Teatro alla Scala di Milano presenta:
Dottor Faust (1960)
Opera in tre atti. Testo tratto da una leggenda del XVI secolo. Parole e musica di Ferruccio Busoni. Traduzione italiana di Oriana Previtali
- Interpreti principali: Dino Dondi (Dottor Faust) Marcella De Osma (Duchessa di Parma) Aldo Bertocci (Mefistofele) Agostino Ferrin (Wagner) Giovanni Gibin (Duca di Parma)
- Maestro Concertatore: Hermann Scherchen
- Regia: Carlo Maestrini
- Maestro del coro: Norberto Mola
- Coreografie: Tatiana Gsovski
- Bozzetti e Figurini: Gaspar Neher
- Direttore Allestimento: Nicola Benois
Programma di sala (pagine 32)
- Prima rappresentazione a Milano 16 Marzo 1960
- Un testamento
- Lo "specchio magico di Busoni" (Luigi Rognoni)
- Bozzetti delle scene e dei costumi
- Argomento - Interpreti - Fotografie
L'argomento
ATTO PRIMO. Nel suo studio, il dottor Faust riceve la visita di tre misteriosi studenti che gli recano in dono un libro e una chiave. Con l'aiuto di tali oggetti meravigliosi egli sarà in grado di scongiurare e ridurre al proprio volere le potenze infernali. Svaniti in maniera incomprensibile i tre studenti, Faust si accinge a sperimentare il potere del dono ricevuto. Allo scoccare della mezzanotte, si toglie la cintura, forma con essa sul pavimento un cerchio magico e vi entra tenendo in mano il libro e la chiave. Appena evocati, spiriti infernali appaiono sotto forma di lingue di fuoco che si librano nell'aria. Faust interroga uno dopo l'altro cinque spi¬riti; essi gli rispondono sollecitamente. Ma Faust resta deluso dalle risposte che non corrispondono ai suoi desideri. Si mostra deciso a riprendere il suo lavoro e a rifuggire dalle forze oscure, quando improvvisamente si sente apostrofare nel senso desiderato dalla voce del sesto spirito da lui dimenticato. Sorpreso e felice, Faust ordina al demonio di mostrarsi a lui in forma visibile, e Mefistofele entra. Egli è pronto a servire Faust fino alla fine e promette tutto quanto gli verrà chiesto ed altro ancora, purché dopo la sua morte Faust lo serva a sua volta, per l'eternità. Faust si ribella. Ma Mefistofele gli prospetta la sua situazione disperata: Faust è perseguitato dai creditori, tenuto d’occhio dalla autorità ecclesiastica a causa della sua sospetta attività d'alchimista; inoltre ha sedotto una fanciulla e il fratello di questa ha giurato la sua morte; minacciato di carcere, di morte, del rogo, non gli resta che accettare l'aiuto di Mefistofele e, naturalmente, anche le sue condizioni, firmando col sangue il patto della propria dannazione. Nel porgere a Mefistofele il foglio firmato, Faust cade privo di sensi. Mefistofele sprofonda sotto terra, mentre si odono voci, le voci della coscienza di Faust. In una cappella della cattedrale. Il soldato, fratello di Margherita, è inginocchiato in preghiera. Egli chiede a Dio la grazia di trovare il seduttore della sorella per vendicarla. Mefistofele e Faust appaiono; Faust rifiuta di uccidere il soldato, ma incarica Mefistofele di eliminarlo come meglio gli piacerà. Mefistofele acconsente: nella penombra della chiesa, una pattuglia di armati, tratta in inganno da Mefistofele, scambia il soldato assorto nella preghiera per un assassino da tempo ricercato. Dopo breve combattimento, la cui sorte è già stata segnata da Mefistofele, il soldato viene ucciso.
