La colpa è sempre del diavolo (1965)
Commedia in due tempi di Dario Fo
- Interpreti principali: Dario Fo, Franca Rame, Ettore Conti, Vincenzo de Toma, Arturo Corso, Mariangela Melato, Pia Rame
- Musiche: Fiorenzo Carpi
- Scene e Costumi: Dario Fo
- Regia: Dario Fo
Programma di sala del Teatro Duse di Bologna (pagine 4)
- Rassegna stampa
- Il cast
- Una parte della stagione al Teatro Duse
Rassegna stampa
AVANTI - Se lo spirito anticonformistico non è caustico come ci si aspettava, la storia è più svelta, più fresca, più decisamente esilarante degli anni scorsi. Un progresso orizzontale e non verticale: Fo si è, per così dire, specializzato nel suo «comic», curando il dettaglio, la battuta, la situazione, cioè tutto quel repertorio. che gli appartiene perché è invenzione sua; ha voluto pure perfezionare se stesso sulla scena, offrendosi come protagonista e centro di attenzione (attore, cantante, mimo), mentre in passato preferiva esser più discreto e tenersi in disparte. Bravissimo, perché lo spettacolo è tutto intero proiezione della sua personalità, ma sul filo. P. A. R.
AVVENIRE D'ITALIA - L'autore-attore Dario Fo è individuabile, comunque e sempre, nelle sue qualità peculiari: quelle che lo fanno una personalità del nostro teatro. Ossia, la capacità di staccarsi in aure surrealistiche, e di qui inventività di seducente timbro astratto. Anche in questa farsa le trovate sono molte, e godibili; tanto, da soverchiare, talora, i brucianti risvolti polemici nell'offerta disinteressata di un pezzo di bravura. Proprio quando Fo recupera il suo dono di artista, e non si preoccupa che di comunicarlo - è la vecchia storia delle buone intenzioni dall'esito micidiale -, allora ci dà la misura di un estro ricco e di una facoltà di scrittura lirica. Odoardo Bertani
CORRIERE DELLA SERA - «Ne sa una più del diavolo», è un vecchio modo di dire; e risale al tempo in cui del diavolo si discorreva con uno spirito che con lo spirito d'oggi non ha troppe parentele. Dario Fo, che ieri sera ha inaugurato con Franca Rame la stagione dell'Odeon (e i milanesi rivedranno con piacere, tutto lucente e ripulito, un teatro caro alla loro consuetudine) con la sua nuova commedia in due tempi «La colpa è sempre del diavolo», al contrario -sembra voler asserire che il diavolo ne sa sempre una meno dell'uomo, soprattutto se l'uomo è un duca o un alto prelato. E che si tratta di governanti e monaci dell'epoca medioevale, la trasposizione non inganna né pretende di ingannare nessuno. R. Rad.
L' UNITÀ - «La colpa è sempre del diavolo» comincia col processo a una ragazza, fattucchiera-imbrogliona, che vivacchia ingannando i contadini. Accusata da alcuni di loro per truffa (con argomenti divertentissimi), davanti al giudice trova modo di difendersi, accusando a sua volta i suoi accusatori di essere eretici. A suggerirle le parole da dire al giudice, è Brancaleone, un piccolo diavolo (ridotto a nanerottolo in seguito alla caduta dal paradiso) che, fulvo di capelli e con parlata padovana, è una delle più esilaranti invenzioni di tutto il teatro di Fo. Grazie all'aiuto di Brancaleone, la ragazza se la cava, ma non mantenendo la promessa fatta al diavolo, di lasciarlo entrare dentro di lei, viene un po' tartassata dai suoi scherzi. Di lei si interessa, quindi, il duca, sempre assillato dalla paura, e le scene che si svolgono in casa di lui sono un'autentica girandola di trovate. Adirato col proprio monaco-consigliere (che ne regola tutti gli atti sulla base delle congiunzioni degli astri), il duca cerca di ucciderlo in un duello, del quale invece è lui a finir vittima. Questo duello, all'ultimo membro, perché i due contendenti si tagliano gambe e braccia e orecchie e naso, è anch' esso uno dei punti più alti di pura comicità da palcoscenico, capolavori di mimo, irresistibili anche per quel tanto di macabro (Dario Fo e il teatro della crudeltà) che contiene. Morto il duca, uno stregone ne costruisce, a sua somiglianza, un manichino, onde poter mostrare al popolo che il tiranno è ancora vivo. Qui, altra sequenza di alta scuola farsesca, fino allo scoppio della rivolta degli eretici fatti liberare dalla ragazza, e all'arrivo dei soldati imperiali che li uccidono tutti, soffocando così l'insurrezione. Dario Fo (nelle parti del duca e, all'inizio, di un carceriere) e Franca Rame la (ragazza), confermano la loro bravura comica, giunta - ci pare - ad una smagliante maturità. Ma la compagnia ha anche altri ottimi elementi come Piero Nuti, Vincenzo De Toma (il diavolo Brancaleone: uno spasso), Ettore Conti, Cip Barcellini, Secondo De Giorgi, Sergio le Donne. Un po' inferiore la distribuzione femminile (a parte, s'intende, l'eccellente Franca Rame): Pia Rame, Rosetta Salata, Mariangela Melato. Scenografia (unica, a porticato sopraelevato) con elementi mobili che mutano l'ambiente, costumi e regia portano la firma di Fo e ne confermano lo stile, la sigla, sempre sul filo dell'umorismo e del grottesco. Ancora una volta, la collaborazione di Fiorenzo Carpi è stata determinante per la completezza dello spettacolo, che è stato accolto stasera come un vero trionfo di risate e di polemiche. Arturo Lazzari