Arena di Verona presenta:
La forza del destino (1959)
Opera in quattro atti (sette quadri) di Fracesco Maria Piave - Musica di Giuseppe Verdi
- Interpreti principali: Carlo Bergonzi (Alvaro) Margherita Roberti (Leonora) Anselmo Colzani (Carlo) Miriam Pirazzini (Preziosilla) Ivo Vinco (Padre Guardiano) Renato Capecchi (Fra Melitone) - Primi ballerini: Giuliana Barabaschi - Paolo Bortoluzzi - Riccardo Duse
- Maestro Concertatore: Antonino Votto
- Regia: Carlo Maestrini
- Maestro del coro: Giulio Bertola
- Coreografie: Vanda Dell'Ara Sciaccaluga
- Scene e costumi: Orlando Di Collalto
Programma di sala (pagine 84)
- Dalla terra al cielo (Carlo Bologna)
- Il libretto (Carlo Bellotti)
- Personaggi e interpreti
- La 37° stagione lirica: La forza del destino - Il trovatore - Faust
- Fotografie
Dalla terra al cielo
Si sono sprecati gli aggettivi per definire La forza del destino di Verdi, l'opera che fu rappresentata la prima volta la sera del 10 novembre 1862 al Teatro Imperiale Italiano di Pietroburgo, a tre anni dal Ballo in maschera. Si scrisse, e si scrive: iperbolica, eccessiva, inverosimile, disuguale, magniloquente, grandiosa, sublime, sciatta, enfatica, sconclusionata. Son tutti aggettivi che bene la definiscono in alcuni particolari, in alcune scene, non nell'insieme, certamente. Pure tutto si può dire di quest'opera - scritta su un libretto che è davvero uno ziba!done - ma non la si può accusare di essere senza vita: la sua pressione arteriosa è alta, quasi pletorica la sua cera, ha prepotenza e potenza. In ogni caso la sua musica avvince anche il più avveduto degli ascoltatori che non può sottrarsi ad un fascino che, in alcune pagine, non ha eguali. Cosa manca alla vicenda del libretto? nulla; c'è di tutto: dal colpo di pistola, che parte a caso dall'arma caduta, ad un'osteria; da cortei di pellegrini ad una vestizione sacra, da una battaglia ai duelli, dalla minestra per i poveri ai colpi di spada per il fratello, ci sono fughe, ci sono inseguimenti. Tutti colpi bassi alla musica di Verdi, la quale musica quasi non se ne accorge e vive, pare, di una sua vita autonoma, fortissima e in-dipendente. Eppure c'e anche molto di nuovo in questa assurda vicenda: ci sono gli elementi del futuro verdiano; c'e Preziosilla e c'e Fra Melitone, parti, come scrisse il compositore, importantissime e sotto un certo aspetto le prime dell'opera. C'e una sperimentazione verdiana in parti comiche, quasi una segreta speranza di rifarsi della cocente sconfitta giovanile. Del resto anche nel vicino Ballo la esperienza del comico non e assente, ma non nella misura della Forza. Qui c'e tutto un preludio al Falstaff, c'è del dramma, e potente. Importa poco a Verdi se le azioni teatrali che si succedono siano o no giustificate da una logica stretta, importante e creare personaggi, indicare contrasti di passioni, non conta se per arrivare a risultati musicalmente elevatissimi si passa attraverso la giungla del libretto. Davvero non importa proprio nulla. Qui più che in altre opere, più o meno vicine, i personaggi hanno una loro fisionomia ben precisa, un volto musicale ben chiaro, personaggi maggiori e minori. L'ascoltatore porga orecchio attento alla romanza di Leonora: Me pellegrina ed orfana. Le parole sono state tolte, dal libretto del Re Lear che Somma aveva preparato per il compositore e che Verdi mai portò a termine. Tuttavia e quasi sicuro che questa romanza è stata scritta proprio per il Re Lear. La romanza è di una delicatezza squisita e di una profonda umanità. Non possiamo non rimpiangere la mancata composizione della tragedia scespiriana di cui questo fiore musicale è un mirabile saggio. Non che tutto possieda questa luce. Verdi non poteva non essere colpito dal disordine tremendo del libretto. Ma, abbiamo detto, egli si salva menando gran colpi di musica, qualche volta gonfia fino all'inverosimile, qualche volta ingenua, ma sempre piena di vita. Un mondo, un intero mondo vortica nella vicenda: la musica lo segue, a scatti, un momento è coi contadini danneggiati dalla guerra, un momento è coi frati, poco dopo se ne va coi soldati, poi torna in taverna, parla di odio e di amore, svela segreti e compie fratricidi. Puro regno della fantasia dove spesso domina il volo incontrastato della poesia. Ancora di Leonora la stupenda preghiera Madre pietosa Vergine e la frase, sovrana in Verdi, Deh! non m'abbandonar. Ci pare che qui, in questa frase, Verdi abbia colto il suo punto lirico più elevato, più trasfigurato. Citare le gemme sarebbe fare un catalogo, ma la grande scena fra il Padre Guardiano e Leonora è di una forza musicalmente enorme, vista nell'insieme, vista nel particolare, fino all'immortale La Vergine degli angeli e alle voci del coro che ci riporta al Verdi delle grandi preghiere, di quando riusciva a far cantare alla massa musiche di altezze liriche mai raggiunte. Poi fra brani di maggiore o minore carica musicale si giunge aPa stupenda predica di Fra Me-litone ai soldati e al rataplan di Preziosilla, dove le voci sole scintillano nella bravura verdiana. Poi giù fino all'ultimo atto che da un umorismo schietto e profondo (tra Melitone e i poveri) ci porta alla breve e geniale scena fra il burlesco frate e il Guardiano; dallo scatenarsi delle passioni all' entrata di don Carlo, all'umiltà di don Alvaro che s'esaspera poi fino all'impeto più irruente; indi il terzetto: una delle pagine più grandi che Verdi ci ha donato. (Chi non ricorda. a questo punto il terzetto dei Lombardi?). E più avanti, verso la fine, in una sequenza di musica di crescente bellezza, di nota in nota sempre più trasfigurata, più alta, veramente sempre più vicina al Cielo. Enormi possibilità di analisi offre quest'opera che si abbandona aperta all'ascolto. senza veli o sottintesi. forte di una forza chiara, nativa, densa di contrasti ma folta di elevazioni, di impennate liriche. di introspezioni poetiche, di analisi del comico e del grottesco: un caleidoscopio di vita dai mille colori, disordinato come è la vita, sanguinoso e santo terrestre e divino, pieno di male e di bene, come è la vita che ha svolgimento corale. Si pensi all'ultima scena della Forza: al canto ormai celeste di Leonora, al pianto di don Alvaro, alla preghiera del frate: sono linee diverse che si intersecano ma che proseguono tutte verso un unico punto, in alto, in purezza, in perfezione. Come è stato per tutta la vita musicale di Verdi: un'ascesa continua verso la perfezione.
CARLO BOLOGNA