Teatro alla Scala di Milano presenta:
Aida (1973)
Opera in quattro atti. Libretto di Antonio Ghislanzoni. Musica di Giuseppe Verdi
- Interpreti principali: Gilda Cruz-Romo (Aida) Gianfranco Cecchele (Radamès) Viorica Cortez (Amneris) Giampiero Mastromei (Amonasro) Luigi Roni (Ramfis) Giovanni Foiani (Re). Nelle danze: Aida Accolla - Bruno Telloli
- Maestro Concertatore: Nino Verchi
- Regia: Giorgio De Lullo
- Maestro del coro: Romano Gandolfi
- Coreografia: Jean Babilée e Geoffrey Cauley
- Scene e costumi: Pier Luigi Pizzi
- Direttore Allestimento: Tito Varisco
1/2. ATTO I Scena I-2 3/4. ATTO II Scena I-2 5. ATTO III 6/7. ATTO IV Scena I-2
Programma di sala (pagine 64)
- Introduzione (Guglielmo Barblan)
- Le edizioni alla Scala
- Note - Discografia
- Argomento
- Locandina
- Prima rappresentazione giovedì 26 aprile
- Fotografie della messa in scena (Ufficio Stampa)
ATTO PRIMO
Scena Prima - Sala nel palazzo del Faraone, a Menfi. Ramfis, il gran sacerdote, informa Radamès, capitano delle guardie reali, che gli Etiopi stanno per scatenare una nuova guerra: la dea Iside ha già indicato il nome del supremo condottiero che guiderà le falangi degli Egizi. Radamès spera ardentemente di essere lui il prescelto: se la vittoria gli arridesse, potrebbe offrire la sua gloria e il suo trionfo ad Aida, la schiava etiope di Amneris, figlia del Faraone, di cui è appassionatamente innamorato. Entra Amneris (che è innamorata a sua volta di Radamès) e chiede al giovane guerriero quale sia la causa della nobile fierezza che traspare dal suo volto. Radamès risponde che è la segreta speranza di essere stato prescelto dalIa dea a guidare l'esercito in guerra. Ma la principessa ha colto un improvviso turbamento di Radamès all'apparire di Aida: fingendo ipocritamente benevolenza di amica e di "sorella" domanda alla schiava perché si presenti così mesta ed afflitta. Aìda, piangendo, dice di essere terrorizzata dalle voci di una guerra imminente, di temere per le sorti della sua patria ma anche delle persone che le sono care in Egitto. Amneris crede di intuire quale sia il vero sentimento di Aida e medita in cuor suo la vendetta se mai riuscirà a scoprire che la schiava è sua rivale in amore. Il "confronto" fra i tre è interrotto dall'ingresso del Faraone, il quale invita i ministri e i sacerdoti del seguito ad ascoltare le notizie che porterà un messaggero appena giunto dai confini dello Stato. Il messaggero annuncia drammaticamente che gli Etiopi, condotti dal feroce re Amonasro, hanno invaso l'Egitto e, dopo aver compiuto devastazioni e razzie, minacciano direttamente la città di Tebe. Tutti innalzano il grido di guerra. Il Faraone dichiara che la dea Iside ha designato Radamès come condottiero supremo: il giovane esulta, e Amneris gli consegna il vessillo del comando auspicando che ritorni presto vincitore e tutti inneggiano alla vittoria, escono per accompagnare il guerriero nel tempio di Vulcano dove si svolgerà la cerimonia della "vestizione". Rimasta sola, Aida è tormentata da un angoscioso dilemma: come può augurare la vittoria di Radamès che ama perdutamente e sopportare che Ia sua patria sia vinata, che suo padre e i suoi fratelli siano trasportati in catene dietro il carro del trionfatore?
Scena seconda - Interno del tempio di Vulcano. Le sacerdotesse invocano il sommo Fthà, sprito animatore del mondo, e intrecclano mistiche danze propiziatorie. Radamès viene introdotto senz'armi e durante un solenne cerimoniale, Ramfis gli consega la sacra spada temprata dal dio che dovrà trasformarsi per i nemici dell'Egitto in "terrore, folgore e morte".
