Teatro alla Scala di Milano presenta:
La traviata (1955)
Opera in quattro atti di Francesco Maria Piave - Musica di Giuseppe Verdi
- Interpreti principali: Maria Meneghini Callas (Violetta) Giuseppe Di Stefano (Alfredo) Ettore Bastianini (Giorgio) Silvana Zanolli (Flora) Giuseppe Zampieri (Gastone)
- Maestro Concertatore: Carlo Maria Giulini
- Regia: Luchino Visconti
- Maestro del coro: Norberto Mola
- Coreografie: Luciana Novaro
- Bozzetti e Figurini: Lila De Nobili
- Direttore Allestimento: Nicola Benois
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- 1. Callas 2. Di Stefano 3. Bastianini 4. Zanolli 5. Maria Giulini 6. Visconti 7. Novaro 8. Mola
Programma di sala (pagine 24)
- La felice colpa di Verdi (Gino Roncaglia)
- Bozzetti delle scene
- Argomento
- Interpreti
- Fotografie
L'argomento
Atto primo. Violetta Valéry riceve in casa gli amici per una festa. Il visconte Gastone di Letorières le presenta come suo fervido ammiratore il giovane Alfredo Germont. A tavola, Alfredo brinda esaltando l'arcana potenza dell'amore; risponde Violetta inneggiando al piacere spensierato. Gli invitati si avviano quindi verso il salone attiguo dove iniziano le danze. Violetta però, presa da malessere, deve trattenersi; Alfredo le rimane accanto e dopo averle dolcemente rimproverato di perdersi nel turbine della vita frivola le svela il proprio amore; Violetta si dice incapace di amare ma poi, turbata, gli offre un fiore e lo invita a tornare quando sarà appassito. È ormai l'alba, e gli invitati si congedano: Violetta, rimasta sola, sente risvegliarsi in sé un nuovo tenero sentimento e capisce di non poter sottrarsi al richiamo dell'amore.
Atto secondo. Alfredo e Violetta si sono ritirati in una casa di campagna presso Parigi dove vivono soli e felici. Alfredo, tornato dalla caccia, ripensa commosso alla grande prova di dedizione che la donna gli ha dato, allorchè dalla cameriera Annina apprende che Violetta, per sostenere le spese, ha venduto i suoi cavalli e gli arredi lussuosi della sua casa parigina. Addolorato Alfredo decide di partire per Parigi al fine di por rimedio alla situazione disastrosa. Violetta si meraviglia della sua improvvisa partenza e non dà importanza a una lettera di Flora che la invita per la sera stessa. Subito dopo è introdotto Giorgio Germont; al rimprovero che le muove, di trascinare suo figlio alla rovina, Violetta risponde sdegnata e mostra l'atto di vendita di ogni suo avere. Germont allora fa appello alla nobiltà d'animo di Violetta per chiederle di rinunciare ad Alfredo la cui sorella è fidanzata ma non potrebbe sposarsi ove continuasse il loro disonesto legame. Violetta, dopo dolorosa lotta, si piega: farà credere ad Alfredo che non lo ama più. Alfredo di ritorno la sorprende mentre sta scrivendo la lettera del distacco: ignaro del colloquio precedente, le annuncia l'imminente arrivo del padre ed ella ne prende pretesto per allontanarsi dopo esserglisi stretta al petto e avergli ripetuto in un appassionato addio il suo grande amore. Alfredo resta sorpreso: prima che si riabbia, riceve la lettera di Violetta, proprio nel momento in cui ritorna il padre che tenta di consolarlo e di persuaderlo a ritornare in famiglia.
Atto terzo. Nei suoi appartamenti, all'inizio della festa, Flora è circondata dagli invitati, e mentre le annunciano che Alfredo e Violetta si sono lasciati fanno il loro ingresso le mascherate. Giunge anche Alfredo, che si dispone a giocare, seguito di lì a poco da Violetta, che entra al braccio del barone Douphol e che trasale nel vedere Alfredo. Questi è in serata di fortuna e sfida il Barone: vince ancora ma, lasciando le carte per andare con gli altri a cena, gli offre la rivincita al gioco che preferirà. Violetta rientra subito, affannata, ed esorta Alfredo ad andarsene, chè un pericolo lo sovrasta. Alfredo acconsentirebbe a partire, solo nel caso ch'ella lo accompagnasse: ma Violetta rifiuta e per tener fede alla parola data a Germont mente, confessando d'amare il Barone. Alfredo, al colmo dell'ira e della gelosia, chiama gli amici, ai quali vuoI mostrare di aver pagato Violetta gettandole ai piedi una borsa piena d'oro. Il gesto suscita la riprovazione generale e indigna Germont che nel frattempo è apparso in sala e solo conosce il sacrificio di Violetta. Riavutasi, Violetta ripete il suo amore per Alfredo, e mentre egli sente il rimorso per l'offesa arrecatale viene sfidato a duello dal Barone.
Atto quarto. Nella camera da letto nella sua casa parigina Violetta ammalata è assopita; risvegliatasi, il dottore Grenvil cerca di sollevarle con pietose bugie lo spirito, ma alla fedele Anna confida che ormai la tisi non le concede che poche ore. Dalla strada salgono allegri canti di carnevale. Violetta pensa a coloro che soffrono e manda Annina a portare la metà del danaro rimastole ai poveri. Quindi rilegge la lettera con la quale Giorgio Germont le dà notizia di Alfredo, che, conosciuto il suo sacrificio, ritornerà per chiederle perdono. Ecco infatti giungere Alfredo. Nella gioia di essersi ritrovati, si esaltano e sognano i giorni lieti che vivranno sempre uniti. Violetta vuol guarire, vuol vivere, essere felice, amare. Ma l'intensa commozione affretta la fine alla quale è condannata: se ne rende conto, e a Germont sopraggiunto rimprovera affettuosamente il ritardo e ad Alfredo porge un medaglione con la propria immagine. Un ultimo impeto, e poi si spegne.