Teatro Stabile di Bolzano diretto da Maurizio Scaparro presenta:
Amleto (1972)
Di William Shakespeare
Interpreti Principali: Pino Micol, Fernando Pannullo, Rachele Ghersi, Giulio Pizzirani, Marina Zanchi, Giancarlo Padoan
Traduzione: Angelo Dellagiacoma Musiche: Giancarlo Chiaramello Scene e Costumi: Roberto Francia Regia: Maurizio Scaparro
Programma di sala del Teatro Duse di Bologna (pagine 4)
- La presenza della ragione
- Il Cast
- Il prossimo spettacolo al Duse
La presenza della ragione
Rappresentare “Amleto” oggi, al di là di molto spesso gratuite dissacrazioni che si portano dentro le rarefatte destinazioni di avanguardie estetiche e metodologiche, diviene significante per una duplice destinazione dell’opera. Una di politica teatrale, in cui il classico è termine di raffronto ed insieme strumento di sondaggi immediati tesi al recupero delle sguarnite postazioni lasciate dalle rovinose cadute e dalla serie dei fallimenti della restaurazione culturale di ieri, l’altra contenutistica e più specificatamente “politica”, intesa, cioè, a puntare il mirino su di una possibile premessa socio-politica da cui “Amleto” derivi, nel pieno rispetto del testo scespiriano, una ulteriore chiave di rilettura. Questa edizione del capolavoro di Shakespeare che lo Stabile di Bolzano ci presenta assomma ambedue gli obiettivi ed in questo senso si colloca sul doppio binario dell’utensile culturale e del rinnovamento ed ampliamento di stimolanti ipotesi critiche. Maurizio Scaparro non scioglie i nodi essenziali del tessuto tragico scespiriano ma li evidenzia di nuove, tracimanti venature razionali; dimentica l’esistenziale metafisica di uno spirito eletto e rifiutato per definirlo nel contesto di una angoscia civile le cui origini identificano la mancanza di uno stato giusto e autenticamente democratico. Per cui Amleto si spoglia di una aureola di struggenti sbavature e oscuri labirinti emozionali per ritrovare in sé la presenza della ragione, la consapevolezza della struttura sociale che lo incorpora, la stringente lucidità del suo essere e del suo non essere come entità che compone un tutto. La conclusione di tale ubicazione concettuale di “Amleto” potrebbe, come è stato in pas¬sato, sfociare in uno scoperto velleitarismo, sterile e trionfalistico, facendo del protagonista l’antesignano di una contestazione globale di piazza e di barricata. Qui, invece, la coscienza della sconfitta non stenta ad emergere portandosi dietro tutto un surplus di connotazioni che rilevano la fattiva ipotesi rivoluzionaria del Principe di Danimarca. Ne¬cessarie diventavano alcune operazioni che Scaparro ha apportato non al testo ma al come il testo debba venire detto. La presenza della ragione esigeva la totale abolizione dell’enfatico e del deleterio teatrale, inteso come recitazione naturalistica, con intromissioni di epico rivisitato. Perfettamente colvente diviene perciò l’eliminazione di orpelli scenici, di gigionismi declamatori, di sovrastrutture spettacolari. Questo “Amleto” pulito raggiunge così il suo scopo, fresco ed accattivante non si rifà ad un passato indubbiamente passato ma riflette istanze e contenuti di sconcertante attualità.
Valerio Grimaldi (da ”QUI BOLOGNA – Dicembre 72)