Piccolo Teatro della Città di Milano presenta:
Arlecchino e gli altri. Storia di una maschera (1981)
Di Luigi Lunari e Ferruccio Soleri
- Interpreti: Ferruccio Soleri, Fabrizia Castagnoli, Gianni Williams, Livio Moroni, Enrico Maggi
- Musiche: Fiorenzo Carpi
- Scene e Costumi: Mauro Pagano
- Regia: Ferruccio Soleri
Link Wikipedia
Ferruccio Soleri - Foto di scena
Programma di sala (pagine 48)
- La commedia dell'arte (Luigi Lunari)
- Il mondo di Arlecchino (A. Nicoli)
- Storia di un personaggio (Luigi Ferrante)
- Il mio Arlecchino (Ferruccio Soleri)
- Il piccolo dal 1947
- Fotografie di Luigi Ciminaghi
Il mio primo contatto con Arlecchino è avvenuto a Roma, all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, sotto lo stimolo di una particolare esigenza teatrale dovuta all'intuito e alla sensibilità di Giacomo Colli. Fu allora, una ricerca appassionante e febbrile su testi, su stampe d'epoca, su produzioni di antiche maschere, severamente condotta con spirito critico ma con intendimenti soprattutto estetici. Arlecchino era ancora, per me, una maschera senza un volto preciso, anche se i suoi contorni venivano prendendo forma in modo sempre più netto. Nel 1959 vidi per la prima volta l'Arlecchino di Marcello Moretti in un indimenticabile spettacolo che portava una impronta precisa e caratterizzata, di Giorgio Strehler: fu per me una vera rivelazione: Arlecchino, sulla scena, perdeva i caratteri convenzionali della maschera per diventare un immenso fatto umano, carnale, contadino, pecoreccio, un autentico personaggio popolaresco. Da allora, vivendo materialmente e psicologicamente vicino a Moretti e allo spettacolo, maturai lentamente, dentro di me, la lezione che dopo qualche anno sarebbe diventata un fatto determinante della mia vita di attore e di uomo. Il mio Arlecchino è andato via via prendendo forma come fatto personale, immerso nelle esperienze mie, nella società in cui vivo, nella quale Arlecchino può rappresentare, sia sul piano psicologico che su quello più strettamente emotivo, non tanto un modello quanto la sensibilizzazione umana. Ecco perchè penso che il mio Arlecchino, che parte e non può prescindere dalla grande lezione «umana» di Moretti, si è venuto via via «storicizzando», fino a diventare, così come io lo sento, l'immagine di un uomo in lotta fra due mondi (i due padroni) con tutte le contraddizioni, le furberie, le astuzie e perchè no? - le ruffianerie; psicologica rivalsa degli oppressi e degli uomini costretti a salvare se stessi di fronte a forze, in genere incomprensibili ma sempre avverse, che tendono a schiacciarli e ad annullarli. In fondo, sulla scena, io mi difendo. Vivo una vita fatta di espedienti, di compromessi, ma la mia anima di popolano dai riflessi ora pronti e ora offuscati, finisce per uscirne in qualche modo salva, aiutata da un ancestrale spirito di conservazione che mai mi abbandona. Ecco il mio grande debito e la storia che giorno per giorno a contatto con una certa realtà e con un continuo ripensamento «viscerale» del mio personaggio, mi sono venuto costruendo.
FERRUCCIO SOLERI