Il Teatro Carcano di Milano presenta:
Il berretto a sonagli (1999)
Di Luigi Pirandello
- Interpreti principali: Giulio Bosetti, Marina Bonfigli, Elena Ghiaurov, Anna Priori, Francesco Sala, Relda Ridoni
- Scena: Nicola Rubetelli
- Costumi: Carla Ricotti
- Regia: Giulio Bosetti
Link Wikipedia
Foto di scena
Programma di sala (pagine 32)
- Quattro letture per il berretto a sonagli
- Da La Verità a Certi Obblighi
- Musco 'A birritta cu i ciancianeddi'
- Lettera di Pirandello a Martoglio
- Giulio Bosetti: 50 anni con Pirandello
- Il cast
- Fotografie di Angelo Redaelli
Giulio Bosetti: 50 anni con Pirandello
Giulio Bosetti: 50 con Pirandello "Quello dell'incontro e del rapporto con il personaggio è certamente uno degli aspetti più affascinanti del mestiere dell'attore. Noi attori sul palcoscenico siamo dei professionisti, degli artigiani, che cercano d'incarnare la parola dell'autore immedesimandosi in un personaggio che è dapprima straniero, lontano, e poi, nel lungo lavoro delle prove, ci diviene man mano sempre più familiare sino all'attimo rivelatore in cui lo scorgiamo in noi stessi, lo riconosciamo. E' in quell'istante irripetibile che il personaggio a lungo cercato appare finalmente con un 'evidenza completa, totale."
Giulio Bosetti
A scorrere la biografia di Giulio Bosetti, dove spiccano il Cecov del Gabbiano al Teatro della Cometa di Roma con Andreina Pagnani e Valeria Moriconi, un Edipo re diretto da Orazio Costa a fianco di Franca Nuti, Il bugiardo di Goldoni diretto da Gianfranco De Bosio, lo splendido Assassino senza movente di Ionesco messo in scena da Josè Quaglio, Vita e morte di Re Giovanni allo Stabile di Torino firmato da Aldo Trionfo (con Paola Borboni e Corrado Pani) e Svevo, Kafka, Eliot, insieme ai Goldoni e ai Molière della sua compagnia Teatro Mobile portati per una quindicina d'anni in giro per l'Italia insieme a Marina Bonfigli, si impone subito il nome del nostro massimo autore e dei grandi personaggi della sua vasta produzione. E' il 1949 quando insieme ad alcuni compagni dell'Accademia "Silvio D'Amico" porta in giro in Calabria Vestire gli ignudi con la regia di Tonino Marando: con lui, nel ruolo del tenentino Laspiga, c'è Wanda Cardamone, Fernando Cajati (Grotti) e Diego Michelotti (Ludovico Nota). Nel 1953 è Il Figlio nei Sei personaggi diretti da Gianfranco De Bosio in una edizione con le maschere di Amleto Sartori al Teatro dell'Università di Padova, ancora con Wanda Cardamone, Ottorino Guerrini (Il Padre) e Marisa Fabbri (Madama Pace) e nella stagione '57/'58 è Memmo Speranza in Ma non è una cosa seria allo Stabile di Trieste (con Marisa Mantovani, regia di Carlo Lodovici) e ancora Laspiga in Vestire gli ignudi a Taormina diretto da Giovanni Cutrufelli. Il passaggio ai ruoli maturi avviene con il marito de La morsa nel '66: con lui ci sono Giulia Lazzarini e Antonio Salines ed è proprio nella lucidità raziocinante del personaggio di Andrea Fabbri che Bosetti trova la corda pirandelliana che lo porta a Romeo Daddi di Non si sa come: nella messinscena astoricizzata di José Quaglio, una semplice pedana con quattro elementi di rialzo e un fondale nero Pirandello è allontanato dai confini italiani e avvicinato a Ibsen e Strindberg. Per le recite a Roma, al Teatro Quirino, Nicola Chiaromonte sul "Mondo" dedica a questo lungo dialogo fra adulteri una acuta recensione che plaude alla scelta registica "dopo molte inutili storicizzazioni che si son viste da quando (non molti anni fa) i nostri uomini di teatro si sono di nuovo accorti dell' esistenza di un drammaturgo di nome Luigi Pirandello. E se ne sono accorti spesso in una disposizione d'animo sardonica e distanziata tipicamente italiana insistendo a fissare Pirandello negli anni Venti, con tutti i sottintesi che ciò comportava quanto ai limiti della sua vitalità (...) Nella messinscena di Josè Quaglio e nell'ottima interpretazione di Bosetti, Annamaria Gherardi, Gianfranco Ombuen, Relda Ridoni e Giampiero Becherelli, Non si sa come diventa quello che essenzialmente è: un dramma affidato alla parola e a pochi gesti. E, in questo, naturalmente emerge