Il Piccolo Teatro della Città di Milano presenta:
Le furberie di Scapino (1984)
Di Molière
- Interpreti: Ernesto Calindri, Ferruccio Soleri, Enzo Tarascio, Marisa Minelli, Elio Veller, Luca Sandri, Milvia Marigliano, Mario Porfito, Margareta Von Kraus, Ettore Gaipa
- Traduzione: Luigi Lunari
- Musiche: Fiorenzo Carpi
- Scene e Costumi: Luisa Spinatelli
- Movimenti mimici: Marise Flach
- Regia: Lamberto Puggelli
Programma di sala (pagine 52)
- Su "Le furberie di Scapino (J. Copeau)
- Scapino nella pagina e nella scena (Luigi Lunari)
- Lamberto Puggelli e il teatro comico (Franco Sangermano)
- La giustizia secondo Scapino (Odoardo Bertani)
- L'italianità di Molière (S. Torresani)
- Appunti dalle prove (G. Maresta - M. Capuana)
- Il cast
- Fotografie di Luigi Ciminaghi
Su "Le furberie di Scapino"
“Molière non si fermò fino all'ultimo giorno ... “.
Queste parole che prendo da un testo di Louis Moland, assumono qui, riferendosi alle “Furberie” e alla data del 1671, un suono particolare. E il suo ultimo giorno si avvicina. Morirà di lì a due anni. La vicinanza degli attori italiani, dice Moland, lo teneva nell'incertezza, lo obbligava a ritornare sempre all'azione rapida. Bastava poco che la folla gli preferisse i mimi e i saltimbanchi con i quali egli divideva la sala del Palais-Royal ... ». Qual è l'influenza più sana che si possa esercitare su di un autore di commedie? Quella dello snobismo intellettuale che, invitandolo al raffinato, lo conduce al bizzarro e a volte all'assurdo? Quella di un'élite sociale, o pretesa tale, che prodigandogli i suoi favori lo paralizza in uno stile esclusivo? O quella della folla che gli domanda di semplificarsi per poter essere da lei compreso, di calcare anche un po' il tratto e di guadagnare in energia ciò che può perdere in delicatezza? Non disprezziamo Molière perchè si sente e si mostra “amico del popolo”. Questo popolo di razza buona, da tre secoli, risponde alla sua amicizia. Che egli amò e frequentò i mimi e i saltimbanchi. che vide perfettamente in essi lo straordinario dono di vita di cui noi non possiamo farci alcuna idea, non avendoli visti sulla scena, che prese dal loro teatro tutto l'insegnamento possibile, e che prese da essi il suo primo slancio, lo sappiamo. Ma ciò che ci meraviglia è che egli si trattiene dal disprezzarli, quando ormai li ha superati da tempo e che acconsente a restare con loro su un piano di emulazione fino alla fine della sua carriera. E, ben lontano dal sentirsi sminuito da questi ritorni al gioco franco, egli si ritempra, si ringiovanisce. Molière ha quarantanove anni. Il bisogno che avverte non è quello di cercare la perfezione nel “piacevole e nel fine”. Cinque o sei capolavori alle sue spalle non lasciano dubbi sul fatto che egli abbia conseguito il premio della sua arte. Io lo credo ansioso, se non di stordirsi - cosa che sarebbe naturale - almeno di afferrare ogni occasione per ridare freschezza alla sua gaiezza, timbro e mordente alle sue battute; per provare sulla scena la sua sicurezza, l'agilità del suo passo e dei suoi salti. Colui che emulava e uguagliava gli autori più puri dell'antichità, lui, autore del Misantropo e di Tartufo, osservatore perfetto dei costumi e dei caratteri, resta ossessionato - ed è il suo merito singolare - da una poesia comica dove la verità non è che il supporto, dove la fantasia, portata al parossismo, arriverebbe a toccare nel loro slancio le potenzialità nascoste e a costringere l'uomo, anima e corpo, a delle situazioni estreme. La commedia delle “Furberie” è una corsa, un inseguimento: quello che gli inglesi chiamano un “horse play”, un gioco brutale, con un'idea di forza animale. Vi si trovano meno tratti propriamente comici - almeno nel personaggio principale - che scintille e scoppi di una gaiezza giovane, ardente, saltellante, intrattabile, quasi feroce. Questa ferocia, Louis Moland l'ha molto giustamente sottolineata in quelle commedie del Rinascimento, come “Il Candelaio” di Giordano Bruno. E c'è anche in Scapino, pregiudicato e corruttore della gioventù, discendente diretto del Brighella con la maschera nera e il vestito bianco, “il più infame scellerato che ci sia al mondo”, figlio dell'Epidico di Plauto e consanguineo dello Slavero di Ruzzante, quello che ne “La Piovana” dice: “Per quanto riguarda me, non mi costa niente, sono abituato a litigare. Mi servono le due ragazze e, se non basta ammazzare un uomo, ne farò fuori due”. Molière non ha voluto attenuare, sulla bocca del suo Scapino, le crudezze dello schiavo antico e le violenze del ruffiano italiano. “L'abile inventore di risorse e di intrighi” diventa un personaggio di grande stile francese. Non meno fornito di cautele e di codardia degli “zanni” tradizionali, innalza la sua bassezza istintiva con una specie di “braveria” che sembra parodiare l'orgoglio intellettuale di un Don Giovanni. Come l'eroe del “Festin de Pierre”, teorizza il suo personaggio: vuole legittimare la sua forza pericolosa, e la coscienza della sua reale superiorità si esprime con accenti di lirismo: “… la tranquillità in amore dà uno spiacevole senso di calma; una felicità completa ci diventa noiosa; ci vogliono gli alti e bassi nella vita; e le difficoltà che si mescolano nelle cose risvegliano le passioni, aumentano il piacere ... Mi piaccio quando tento delle imprese ardite ... e ho in odio questi cuori pusillanimi che, sapendo in anticipo che cosa succederà, non hanno mai il coraggio di rischiare niente ... “. (Atto III, Sc. 2). Le Furberie di Scapino fecero la loro comparsa al Palais-Royal domenica 24 maggio 1671. Si disse che Molière, da buon capocomico, volesse far pazientare il suo pubblico durante le prove di “Psyché” che stavano per avere inizio, e che egli si preparasse, con un'opera facile, un rimedio al possibile scacco del suo grande spettacolo con macchine davanti al pubblico parigino. Orbene, fu “Psychè” ad avere successo. Diciotto rappresentazioni delle “Furberie” non ottennero forti incassi. L'opera non fu nemmeno data alla Corte, Molière vivo. Solo dopo la sua morte essa sembra essersi conquistata in città una popolarità che non si è smentita in seguito.
JACQUES COPEAU
Brano tratto dalle “Furberie di Scapino”, regia di J. Copeau, nelle Editions du Seuil, collezione “Mise en scène”.