguto commentatore di uomini e cose, in conversazioni rapide, nitide e succose. Per gli amatori del libro è l’editore Curcio, poiché al suo nome è legata una vasta e fortunata organizzazione editoriale, benemerita della cultura popolare in Italia. Per gli spettatori di “Tarantella napoletana”, egli è un... napoletano, che della sua terra ha voluto esprimere ed orchestrare l'umorismo spontaneo e, forse, doloroso, la poesia eterna, i colori stupendi e fascinosi, il canto melodioso e ineffabile.
Come è nata la TARANTELLA NAPOLETANA?
“Ognuno sa che Iddio, generoso, misericordioso e magnifico Signore, ha guardato sempre con un occhio di predilezione la città di Napoli. Per lei ha avuto le carezze di un padre, di un innamorato, le ha prodigato i doni più ricchi, più splendidi che si possano immaginare. Le ha dato il cielo ridente ed aperto, raramente turbato da quei funesti pensieri scioglientisi in lagrime che sono le nubi; l'aria leggera, benefica e vivificante che mai non diventa troppo rude, troppo tagliente; le colline verdi, macchiate di case bianche e gialle, divise dai giardini sempre fioriti; il vulcano fiammeggiante ed appassionato; gli uomini belli, buoni, indolenti, artisti ed innamorati; le donne piacenti, brune, amabili e virtuose; i fanciulli ricciuti, dai grandi occhi neri ed intelligenti. Poi, per suggellare tanta grazia, le ha dato il mare. Ma si aggiunge che il Signore Iddio, dandole il mare, ha saputo quel che si faceva. Quello che sarebbero i napoletani, quello che vorrebbero, egli conosceva bene e, nel dare loro la felicità del mare, ha pensato alla felicità di ognuno. Questo immenso dono è saggio, è profondo, è caratteristico. Ogni bisogno, ogni inclinazione, ogni pensiero, ogni corpo, ogni fantasia, trova il suo cantuccio dove s'appaga, il suo piccolo mare.”
Così scriveva Matilde Serao. Ed è, forse, dinanzi al mare che la fantasia dell'Autore ha trovato il suo cantuccio felice. Dai riccioli delle onde, si sono dolcemente dipanate le melodie eterne in cui si culla da secoli l'anima napoletana. Dal mare di Posillipo e di Margellina sono sorti in una ridda di colori, di rumori, di pianti, di risa, i tipi che vivono sulla pittoresca ribalta di Napoli: venditori, acquaioli, maruzzari, maeste, guappi, pescatori, “scugnizzi”, suonatori ambulanti, cantastorie, “pazzarielli”, cocchieri. Dal mare è uscita questa iridescente tavolozza di colori, dal mare è salita quest'orchestra di voci, di canti, di rumori. Sul mare cupo, calmo e sicuro, di Santa Lucia s'è disegnato rapidamente un gioco pirotecnico di immagini e di colori: Pulcinelli, pizze, cocomeri, chitarre, triccaballacche”, scialli smargiassi di “arriffatrici”, occhi bruni di luciane, “mummare” di acqua “zuffagna” e sgangherate grottesche “carrozzelle”. Nell'aria sono saliti trilli di pianini, strilli di bimbi, bestemmie di facchini, scampanellii di trams. E questi fuochi di artificio si sono riverberati, lanciando boati e scintille policrome, nell'immenso sognante mare di Napoli. Era nata, in quel momento, “Tarantella napoletana”.