Teatro Indipendente diretto da Maurizio Scaparro presenta:
La professione della signora Warren (1967)
Due tempi di Bernard Shaw
- Interpreti: Laura Adani, Renzo Giovampietro, Ruggero Miti, Ada Maria Serra Zanetti, Elio Zamuto, Carlo Bagno
- Traduzione: Paola Ojetti
- Musiche: Roman Vlad
- Scene e Costumi: Franco Laurenti
- Regia: Roberto Guicciardini
Programma di sala del Teatro Duse di Bologna (pagine 4)
- Vivezza e attualità di G.B. Shaw
- Il circuito E.T.I.
Vivezza e arttualità di G.B. Shaw
Un autore che non si dimentica. Non passa stagione che George Bernard Shaw non ritorni sugli scudi. E non solo per quei fattori politico-sociali che caratterizzano l'intera sua produzione ma anche e soprattutto per la vivezza estetica ed i nuovi, opportuni ripensa menti che della sua opera si possono fare in sede critica. Superato infatti l'appariscente impronta di incondizionata ribellione a schemi, strutture, geometri e fisse, prima, autentica innovazione del suo teatro, l'attenzione dello spettatore si può, con maggiore serenità obiettiva, rivolgere alla sua incommensurabile padronanza della scena, allo scoppiettante succedersi, abilmente dosato, delle situazioni le più paradossali, ad un dialogo tecnicamente perfetto, pregno di pungente sarcasmo e sferzante derisione per tutti gli istituti più tradizionali dal matrimonio alla rispettabilità di classe, dai partiti politici alla morale comune. Con l'abilità di un prestigiatore Shaw crea atmosfere patetiche, vere, dove la autenticità del dolore è palpabile e d'improvviso, con una disinvoltura che rasenta l'irrazionalità, rovescia il tessuto drammatico del testo costringendo lo spettatore, ancora con la lacrima che scende sul viso, a ridere di questo suo eccessivo sentimentalismo, a scuotere sorridendo il capo per poi prorompere in una allegra, definitiva risata. Pur essendo il teatro di G. B. S. uno strumento atto a colpire i difetti e gli abusi di, una intera struttura sociale e politica l'opera di Shaw supera da sola questo limite che è anche la caratteristica più appariscente ma non essenziale della dimensione contenutistica dei testi. Il cinismo infatti non sostiene mai per intero la fase polemica che si instaura ogni qual volta la scena accoglie una sua commedia, molte volte esso è superato come superate sono tutte le anse intellettuali o intellettualistiche che lo deformano costringendolo in un fregoliano succedersi di trasmutazioni. Rileva giustamente Silvio D'Amico che molte volte le conclusioni sono più desolate che ciniche. E proprio a proposito de “La professione della signora Warren” D'Amico ribadisce il concetto affermando che il punto di arrivo del dramma di Shaw è determinato dal fatto che la stessa “morale” dei suoi spiriti più eletti, quelli che s'immaginano di ribellarsi ai compromessi ed alle turpitudini, è figlia diretta di quei compromessi e di quelle turpitudini: ossia di una educazione, di una cultura, di un costume raffinato resi possibili precisamente dal denaro accumulato a quel modo. Nonostante la presenza di un certo determinismo o materialismo restano tuttavia accennati i caratteri che nel disegno sicuro e nel taglio aspro dei dialoghi e delle geometri e sceniche trovano un vigore ben difficilmente riscontrabile negli autori che sono venuti poi. Con l'uso e l'abuso dell'inversione, buttando all'aria tutta una tradizione Shaw ha anche centrato i temi, i motivi centrali delle sue commedie fondendo così in un sapiente, nuovo mixage la assoluta modernità delle formule con una nuova rielaborazione, più corrosiva e ficcante, delle idee. Per questa perfetta simbiosi, taumaturgico elisir di lunga vita, G. B. Shaw è un autore che non si dimentica.