ATTO SECONDO. Festa nel parco ducale di Parma. Faust, preceduto da fama di uomo prodigioso, interviene alla festa. Superbo e bello, fiero e affascinante, sbalordisce la corte evocando magicamente celebri figure della storia biblica, innamora di sé la Duchessa e si attira le ire del Duca il quale decide senz'altro di sbarazzarsi di lui. Ma, avvertito in tempo da Mefistofde che le vivande sono avvelenate, Faust si mette in salvo, non senza aver prima ottenuto l'assicurazione che la Duchessa fuggirà con lui. Di lì a poco infatti appare la Duchessa che cammina come in sogno, con le braccia tese, seguendo una voce che la chiama, una forza che l'attira irresistibilmente. Il Duca chiede spiegazione a Mefistofele - travestito da cappellano di corte - della fuga della moglie. La risposta è vaga ed elusiva.
ATTO TERZO. Primo quadro. Interno di una taverna a Wittemberg. Faust assiste a vivaci dispute studentesche. Interrogato da uno studente sul suo passato amoroso, Faust si fa improvvisamente triste, poi accenna vago alla sua avventura con la Duchessa di Parma. Irrompe Mefistofele che annunzia la morte della Duchessa di Parma. E getta ai piedi di Faust un neonato morto. Indi racconta come si svolse il fatto, alludendo alla colpa di Faust. L'imbarazzo degli astanti è grandissimo. Allora Mefistofele trasforma il neonato in un fastello di paglia al quale dà fuoco. Il fumo lentamente prende forma: una figura femminile di perfetta bellezza, Elena, appare agli occhi di Faust; ma quando egli le si avvicina Elena indietreggia e l'apparizione dilegua. Faust capisce di essere stato ingannato ancora una volta; nel guardarsi intorno egli scorge vicino a sé tre rigide figure; sono i tre misteriosi studenti di Cracovia venuti a richiedergli il libro e la chiave che Faust ricevette da loro. Ma Faust ha distrutto i doni e nulla può restituire. I tre individui gli annunziano che la sua vita si avvicina al termine. Secondo quadro. Una strada nevosa a Wittemberg. Lontana, la voce del guardiano notturno annunzia il battere delle ore. Wagner, già allievo di Faust, è diventato rettore magnifico e rientra da una riunione nella quale gli studenti hanno festeggiato la sua nomina. La via ritorna silenziosa e deserta. Faust giunge, si ferma davanti alla sua vecchia casa, ma la sa occupata da altri e non tenta di entrarvi. Prossimo alla fine, tormentato da voci misteriose che sembrano risuonare nell'interno della vicina cattedrale e gli parlano della morte e del giudizio che seguirà, egli cerca invano, angosciato, l'opera buona che gli dia pace finalmente... A un tratto scorge accoccolata sui gradini della chiesa una mendicante con un bambino in braccio; si accosta a lei per farle l'elemosina ma s'interrompe con un grido: la mendicante si è alzata e gli tende il bambino: è la Duchessa di Parma che offre a Faust il loro bambino morto. Faust non capisce; crede che gli spiriti infernali si facciano giuoco di lui; tenta d'entrare in chiesa, di chiedere conforto a Dio, alla religione; ma ne è respinto. Sulla soglia della chiesa lo spettro del fratello di Margherita gli impedisce l'in¬gresso. Infine Faust si trascina ai piedi del Crocifisso presso la chiesa, ma Mefistofele, in veste di guardiano notturno, illumina con la sua lanterna il volto di Cristo che si trasforma in quello di Elena. Mefistofele è ormai pronto a riscuotere il prezzo che Faust ha sottoscritto, in un giorno non troppo lontano, con il proprio sangue. Il guardiano s'è allontanato. Faust raccoglie le ultime forze, posa a terra il bambino morto, lo copre col suo mantello, scioglie la cintura, ne forma un cerchio, vi entra e pronunzia l'ultimo suo scongiuro, il più solenne, con il quale egli trasmette la sua vita e la sua opera al figlio. Mentre la voce del guardiano notturno annunzia lo scoccare della mezzanotte, Faust spira ma dal luogo dove giaceva il bambino morto sorge un adolescente che tiene un ramo fiorito nella destra; con le braccia levate cammina sulla neve e sparisce nella città.