Il Piccolo Teatro della Città di Milano presenta al Teatro Lirico:
Le baruffe chiozzotte (1964)
Di Carlo Goldoni
- Interpreti principali: Lina Volonghi, Carla Gravina, Corrado Pani, Gianni Garko, Gianfranco Mauri, Elio Crovetto, Tino Scotti, Giulio Brogi, Anna Maestri, Ottavia Piccolo, Donatella Ceccarello, Mario Valdemarin, Vigilio Gottardi, Gaetano Fusari
- Musiche: Fiorenzo Carpi
- Coreografia: Rosita Lupi
- Scene e Costumi: Luciano Damiani
- Regia: Giorgio Strehler
Programma di sala (pagine 44)
- Presentazione
- La critica moderna sulle baruffe (Dazzi - Pambieri)
- Uno spettatore settecentesco (V. Goethr)
- Appunti per le baruffe (Giorgio Strehler)
- I bozzetti dei costumi
Presentazione
Sul cartellone del Piccolo Teatro Carlo Goldoni ritorna con la più inimitabile delle sue commedie: “Le baruffe chiozzotte “. Rappresentata per la prima volta nel carnevale del 1762, essa è l'ultima opera che il Goldoni scrisse prima di lasciare per sempre Venezia per la Francia, se si eccettua “Una delle ultime sere di carnevale”, autobiografica e commossa allegoria della partenza, che però si colloca già nel clima spirituale del distacco. “Le baruffe chiozzotte” è nella storia del teatro la prima opera in cui il popolo compare in scena in veste di protagonista, ritratto con colori equi di virtù e debolezze umane. Un'opera di questo genere - scrisse Goethe – “non può riuscire che ad un artista il quale viva direttamente in mezzo al suo popolo”. E infatti, partito da Venezia, Goldoni non tornerà più a questa altezza di poesia: e la fantasia, la conoscenza tecnica, l'impegno morale stesso rimarranno inanimati nelle sue opere successive, ripetizioni sterili di un mondo poetico ormai tutto enunciato. Ma vi è da chiedersi se la lontananza sia davvero una causa, o non piuttosto un pretesto, una concomitanza casuale e poco o nulla significativa. Vi è da chiedersi - se anche fosse rimasto “in mezzo al suo popolo” - se gli sarebbe stato oggettivamente, storicamente possibile continuare su quella strada e spingersi oltre. Se è vero che il grande poeta giunge sempre a dare alla sua opera un contenuto stimolante nei confronti della realtà, temi e toni precorritori di possibilità umane e sociali appena enunciate nel presente, è vero anche che le anticipazioni non possono superare un certo rapporto con la realtà più visibile, più comune e più accettata, senza con questo perdersi in un'evasione non meno sterile e vuota che la stanca ripetizione di forme e temi di un passato morto. E in effetti, con. le “Baruffe” Goldoni esaurisce la gamma possibile dei tipi umani e dei livelli sociali che il suo mondo e il suo popolo gli offrivano. Oltre le “Baruffe” non era possibile andare, senza cadere nell'utopia, senza anticipare troppo, senza contravvenire ai principi stessi del grande realismo. La partenza per Parigi è un dato che interessa dunque forse più la storia esterna della vita del Goldoni che non quella intima ed ideale della sua opera poetica. A meno che essa non costituisca addirittura il supremo,inconfessato e inconscio alibi di un poeta che a cinquantasette anni, al vertice della maturità, dopo aver compiuto la grande rivoluzione del teatro borghese, si trovi impedito dal lento cammino della storia a compiere una seconda rivoluzione, intuita forse ma ancora impossibile. “Le baruffe chiozzotte” sul cartellone del Piccolo Teatro si ricollegano dunque alla “Trilogia della villeggiatura”, facendo seguire al grande quadro di una società ben definita e matura l'immagine anticipatrice di una società umile e dimessa che va acquistando coscienza della propria intima ricchezza.