SUL PRIMO CIRANO
Appena terminata Les Romanesques, la sua prima commedia, mio padre si era rimesso al lavoro. Lavorava continuamente, senza riposo. Che abbia sentito confusamente che il destino non gli avrebbe concesso la lunga vita di un Goethe o di un Hugo e abbia voluto affrettare la stesura del suo messaggio? Tutta la sua vita era sottomessa al lavoro, e questo lavoro non si arrestava mai. Persino nelle ore in cui pareva che egli lo abbandonasse bruscamente per ritornare, durante un piacevole riposo, un padre come tutti gli alri, anche quando passeggiava in uno di quei giardini nei quali ci recavamo d'estare, s vedeva chiaramente come il suo lavoro, apparentemente interrotto. si proIungasse nel profondo del suo sguardo. Ora lavorava a una nuova commedia la cui eco era venuta sino a noi. La scriveva per un grande attore che aveva incontrato durante una lettura di La Princesse lointaine e che si chiamava Coquelin... La "générale" del Cirano, fu un trionfo inaspettato, un trionfo che oggi non si può neppure immaginare e che pare impossibile ad una commedia teatrale. qualunque essa sia. Ed è anche una bella faccenda questo trionfo del Cirano! Un giovane poeta provenzale che ha scritto Les Romanesques, La Princesse lointaine, l'evangelica La Samaritaine ha immaginato di scrivere per Coquelin un dramma su Cirano di Bergerac. Indubbiamenre esisteva già questo poeta del XVII secolo; questa anima che, a stare alla dedica del libro, è passata in quella di Coquelin, ha già, vissuto, ma occorreva tuttavia ricrearla; anche se era già esistito Cirano è innanziturto un personaggio di Edmond Rostand, che in un bellissimo sogno generoso ha fatto resuscitare questo divino "raté". Mio padre desiderava che il suo interprete fosse il più anziano dei Coquelin, quel Coquelin che aveva desiderato e richiesto una commedia in versi di Edmond Rostand, giacché alIora vi erano ancora degli attori che desideravano commedie in versi e non reclamavano come nutrimento indispensabile la prosa banale e quotidiana. Mio padre gli aveva raccontato l'intreccio della commedia che voleva scrivere e subito Coquelin si era innamorato del lavoro e del personaggio. Coquelin l'aveva accettata subito e l'aveva allestita a suo rischio e pericolo contro il parere dei fratelli Floury che erano soci con lui nell'impresa e che non nutrivano affatto la stessa ammirazione. Un dubbio enorme - bisogna pur confessarlo - aleggiava sul teatro in cui si sarebbe recitato il Cirano: una commedia in versi come avrebbe mai potuto ottenere dei grandi incassi? Si sarebbe osato dichiarare sul cartellone che quella commedia si permetteva il lusso di essere in versi? In queste condizioni non stupisce il fatto che i bravi direttori della "Porte Saint Martin" non àbbiano previsto il miracolo che stava per avvenire! Non è giusto prendersela con nessuno di quegli increduli poiché - una volta tanto - la follia avrebbe avuto la meglio contro la ragione. Ogni opera importante ha, prima ancora che appaia, i suoi detrattori e li conserva talvolta per tutta una vita. Non serbiamo neppure rancore a quelli increduli che hanno poturo, durante i preparativi, far vacillare il sogno di un poeta, in quanto essi gli hanno poi reso la più grande delle apoteosi. Sì, un'apoteosi, poiché quella sera del 27 dicembre 1897 è una data delle più importanti nel calendario dei fasti del teatro. Coloro che non hanno potuto assistervi, non possono fare a meno di dubitare sull'enormità del tionfo, trionfo incontestato e definitivo. Quell'entusiasmo che allora si credeva definitivamente scomparso, di atto in atto si accentuava, si accresceva. Negli intervalli i nemici si riconciliavano. Non si era mai vista una cosa simile. Sì; fu una delle più grandi serate teatrali e per trovarne una pari bisognerebbe risalire al Cyd o al Hernani che nessuno di noi ha visto. Ma quella sera del Cirano vi era anche qualcos'altro! Quell'emozione, quella frenesia, quel non so che di esaltato che accoglieva l'opera erano indici significativi, erano prove del miracolo. Grazie ad una di quelle intuizioni proprie dei grandi poeti, Edmond Rostand offriva quel giorno alla Francia quel battesimo dell'anima di cui avrebbe avuto bisogno nelle ore più gravi, più dolorose, più micidiali. Ogni poeta è alla sua maniera un profeta! Quando, attraverso la voce provvidenziale di Cirano, mio padre parlava nel 1897 a una generazione priva di fede, sentiva misteriosamente che quella generazione doveva morire. Come ne avrebbe potuto impedire il destino? I giovani che l'ascoltavano, quegli spiriti che subiscono il fascino dell'anima di Cirano e che si consolano del suo pennacchio, sono già i condannati del 1914. Edmond Rostand darà loro la torza di morire senza disperare. Dal momento che non può impedire loro di essere dei martiri, procurerà la forza per trasformarli in eroi: è per quesro che il Cirano di Bergerac è qualcosa di più di una commedia eroica di cinque atti in versi. È una data dello spirito francese!
MAURICE ROSTAND