Il Teatro D'Arte diretto da Antonio Calenda presenta:
Arcobaleno (1993)
Commedia musicale di Dino Verde, Gustavo Verde e Lino Banfi
- Interpreti: Lino Banfi, Gian Fabio Bosco (Gian), Angiolina Quinterno, Daniela Giovanetti, Dodo Gagliarde, Biancamaria Lelli, il corpo di ballo "Arcobaleno"
- Musiche: Germano Mazzocchetti Coreografie: Gino Landi Scene e Costumi: Ambra Danon Regia: Gino Landi
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1. Lino Banfi 2. Gian Fabio Bosco 3.Foto di scena
Programma di sala (pagine 36)
- La scatola delle sorprese (Vito Pandolfi)
- Aperto, solare, rotondo... Lino Banfi
- Le produzioni del Teatro D'Arte
- Il cast
- Fotografie di Tommaso Le Pera
La scatola delle sorprese
Come una scatola da sorprese: si apre un siparietto, la sorpresa appare in maglia d'equilibrista, in guaina di danzatrice o in tight di macchiettista. Sul palcoscenico del varietà c'è sempre campo per l'immaginazione umana. Una vasta latitudine, dalla quale si può scendere nelle profondità del mistero e del mostruoso con i prestigi dell'illusionismo. Ognuno qui si presenta con le sue bravure portate all'eccesso nel languore o nell'elasticità dei muscoli, attraverso un esercizio che in lui si prolunga per decenni, su cui la sua vita prende struttura. E l'elaborazione di queste regole e di questi accorgimenti, si è venuta formando nei secoli, dando continuamente spettacolo dei suoi risultati, nelle corti e nelle piazze. AI principio di questo secolo il varietà venne rinchiuso in piccole sale al centro delle grandi città, e in certo senso riservato ad un nucleo di consumatori della bella vita. Ma il film se lo trascinò dietro come avanspettacolo e penetrò anche nei piccoli centri della provincia, spargendovi l'attrazione e il pesante profumo dei suoi personaggi. Le sue forze migliori passavano regolarmente al music-hall. Ma rimase nel suo scucito e arbitrario susseguirsi di numeri, un forte richiamo fisico, il fascino della realtà con gli aspetti e con le seduzioni di più indiscutibile effetto. Nelle sue possibilità umoristiche, atletiche, erotiche, melodiche, il varietà sembra poter misurare l'uomo in ogni sua dimensione, e con estrema agilità sa seguirlo da un momento all'altro anche nell'imprevisto, sa adeguarsi ad ogni sua capriola, ed anzi immaginaria e riprodurla esasperata, così come fanno l'equilibrista e il contorsionista con le facoltà d'equilibrio e di contorsione che abbiamo innate. Nello spettacolo o avanspettacolo di varietà, l'uomo si presenta alla ribalta direttamente all'uomo, il dialogo è immediato, non vi sono finzioni che si frappongano come nel teatro di prosa, o agonismi artificiosi come negli spettacoli sportivi. L'esibizione è fine a se stessa e non chiede che l'applauso, non suscita che una rinnovata, stupita coscienza del proprio fisico, del proprio essere. Il paragone fra le qualità naturali messe a splendere sulla ribalta e quelle nel buio di chi guarda, è immediato, evidente, suscita un'emulazione istintiva, desideri, espansione spontanea e naturale. Ci si pone su di un piano unico. Lo spettatore non deve abbandonare la vita quotidiana per salire al livello dello spettacolo: ma è lo spettacolo che entra nella sua vita quotidiana e ne scopre gli impensati fermenti, li fa frizzare e spumeggiare. Si è ingrati verso l’ilarità e la commozione che così ci si offrono: le si inghiotte e si dimentica subito chi ce l'ha date, anzi lo si guarda con diffidenza; perché è sceso sul nostro piano, lo si intenderebbe gettato anche sotto a noi. Non gli si perdona di averci specchiati direttamente, di non rispettare nessun mito, lo si disprezza perché ci si vergogna di essere come si è, si preferisce coltivare le più assurde illusioni. Sik-Sik l'artefice magico, buffo fantoccio a molla caricato da Edoardo De Filippo, appena non può più far funzionare i suoi trucchi per l'imbecillità del complice a cui si è dovuto affidare nella disperazione del momento, viene coperto da ogni sorta di contumelie. Guai alla dicitrice che ha la voce indebolita, al comico fuori-fase, all'equilibrista fuori esercizio. Guardano verso la galleria implorando perdono. Ma la galleria risponde con fischi velenosi. Le stelle del varietà sono comete: che al culmine della loro parabola hanno vissuto attimi di splendore. E per essi vivono. Nelle prove di forza, gli elementi del numero sorridono in coro perfino quando i timpani chiedono silenzio assoluto, e alla fine clamorosamente. Chi canta piange con compostezza o atteggia le labbra in un esperto, scettico incresparsi. Le danzatrici offrono se stesse con serafico impudore. Le girls si agitano con allegra sufficienza. Immaginano di essere irresistibili. I loro numeri prendono titolo Follie.
Vito Pandolfi (Storico del teatro, saggista, fondatore del Teatro Stabile di Roma)