Il Comune di Lucca - Teatro Giglio e la PROSIT s.r.l. organizzata da Carlo Molfese presentano:
I ragazzi irresistibili (1984)
Di Neil Simon
- Interpreti: Vittorio Caprioli, Mario Carotenuto, Clara Bindi, Aldo Ralli, Angelo Maggi, Roberta Fregonese
- Scene e Costumi: Vittorio Rossi
- Adattamento e Regia: Vittorio Caprioli
Link Wikipedia
- 1. Vittorio Caprioli 2..Mario Carotenuto 3.Clara Bindi 4.Aldo Ralli 5.Angelo Maggi 6.Roberta Fregonese
Programma di sala (pagine 20)
- Introduzione (Antonio Ghirelli)
- Un commento (Vittorio Caprioli)
- Carissimo Vittorio (Mario Carotenuto
- La commedia - Gli interpreti
DUE RAGAZZI IRRESISTIBILI Introduzione di Antonio Ghirelli
Quando si parla di Vittorio Caprioli, generalmente, il pensiero corre alla Compagnia dei Gobbi, ai grandi successi che egli vi colse nei primi anni Cinquanta accanto a Franca Valeri ed al povero Alberto Bonucci, alla loro smagliante affermazione parigina. Io stesso potrei soffermarmi a lungo sui ricordi di quell'epoca perché ebbi la fortuna di viverla molto da vicino, dal teatrino di via Vittoria al bistrot in cui per la prima volta gustai un'autentica soupee d'ognon insieme con la scoppiettante conservazione dei miei tre amici. E, volendo, potrei risalire anche più indietro nel tempo, ad una precedente esperienza che avevo vissuto pochi mesi dopo la fine della guerra, quando mia madre recitava con Vittorio De Sica in una commedia di William Saroyan, "l giorni della vita". Figlia d'arte come lontana discendente di Antonio Petito, ella interpretava in quella commedia il ruolo della madre di Nick, un barista, e Nick era Caprioli. La prima di "Un giorno della vita" si era data a Milano, dove allora vivevo e lavoravo, e così avevo conosciuto Vittorio: esattamente 40 anni fa. Ma la mia simpatia per lui è più autentica di quell'antichissimo incontro nella Milano sconvolta ed entusiasmante dei primi mesi seguiti alla liberazione, la Milano in cui Walter Chiari recitava al Mediolanum, Remigio Paone ritornava al teatro Nuovo e Strehler stava ancora discutendo con Paolo Grassi l'ipotesi del Piccolo Teatro. Direi che ammiravo Vittorio Caprioli ancor prima diconoscerlo, amavo la sua voce, il suo viso, la sua presenza in Galleria o sul palcoscenico. Sebbene egli esca da una famiglia alto-borghese, abbia fatto studi regolari e possa contare su una cultura raffinata e solida (il che non è sempre conseguenza necessaria della regolarità degli studi), un talento ìstintivo lo ha avvicinato sin dal principio ai grandi comici della scena napoletana: i Dalla Rossa, i Pantalena, gli Scarpetta, i Di Napoli, piuttosto che ai sofisticati eroi del cabaret di cui pure ha dimostrato di conoscere tutti i segreti. Vittorio è capace, prima di tutto, di far ridere come ne erano capaci quei giganti del teatro dialettale; con la loro sola apparizione sulle tavole del palcoscenico, con il loro modo di gesticolare, di camminare, di parlare indipendentemente da ciò che facevano e dicevano. Far ridere in virtù di una qualità naturale, la loro fisicità. Del resto, nel dialetto napoletano ci sono due aggettivi che danno la misura esatta di questo tipo di presenza teatrale, quando si dice di un attore comico che è curiuso, cioè bizzarro, e che è tomo-tomo, cioé flemmatico, impassibile: in altre parole, il buffo classico. Naturalmente, Caprioli non è stato, e tanto meno è, soltanto questo. Attore di rara penetrazione psicologica e di sottile ironia, autore di moltissimi dei testi che recita, regista cinematografico di film originalissimi come "Leoni al sole" o "Madame Royal", partecipa dei fermenti e delle inquietudini della cultura moderna almeno quanto dei sentimentie dello stile che siamo abituati a riconoscere nella tradizione. Ne farà esperienza, del resto, lo spettatore di questi "Ragazzi irresistibili" che non appartengono certo al repertorio della commedia dell'arte o del teatro in vernacolo ma nascono piuttosto da un ben calcolato incrocio tra il teatro beckettiano della solitudine senza speranza e quello, più amabile ma non meno spietato, del teatro-conversazione all'inglese, alla Shaw o alla Wilde.
