IL POETA RINASCE SEMPRE
E" 'l'eco dell'ignoto" nella voce dell'attore che fa della parola drammatica la peculiarità del fatto teatrale nel cosÌ detto teatro di prosa, e questo fin da quando quella voce si staccò dal coro e nacque appunto il dramma: tutto il resto è spettacolo. E se "in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio" io debbo credere, a scorno di chi è d'altro parere, che "la Parola" avrà sempre il sopravvento su tutte le altre possibilità espressive dell'uomo. Almeno sino a quando l'uomo non perderà l'identità che gli si riconosce. Nelle grandi crisi storiche, nei momenti di transizione da una civiltà all'altra, noi abbiamo già visto nella Storia del Teatro il prevalere dello spettacolo sul testo e del mimo sull'attore; ma poi il poeta è sempre rinato ed ha sempre ritrovato il suo interprete. C'è da chiedersi soltanto se avrà tempo a rinascere un poeta, e se appunto l'umanità sopravviverà al suo progresso. Certo che la confusione è tanta, e i segni premonitori, direi apocalittici, di una fine dei tempi, non mancano. Ciò non toglie che nella loro essenza, i requisiti del teatro drammatico, i connotati perchè resti tale sia pure nelle sue varie prospettive, nella gamma delle sue articolazioni e possibilità, non possono mutare. Se mutassero, dovremmo constatare che quel teatro che amiamo e indegnamente serviamo e sul quale ci soffermiamo anche troppo spesso a disquisire non avrebbe più ragion d'essere perchè vorrebbe dire che nelle coscienze degli uomini "l'eco dell'ignoto" non trova più risonanza. Per passare poi dalle considerazioni di ordlne generale alla spicciola polemica che riguarda la nostra produzione drammatica, è utile ricordare come da noi la questione assume preoccupanti motivi d'altra natura. Nel nostro Paese da troppo tempo, sia per "la parola" che per "il gesto", noi lavoriamo su traduzioni. lntendo dire che l'ultima autentica voce della nostra drammaturgia continua ad essere Pirandello, e in tre quarti di secolo in cui ne sono capitate di tutti i colori. Ma non è vero che altri autori non ci sono stati o non ci sarebbero potuti essere. Rimando al mio libro lo e il teatro edito ora da TREVI, in cui narro per filo e per segno (documentata) la storia del Giuliano di Alfio Valdarnini con cui ho chiuso nel 1975 il mio tentativo di discorso teatrale che mi riguarderò bene dal riprendere dopo l'allucinante esperienza subita.
MARIO SCACCIA