Claudio Scaffidi presenta:
La bella e la bestia (1987)
Di Luigi Lunari
- Interpreti: Giuseppe Pambieri, Lia Tanzi, Andrea Bosic, Edoardo Borioli, Riccardo Mantani Renzi, Paola Migneco, Alessandra Costanzo, Dario Simonetto, Danilo Cassina
- Musiche: Pino Calvi
- Scene e costumi: Paolo Bregni
- Regia: Lamberto Puggelli
Link Wikipedia
- Giuseppe Pambieri - Lia Tanzi - Foto di scena
Programma di sala (pagine 24)
- Domande e risposte (Lamberto Puggelli)
- Istruzioni per l'uso (Luigi Lunari)
- Un teatro educativo (Marcello Cesa Bianchi)
- Un calcio femminile al principe azzurro (Armanda Guiducci)
- Modello di un'evoluzione (Annalisa Chierici)
- Fotografie di Maurizio Casati
Istruzioni per l'uso
Questa divagazione sul tema de La Bella e La Bestia è stata pensata e scritta nel 1987, e dunque anche alla luce di quella reinterpretazione della fiaba che la psicoanalisi ha condotto in quest'ultimi decenni. In estrema sintesi: le fiabe sono viste come espressioni dell'inconscio collettivo, che fungono da strumenti di crescita della psicologia individuale. Nel caso specifico de La Bella e la Bestia, la fiaba - che appartiene al ciclo dello sposo-animale - "serve" a superare nell'individuo un originario orrore per il sesso e a dirottare verso un partner l'attrazione esercitata dal genitore di sesso opposto. Queste fiabe - scrive Bettelheim - " insegnano semplicemente che per amare è assolutamente necessario un mutamento radicale dei precedenti atteggiamenti circa il sesso .... Ciò che (nell'infanzia) era stato avvertito come pericoloso e ripugnante, come qualcosa da evitare, deve mutare le proprie sembianze così da essere percepito come qualcosa di realmente meraviglioso. Ciò che deve accadere è espresso, come sempre nelle fiabe, tramite un'immagine di enorme efficacia: un animale è trasformato in una persona bellissima .... A trasformare l'animale sono l'affetto e la devozione dell'eroina. Perchè la ragazza possa amare in modo pieno il suo partner, deve essere in grado di trasferire su di lui il suo partner anteriore, infantile attaccamento a suo padre. La Bella si unisce alla Bestia in virtù del suo amore per il padre (e cioè sacrificandosi per lui, per salvargli la vita), ma il suo amore, maturandosi, muta il suo oggetto principale, per quanto non senza difficoltà, come dice la storia. Alla fine, grazie al suo amore, sia il padre sia il marito sono restituiti alla vita. Se è necessaria un'ulteriore conferma di quest'interpretazione del significato della storia, questa conferma è fornita dal particolare della Bella che chiede a suo padre di portarle una rosa (simbolo della verginità), e dalla circostanza che egli rischia la vita per soddisfare il suo desiderio. Quando le esigenze della Bestia si scontrano con l'amore della Bella per il padre, essa abbandona la Bestia per assistere il genitore. Ma poi si rende conto di quanto ami la Bestia: e soltanto dopo che essa decide di lasciare la casa di suo padre per ricongiungersi con la Bestia - cioè dopo aver risolto i suoi legami edipici con suo padre - il sesso, che prima era ripugnante, diventa meraviglioso. " Questo dice Bettelheim, che qui peraltro ho brutalmente riassunto. Ma c'è un piccola ulteriore considerazione da fare: il lettore della fiaba è certamente contento che la Bestia si trasformi in un uomo bellissimo, cioè - fuor di metafora, o meglio: fuor di fiaba - che la Bella si riconcili con un senso di sano gradimento sessuale. Ma perchè non ipotizzare - da un altro punto di vista, ma in questa stessa cornice - la Bella si sia innamorata di "quella" persona, e che dunque ami ormai il proprio partner? Perchè allora dovrebbe essere "premiata" dalla trasformazione della Bestia in un Principe Azzurro? È bello ciò che è bello, o è bello ciò che piace? E infatti, nel film che Cocteau ha tratto dalla fiaba, nel 1944, c'è un dettaglio illuminante: quando la Bestia si trasforma nel Principe Azzurro, egli chiede alla Bella: "Non sei contenta?" E la Bella gli risponde: "Vedrò di abituarmi." Quello dunque che questo testo innova sulla favola, nasce in un certo senso da questo spiraglio aperto da Cocteau. Immaginiamo che la "mia" Bella - questa Bella Anderson collocata nel 1901, all'inizio del secolo, tra la morte della regina Vittoria e la nascita della psicanalisi - risolva le contraddizioni nascenti dall'orrore e dall'attrazione per il sesso, creando si un proprio mondo di fantasia in cui vivere la propria contraddizione, dando libero sfogo alla propria "libido"; oppure, forse più esattamente, alle proprie (innocenti) libidini. Essa fa questo, ovviamente, su schemi che vengono forniti dal proprio patrimonio culturale: sarà dunque la piccola Licia di Quo Vadis tra le grinfie del perfido Nerone, la piccola Carlotta Corday tra le grinfie del perfido Robespierre, e via dicendo: dove il "perfido" è sempre la Bestia, che si presta ai suoi giochi, come in una strana "Mille e una notte". Alla fine, quando Bella supera il proprio "complesso di Edipo" (o "di Elettra" che dir si voglia) nei riguardi del padre, essa è certo pronta a sposare il devoto tenente Archibald Fairchild, che non le apparirà più il "mamo" di prima, bensì un uomo a tutto titolo. Ma perchè rinunciare alle fantasie della giovinezza? Perchè "cercare di abituarsi" come l'eroina di Cocteau? Ecco allora che - come la signora FIo di Jorge Amado - nella sua tranquilla e indubitabile esistenza di sposa esemplare e devota, Bella si porta dietro le antiche fantasie. Come nelle fiabe essa vivrà davvero - grazie anche a questo - felice e contenta. Senza rinunciare a quella componente animalesca, "bestiale", che il nostro perbenismo colora di un senso negativo, ma che è in realtà un misterioso, insostituibile sottofondo del nostro essere più autentico e innocente, da conservare come una cosa preziosa, senza vergogne e meno che mai tentando di sopprimerlo. Anche perchè non è detto che, a tentar di sopprimerlo, non esploda poi al di là del lecito, del giusto, dell'opportuno. Del resto, la Bestia glielo aveva detto, circa a metà dell'atto secondo, tra una fantasia e l'altra della Bella: "Anche L'Uomo è una Bestia: è stato "soltanto" una bestia per milioni e milioni di anni: poi è cresciuto, certo, ma dentro di lui la bestia è rimasta, e quale che sia il castello prezioso in cui è andato ad abitare, la bestia c'è andata con lui. E non è la sua parte peggiore, credimi! È la più ingenua, la più onesta: quella che ancora non ha lasciato il giardino dell'Eden, e ancora non distingue il bene dal male ... perchè il male per lei non esiste."
LUIGI LUNARI