Per la prima volta nella sua carriera, se non sbaglio, Caprioli recita con Mario Carotenuto, o per essere più esatti, vive con Mario Carotenuto una grande sfida a livello di protagonista. Ecco un confronto al quale, francamente, non voglio mancare. Rispetto al mio vecchio amico, Mario è agli antipodi: l'altra faccia della luna, un'altra città, un mondo diverso, per quanto Roma è diversa da Napoli. Il confronto m'interessa non soltanto perché ammiro Carotenuto quanto Caprioli, ma anche perché sono romano quasi quanto sono napoletano. Devo essere sincero fino in fondo: Napoli la amo e la conosco senza riserve, totalmente, completamente; ma Roma, il posto in cui pure vivo da oltre trent'anni cioé da più di metà della mia esistenza, la amo senza conoscerla altrettanto bene. E credo che questo sia vero per molti immigrati, non solo per me. Napoli è una meraviglia ed una tragedia; Roma è un mistero. Là, sulle rive del Golfo, non puoi sbagliarti: ti tuffi ad occhi chiusi in un mare ribollente di bellezza e di contraddizioni ; qui, la città eterna non sai mai come prenderla, se come una tragedia o come una meraviglia, se sul serio o per ridere. E' una sfinge, un enigma impenetrabile ed antico quasi come la sfinge egiziana. Voglio dire, naturalmente, che anche Mario Carotenuto è così, è sempre stato così, almeno per me. L'ho creduto per anni ed anni soltanto un forte, bravissimo, esilarante attore di rivista e di cinema, un caratterista bonario e brillante, un comico romanesco nel solco di una scuola formidabile dalla quale era uscito anche suo fratello Memmo. Ma è bastato l'incontro di Mario con Strelher, a farmi capire che mi ero sbagliato. Non vorrei essere frainteso: la disinvoltura, la mostruosa padronanza scenica, la simpatia travolgente di Carotenuto non sono certo qualità molto comuni, soprattutto quando l'attore che le possiede interpreta decine di copioni, di commedie, di film, conquistandosi una diffusissima popolarità, un posto di prima fila nella galleria dei grandi comici italiani. Ma proprio perché in una certa prospettiva Mario Carotenuto era arrivato ai vertici della sua professione, nessuno sospettava che potesse rivelare un aspetto del tutto nuovo della propria personalità, una dimensione drammatica, più realistica ed umana, più profonda. E il mistero di Roma che viene alla superficie come accade, di tanto in tanto, agli splendidi ruderi che nasconde nelle sue viscere. E la complessità, l'insondabilità del temperamento romano che emerge attraverso la singolare vicenda di questo singolarissimo attore. Mentre in Vittorio Caprioli il serio ed il faceto, ancorché filtrati dall'ironia, hanno un'evidenza solare, nel suo autorevole partner il tono impegnato conserva sempre un'ombra di ammiccamento farsesco così come l'uscita comica è sempre raffrenata da un sottinteso drammatico. Sono le due città che confermano nei due interpreti le loro differenze. Napoli ride o piange en pleine air, alla luce del sole; Roma è più chiusa e brusca, talora più cupa. Napoli sfotte, Roma irride e provoca. Napoli urla, Roma sogghigna. Separate da appena duecento chilometri, le due città sono lontanissime, due storie abissalmente diverse, due psicologie diametralmente opposte. Il modo in cui queste due civiltà (anche teatrali) s'incontrano sul palcoscenico di questa commedia attraverso la mediazione di Caprioli e di Carotenuto, è un formidabile motivo di curiosità, un'attrattiva ancor più irresistibile dei due vecchi ragazzi di Neil Simon. Auguriamo agli amici spettatori di godersela attimo per attimo, scena per scena, come si gode un concerto di squisita fattura.