Teatro Greco di Siracusa presenta:
Ifigenia fra i Tauri (1982)
Di Euripide
- Interpreti: Anna Maria Guarnieri, Massimo Foschi, Umberto Ceriani, Leda Negroni, Andrea Bosic, Raffaele Giangrande, Marisa Minelli, Luciano Virgilio. Coro di schiave grece Prime Coriste: Enza Lauricella - Emiliana Perina
- Traduzione: Vincenzo Consolo - Dario Del Corno
- Musiche: Fiorenzo Carpi - Bruno Nicolai
- Coreografie: Marise Flach
- Scene: Roberto Laganà
- Costumi: Luisa Spinatelli
- Regia: Lamberto Puggelli
Programma di sala (pagine 54)
- Nello stesso programma lo spettacolo "Le Supplici"
- Tra rigore culturale e aperture sociali (G. Monaco)
- Alla rierca della tragedia perduta (Lamberto Puggelli)
- il cast
Ifigenia fra i Tauri - Alla ricerca della tragedia perduta
Ifigenia, nel momento in cui veniva sacrificata in Aulide perché la flotta greca potesse partire felicemente per la guerra di Troia, era stata sostituita dalla dea Artemide con una cerva e mentre tutti la credevano morta, trasferita nella barbara regione dei Tauri, sul Mar Nero, come sacerdotessa della stessa dea e ministra di un rito che impone l'uccisione di tutti i forestieri lì giunti. Arriva suo fratello Oreste, accompagnato da Pilade, per rubare e portare in Grecia, per ordine del dio Apollo, la statua di Artemide. I due sono presi prigionieri e devono essere sacrificati, ma Ifigenia, che non li conosce, decide di lasciar fuggire uno dei due (e Oreste persuade Pilade ad accettare) perché porti un suo messaggio in patria. Nel timore, espresso da Pilade, che la lettera possa andare perduta, Ifigenia ne recita il contenuto: si apprende così che destinatario è proprio il fratello Oreste in Argo, al quale la fanciulla chiede che venga a prenderla per ricondurla in patria. In questo modo avviene il riconoscimento, dopo di ché si architetta e realizza un ingegnoso disegno di fuga: facendo credere a Toante che i due prigionieri siano contaminati, Ifigenia li conduce sulla riva del mare per purificarli insieme con la statua della dea. I tre s'imbarcano sulla nave greca e fuggono, mentre la dea Atena appare sulla scena e ordina a Toante di non inseguirli e di liberare le schiave greche che compongono il coro; ordina inoltre ad Oreste di portare la sorella a Brauron, dove essa sarà sacerdotessa di un nuovo culto senza vittime umane.
Alla ricerca della Tragedia perduta
Oggi. A Siracusa, nel Teatro greco, fra pietre abbattute e corrose su cui sono passati venticinque secoli. Giovani ricercatori stanno lavorando, conficcano nel terreno una sottile sonda, puliscono e accarezzano cocci per loro preziosi, misurano, scavano. Lontano il lamento orientale di una ninna-nanna siciliana. Poi da uno scavo estraggono un' antica statua - una piccola Artemide lignea - e religiosamente la depongono su una pietra. E da quelle stesse pietre nasceranno immagini di una agognata “grecità” - Ifigenia, come Artemide, dalle viscere della terra - Oreste da un dirupo periglioso, da un lontano vagare inseguito da Erinni, spinto dal tramontante Febo - da alberi lontani le fanciulle del coro fluttuanti fra veli di sogno e rimpianto. E quelle pietre aspre diverranno l'arida terra dei Tauri battuta dai venti, fra quelle pietre cercheranno rifugio le prigioniere greche, sotto quelle pietre si celebrerà il rito di un barbaro culto. Le antiche pietre, e il sole di sempre, e la luce e l'ombra, e l'uomo. E dopo non sarà nemmeno necessario definire un'età e un luogo. Basterà esprimere, con le parole di Euripide, la tragedia di vivere. E la caparbia, disperata consapevolezza della necessità di vivere: “Ciò che è necessario procede al disopra di te al disopra di tutti, i mortali e gli immortali”. E quando, alla fine, l'unico intervento “filologico” - l'inutile “deus ex machina” - spezzerà il cristallo del sogno, la dura e fredda realtà sarà confortata - forse - dal calore della conoscenza.
LAMBERTO PUGGELLI