la bravura di Bosetti, cui è affidata non solo la parte principale, ma il dramma tutto intero. E' dalla forza convincente del suo delirio raziocinante che dipende la tensione o il rilassamento dell'azione". La sessualità repressa di Romeo Daddi che scoppia improvvisa a travolgerlo "sotto quella vampa di sole maledetto" porta conseguentemente al ruolo del Padre dei Sei personaggi (1976-77, regia di Bosetti con Patrizia Milani e 1982-85, regia di Patroni Griffi, con Lina Sastri prima e poi con Laura Marinoni): una lunga gestazione nella quale si saldano in una felice combinazione ancora il Non si sa come (1977-'79) e Tutto per bene (1980-'86): "Giulio Bosetti si porta dietro da sette anni l'incubo di questo personaggio, Il Padre. Ma come l'ha approfondito dal tempo di quella sua prima interpretazione nel '76! Ora ne fa non soltanto un lucido e commosso "raisonneur" ma una creatura angosciata che staglia nel gran vuoto del palcoscenico fra ombre dell'immaginazione e mediocri apparenze della realtà, quei suoi toni ossessivi e una magra, nevrotica silhouette. Si accosta, per disperata lucidità, all'interpretazione di Valli; ma tenta, forse inconsapevolmente, una risalita più indietro, all'inarrivabile Ricci degli anni Quaranta" scriveva Roberto De Monticelli sul "Corriere della Sera" del lO marzo '83 attento a disegnare una linea interpretati va dell' Attore del Novecento; due anni dopo gli faceva eco Giorgio Prosperi sul "Tempo" per Martino Lori di Tutto per bene: "Sono tornato a vedere Tutto per bene di Pirandello che la Compagnia Teatro Mobile presenta al Giulio Cesare, per due principali ragioni: la prima era di verificare la maturità completa di un attore, Giulio Bosetti, che mi sembra abbia raggiunto una perfetta identità con se stesso; la seconda di vedere all'opera la nuova interprete della figlia, Emanuela Moschin (...) Debbo dire che la giovane Moschin, con il suo fisico robusto e in qualche momento persino duro, esprime con bella chiarezza la perfetta educazione formale, mista a una certa rozzezza sentimentale, che le derivano dal padre (Gastone), secondo natura, e che si trasformano in una vera onda affettiva dopo la liberazione. Ciò che creava un impatto sorprendente con un Bosetti alto, magro, asciutto, aristocraticamente e quasi duramente pudico di sentimenti, ciò che rende tanto più strazianti i secchi e convulsi singhiozzi al momento dell'atroce rivelazione. Come immagine vicaria della madre e ombra del traditore, la figlia scuote il nitido e fragile pioppo del padre, senza che si snodi una sola sillaba "cantata". Questa è la nota più alta dell' arte di Bosetti: saper prosciugare per sé e per gli altri il plateale debordare del sentimento, ridurlo ad un' alta concentrazione". Intanto il mezzo televisivo gli aveva offerto ancora Memmo Speranza con Valentina Fortunato, Ferrante Morli ne La signora Morli, una e due con Adriana Asti e il console Grotti di Vestire gli ignudi con Ileana Ghione. Fatale l'appuntamento con Enrico IV: qui la solitudine offesa e masochisticamente gustata del nobile che si risveglia a un banchetto ormai consumato portava in superficie con il peso evidente degli anni (indimenticabile quella figura spoglia, quasi nuda, avvolta in un grande lenzuolo-camicia di forza che irrompe ad un tratto dalla porta celata nella parete) un grumo di rancorosa rivalsa, di cattiveria invelenita, una nota nuova nella recitazione di Bosetti, ben sviluppata poi nel Pozzo di Aspettando Godot. Mancava solo Il Ciampa, dunque: questa figura dove l'amore e la celata sessualità grida silenziosamente e disperatamente, dove la condizione umile e il lavoro (leggi "la fame") devono piegarsi al potere degli altri, dove una capacità e una sensibilità di scrittura sono deluse e costrette a trovare una ragione di vita nella maschera silenziosamente ossequi ente e apparentemente sussiegosa di "scrivano con l'insegna". Pirandello nel 1916 (ma era necessario in quel tempo) insisteva con Martoglio sulla truccatura volutamente esibizionistica che doveva avere Il Ciampa… Dove avrà trovato quel nome? ...in una poesia di Pascoli.