La Compagnia del Teatro Eliseo diretta da Pietro Scharoff e Gino Cervi presenta:
Le allegri comari di Windsor (1939)
Di William Shakespeare
- Interpreti: Gno Cervi, Andreina Pagnani, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Amelia Chellini, Guglielmo Barnabò, Mario Pisu, Aroldo Tieri, Franca Bertramo, Mila Papa, Barbara Landi, Vera Furlan, Carlo Minello, Lidia Incoccia, Renato Navarrini, Ettore Masi, Alberto Benini, Derio Caronti, Ezio Rossi, Francesco Rissone, Paolo Porta
- Adattamenti musicali: Gian Luca Tocchi
- Scene: Nicola Benois
- Costumi: Benois e Grandi
- Regia: Pietro Scharoff
Programma di sala (pagine 16)
- La Compagnia del Teatro Eliseo
- Le allegre comari di windsor (Emilio Cecchi)
- Regia e messa in scena
- Le musiche
- I bozzetti delle scene e dei costumi
- Il cast completo
- Fotografie
Le allegri comari di Windsor
Le allegre comari di Windsor "The merry wives of Windsor" che Ia Compagnia del teatro Eliseo presenta in una nuova versione itetliana, e con regìa cli Pietro Scharoff, sono state sempre fra le commedie di Shakespeare più richieste ed applaudite. Nella Ioro pima stampa, ch'è l'in-quarto del 1602, già si attesta ch'erano "spesso recitate alla presenza reale, come altrove". E la loro popolarità ininterrotta ci dispensa dall'entrare in merito al soggetto,, conosciutissimo; nel quale sono spunti dalle Notti dello Straparola, mentre l'episodio dell'uomo nascosto "in un monte di panni da bucato", sembra tolto da una novella del Pecorone. E' tradizione che Ia commedia fosse scritta e riessa in scena da Shakespeare in appena quindici giorni, per ubbidire a un ordine della regina Elisabetta, la quale voleva rivedere sul teatro quel Falstaff che molto l'aveva divertita, due o tre anni avanti, nelIe parti prinra e seconda dell'Enrico IV. Non c'è motivo che la tradizione non sia vera. Non c'è motivo di deplorare, come alcuni, che con questa fretta nel comporre, lo Shakespeare quasi mancasse di rispettoal proprio genio. Nei drammaturghi spagnuoli, in Mozart e Rossini e Bellini, è spessu una furia consimile. I critici che se Ia sentono, piglino pure tutto il tempo che vogliono, e facciano meglio loro. Ma varrebbe piuttosto Ia pena di ripensare al momento nel quale Ie Comari furono gettate sulle carte che, ancor umide di inchiostro, un fattorino, sirnile- al paggio Robin del povero Falstaff, portava di corsa agli attori che provavano. Con uno scarto di appena due o tre anni fra le opinioni più dlvergenti, Ia cronologia delle Comari è stabilita. Il Malone (1821), il Furnivall (1877), il Masiefeld (1911), e il più autorevole dei modernissirni, lo Charmbers (1930), pongono la composizione di questa commedia fra il 1598 e il 1601. Era esattamente l'epoca in cui furono scritti l'Amleto e il Giulio Cesare. Se Shakespeare voleva mancare di rispetto al proprio talento, bisogna proprio dire che aveva scelto il momento buono. Egli dominava incontrastato la scena contemporanea, come di lì avrebbe dominato la scena dei secoli, Aveva allora toccato, o stava per toccare, la suprema cima della poesia. Mai Ia sua arte era stata così libera, audace, profonda. Aveva consumato le sue decisive esperienze. Ricordiamoci quella parola di Nietzsche, che se ne intendeva di genii e di poesia, quando disse, e alludeva appunto agli scherzi, alle licenze, alla carnale sfrenatezza di "divertimenti"» come le Comari: "Quanto dovè aver sofferto un uomo simile, per aver bisogno di fare il buffone a questa maniera". La penna con la quale furorro scritte le Comari è la stessa del Cesare e dell'Amleto. E il riso delle Comari, e delle commedie sorelle, ha soltanto riscontro nel riso del più segreto confidente di Platone: il divino Aristofane. Gli spettatori che intendono di divertirsi, sanno insomma che lo possono fare con animo tranquillo, e con tutte le garanzie della critica più acuta e più dotta. Sulla massiccia comicità d'opere come questa, il Coleridge ha fra le sue pagine più suggestive. L'irascibile Hazlitt aveva ben capito quante difficoltà si frapponevano ad una resurrezione di Falstaff; ma commentando le figure del geloso, della mezzana, del parroco, e di quel cretino di Slender, nessuno ebbe mano più felice della sua. E tanto egli era affezionato al Falstaff delle Comari, che nel 1816, per una recita del famoso Kemble che non Io convinse, scrisse uno dei suoi attacchi più crudi e spiritosi. Passando ai tedeschi, potrebbe sembrare che, fra i grando romantici, alle Comari lo Schlegel dovesse rimanere un po' accigliato e sospeso; mentre non finisce mai di esclamare, e di gran cuore: che vena, che brio, che genio a diciotto carati! Ed ecco l'opinione di un nostro contemporaneo, il Masefield: "Scritte in fretta quanto vi pare, le Comari traboccano d'energia istintiva. La gente vi s'urta e fermenta, in un tripudio di spiriti animali. E' questa I'unicia commedia shakespeariana che tratta esclusivamente, e con qual verità. della vita rustica inglese, così immutata... In pochi anni, Shakespeare aveva prodotto un'immensa quantità di lavoro. Era in quel punto critico che separa la contemplazione dalla visione, il buono dall'ottimo, e il grande dal sublime. Tutti gli scrittori, secondo le proprie forze, arrivano ad un punto simile; pochi riescono a oltrepassarlo. Le Comari segnano per Shakespeare questo limite, nell'imminenza delle opere suplenìe". Non vorremmo offuscare una serata di divertimento con una troppo Iunga salmodia di giudizi letterari. E ci basti concludere con il massimo calibro del classicismo britannico nel Settecento: il dottor Johnson: accademico, ma illuminato; prudentissimo, ma senza peli sulla lingua: che non si perita a indicare mancanze e sbavature perfino in Amleto e Antonio e Cleopatra. E che cosa dice il dottor Johnson, delle Comari? "Eccelle, questa commedia, per Ia varietà e numero delle figure, con caratteri più definiti e scrutati che forse qualunque altra. Lo svolgimento è talvolta difettoso. Ci son parti che potrebbero spostarsi senza danno, Ma la forza d'insieme, la quale è poi misura decisiva d'ogni vera opera di genio: cotesta forza è siffatta, che mai forse s'è dato Iettore o spettatore al quale ncn sembrasse che la commedia era finita troppo presto". Possa l'opinione del venerando dottore riconfermarsi stasera. E se così: vada nuova gratitudine al genio che scrisse queste allegre Comari, e un po' di simpatia a quelli che Ie hanno recitate.
EMILIO CECCHI