Da SIPARIO N. 212 - Dicembre 1963 - Numero speciale dedicato al TEATRO CABARET NEL MONDO
- IL CABARET IN ITALIA
Intervista a: Dario Fo
INCHIESTA SUL CABARET IN ITALIA – Risponde Dario Fo
1) Come si potrebbe definire secondo Lei il teatro cabaret?
2) Quale funzione attribuisce al cabaret rispetto al teatro tradizionale e nel quadro della vita culturale e politica italiana d'oggi e quali possibilità ritiene sussistano nel nostro paese dl esercitare concretamente tale attività?
3) Pensa che il cabaret possa favorire un'evoluzione verso un nuovo tipo di teatro, nel senso dl un mutamento strutturale dei testi recitati e della scena, della creazione di un rapporto inedito tra attore e spettatori e della cattura di un pubblico nuovo?
Nella fotografia: Giancarlo Cobelli, Camillo Milli, Franco Parenti e Dario fo in “I sani da legare” di Parenti – Fo - Durano
Quando si parla di teatro cabaret in Italia si cade spesso nell'equivoco: il cabaret esiste in Francia, in Germania, in Polonia, in Svizzera, in tutta l'Europa, tranne nel nostro paese, dove questa forma di teatro assume una dimensione particolare. Gli unici veri cabarettisti che abbiamo avuto sono stati i Gobbi. Quello che noi abbiamo fatto con “Il dito nell’occhio” e “I sani da legare” prendeva origine indirettamente dal teatro espressionista, ma nonostante seguisse certe linee del cabaret sfuggiva ai canoni essenziali, per la complessità della scena, il numero degli attori, l'unitarietà dello spettacolo, la dimensione satirica violenta; i Gobbi facevano la caricatura dei tic della nostra società, mentre noi parlavamo dei Krupp e della giustizia, interessandoci alla mentalità del mondo in cui viviamo più che ai personaggi e badando a far della satira valida per tutti, al di là del teatro cabaret. C'è un teatro che nasce dal cabaret ed è molto simile a questo nostro, in confitto con il cabarettismo. Considerando il fenomeno in generale bisogna dire che in tutta l’Europa il cabaret è la linfa prima del teatro, perché è una palestra di lancio per attori, autori, registi, scenografi, costumisti, capocomici. È servito a sperimentare grossissimi commediografi e grossissimi attori (basta citare in Francia Périer, Fabbri, Barrault), permettendo loro di farsi le ossa, come da noi l'avanspettacolo per gli attori di rivista. Se si eccettuano pochi coraggiosi come i Cobelli, i Pistilli, i De Vita, i nostri attori attraversano oggi un periodo di crisi di ricerca. D'altra parte lo stato ha tutto l’interesse di distruggerli e li lascia senza sovvenzioni, senza premi, senza facilitazioni, senza teatri. Il cabaret è considerato uno spettacolo di rivista, mentre dovrebbe essere inserito nella prosa e ammesso alle provvidenze ministeriali. Un teatro vivo all'origine di ogni rinnovamento negli altri paesi da noi viene schiacciato dalle stesse autorità e trascurato dall'iniziativa degli impresari privati, privi come sempre di coraggio.
DARIO FO