Il Piccolo Teatro della Città di Milano presenta:
L'Anitra Selvatica (1962)
Cinque atti di Henrik Ibsen
- Interpreti principali: Roberto Herlitzka, Franco Graziosi, Manlio Busoni, Renato De Carmine, Gabriella Giacobbe, Emanuela Fallini
- Traduzione: Alfhild Motzfeldt
- Musiche: Roman Vlad
- Scene e Costumi: Valeria Costa
- Regia: Orazio Costa Giovangigli
Programma di sala (pagine 40)
- La stagione 1962/1963
- Cronistoria dell'Anatra
- Henrik Ibsen
- Un'altra verità
- Sull'Anitra Selvatica (Orazio Costa Giovangigli)
- La caduta dell'eroe (Scipio Slataper)
- Un massacro del pseudo Ibsenismo (G.B. Shaw)
- Nota biografica
- Il Cast
Cronistoria dell'Anatra
La prima allusione all'Anitra Selvatica negli scritti di Ibsen è in una lettera che egli inviò all'amico George Brande, da Roma il 12 luglio 1383. Ibsen aveva allora cinquantacinque anni e da quasi vent'anni aveva lasciato la Norvegia; in Italia, a Roma, aveva trovato la quieta atmosfera in cui meglio poter svolgere la sua attività di drammaturgo ormai affermatissimo in patria e alle soglie di una definitiva affermazione europea. Durante le prime settimane del 1883 aveva condotto a termine Un nemico del popolo, ma non era passato molto tempo prima che la fantasia tornasse a suggerirgli nuovi spunti drammatici. “In questo momento - scrive dunque a Brandes il 12 luglio di quell'anno - sto agitando nella mia mente una nuova opera drammatica in quattro atti. Di tanto in tanto una quantità di bizzarrie mi si raccolgono nel cervello, ed io devo pure trovar loro una via d'uscita”. Passa quasi un anno prima che le “bizzarrie” (così: “galskab”, Ibsen definisce sempre le sue idee per un dramma) si precisino ed acquistino contorni ben definiti: “Per tutto l'inverno - scrive a Tbeodor Caspari il 27 giugno del 1884 - ho ponderato alcune mie nuove bizzarrie, ed ho lottato con esse finché non sono riuscito a dar loro forma drammatica in un lavoro in cinque atti che ho testè terminato; di cui ho terminato, cioè, una prima rozza stesura. Ora viene la fase di una più delicata elaborazione e di una energica individualizzazione dei caratteri e dei loro modi espressivi. Andrò a cercare la quiete e la solitudine necessarie a questo lavoro a Gossensass, nel Tirolo”. Due mesi dopo il dramma ha assunto la sua veste definitiva ed ha trovato un titolo: “Qui accluso - scrive Ibsen il 2 settembre da Gossensass all'editore Hegel - troverà il manoscritto della mia nuova opera, L'Anitra Selvatica, che mi ha occupato quotidianamente per gli ultimi quattro mesi e dalla quale non posso separarmi senza un senso di malinconia. Durante la lunga diuturna dimestichezza con i personaggi di questo lavoro, io mi sono affezionato a loro, malgrado le loro molte fragilità. Comunque; spero che essi possano trovare dei buoni e cari amici tra il grande pubblico dei lettori, e anche tra gli attori, ai quali tutti, senza eccezioni, offre problemi che val la pena risolvere. Ma lo studio e la presentazione di questi personaggi non sarà facile... Questa nuova opera occupa in un certo senso un posto particolare nella mia produzione drammatica; il modo con cui si sviluppa è per molti aspetti opposto rispetto al modo con cui si sviluppano le mie opere precedenti. Ma non voglio dir altro a questo proposito. I critici indicheranno senza dubbio i punti in questione, e troveranno molto su cui litigare e molto da interpretare. Inoltre, penso che L'Anitra Selvatica possa forse indirizzare i nostri giovani drammaturghi verso nuove direzioni, il che ritengo sia auspicabile”. L'Anitra Selvatica venne pubblicata l'11 novembre di quello stesso anno ed immediatamente figurò nei cartelloni dei più importanti teatri scandinavi: La prima assoluta ebbe luogo al teatro Norvegese di Bergen il 9 gennaio del 1885; seguirono in quello stesso anno il Teatro Reale di Cristiania (11 gennaio), il Teatro di Helsingfors in Finlandia (16 gennaio), il Teatro Reale di Stoccolma (30 gennaio), il Teatro Reale di Copenhagen (22 febbraio). Nel 1888 L'Anitra Selvatica venne presentata al Residenz Theater di Berlino, nell'89 allo Stadttheater di Bema, nell'aprile del '91 Antoine ne diede al Théàtre Libre di Parigi la prima realizzazione francese e pochi mesi dopo - il 26 settembre - Ermete Novelli la presentò per la prima volta al pubblico italiano al Teatro Filodrammatici di Milano. Dappertutto, al suo primo apparire, il dramma creò una grande impressione, ma né si ;può parlare di vero successo di pubblico né si può dire che molti critici l'abbiano saputa comprendere. “Oscura, incoerente, insopportabile” la definisce Sarcey all'indomani della prima parigina; ma riconosce che l'opera ha comunque esercitato “una profonda impressione”. A Londra Clement Scott è ancora più brusco: “Fare tanto chiasso attorno ad una cosa tanto debole vuol dire insultare la letteratura drammatica e oltraggiare il buon senso”; ma anche a Londra, al di là di una precisa e vera comprensione, l'opera non manca di suscitare emozione. La stessa cosa avviene in Italia, dove peraltro Ibsen trova in Giovanni Pozza un critico più aperto in questo caso dei Sarcey e degli Scott: “Il dramma - scrive Pozza commentando la prima - fu applaudito assai più ch'io non sperassi. Fu però compreso assai meno di quanto credevo ... Il pubblico giudicò L'Anitra Selvatica coi medesimi criteri coi quali suol giudicare uno scherzo di Gandolin o una pochade francese... Piacquero alcune scene d'ambiente, commossore alcune scene drammatiche; ma quanto nel dramma esce dalle proporzioni della drammatica da repertorio e mostra più evidenti i caratteri della originalità rimase incompreso come un enigma e fu deriso come un controsenso”. E sei anni dopo, in Inghilterra, le ragioni dell'incomprensione risiedono nella stessa, pigra acquiescenza ai moduli tradizionali del teatro: “Il dramma - scrive Shaw - è semplice e piano come la storia di Cappuccetto Rosso, per chiunque vi si accosti fresco di vita anziché rancido di teatro”. Certo troppo avanti rispetto ai suoi tempi, inconsueta nel quadro generale dell'opera dello stesso Ibsen, all'Anitra Selvatica fece comunque giustizia la riflessione della critica ed il galantomismo del tempo: Shaw in Inghilterra, Slataper in Italia, Lugnè-Poe in Francia svolsero quel lavoro di approfondimento e di chiarificazione critica che dopo poco rendeva possibile all'Anitra assumere il posto che le spettava tra i massimi capolavori del teatro moderno, ed al pubblico stesso vedervi - come scrive Slataper - “una delle più belle e più fresche opere di Ibsen”.