ATTO SECONDO
Scena Prima - Una sala nell'appartamento di Amneris. Radamès ha vinto; la prncipessa circondata dalle ancelle, sta abbigliandosi sontuosamente per partecipare al trionfo. All'ingresso di Aida, congeda tutti per rimanere sola con la schiava é scoprire finalmente i suoi sentimenri nei riguardi Radamès. Il duetto che segue è uno dei momenti più alti dell'opera, un capolavoro di penetrazione psicologica. Dapprima Amneris finge affettuosamente di confortare aida per la sconfitta degli Etiopi, Ia invita a confidarsi con lei, che le è amica sincera, e le chiede con malizia se per caso, fra i combattenti egiziani qualcuno le stesse particolarmente a cuore. Aida avverte l'insidia e svia il discorso. Amneris insiste con affettata dolcezza e, quasi a consolarla per la rovina della sua patria, le annuncia che il condottiero supremo dell'esercito egizio è stato ucciso in combattimento dagli Etiopi. Aida si lascia sfuggire un grido di dolore. Amneris incalza: "Sì, Radamès dai tuoi fu spento. E pianger puoi?" La schiava, vinta dalla disperazione, non sa più dissimulare. Allora Amneris, prorompendo con ira, le ingiunge di fissarla bene negli occhi: "Ti ho mentito" grida: "Radamès è vivo". Aida esulta e ringrazia gli dei. "Dunque, I'ami" Ie dice Amneris furente e orgogliosa, "ma l'amo anch'io. Comprendi cosa signiflca? Sono tua rivale, io, figlia dei Faraoni". Aida, che ha sempre nascosto di essere figlia di Amonasro, re degli Etiopi, accetta per un istante Ìa sfida: "Ebbene, anch'io sono di stirpe reale!" Poi subito si pente, si getta ai piedi di Amneris e la implora di perdonarla, di comprenderla: Amneris è felice e potente mentre a lei, povera schiava, non resta che questo amore. Amneris, sprezzante, ricorda ad Aida che essa è arbitra del suo destino, che potrà punirla atrocemente per questo amore impossibile e, mentre risuonano lontane le trombe della vittoria, le impone di partecipare alla cerimonia. Lei, Amneris, sarà sul trono accanto al Faraone, la schiava assisterà al trionfo dell'eroe umiliata nella polvere: " Così capirai se tu potrai lottare con me".
Scena Seconda - Uno degli ingressi della città di Tebe. La scena è ingombra di popolo festante. Entrano il Re, i ministri, i sacerdoti, quindi Amneris accompagnata da Aida e dalle ancelle. Sfilano davanti al trono le truppe con le insegne ed i trofei, si intrecciano danze di vittoria e infine fa iI suo ingresso trionfale Radamès. Il Re lo saluta salvatore della patria e lo invita ad esprimere i suoi desideri, che giura di accogliere e di esaudire. Radamès chiede che siano portati alla sua presenza i prigionieri etiopi. Fra costoro Aida riconosce il padre, Amonasro, che le impone sottovoce di non tradirlo. Interrogato dal Faraone, Amonasro ammette che Aida è sua figlia, ma non svela, naturalmente, di essere il re degli Etiopi: il re è morto in guerra, dice, lui ha combattuto coraggiosamente al suo fianco e, poiché l'amore della patria non è un delitto, invoca la clemenza del Faraone. Gli altri prigionieri, e anche iI popolo, fanno eco alle sue implorazioni mentre i sacerdoti esortano il sovrano a distruggere le "ciurme feroci", compiendo il volere degli dei. Radamès ricorda al Faraone Ia promessa fatta di esaudire i suoi desideri: orbene, per i prigionieri etiopi chiede la salvezza della vita e Ia libertà. Libertà per gli altri, ammette infine Ramfis, il gran sacerdote, ma almeno il padre di Aida resti con la figlia come ostaggio e garanzia di pace e di sicurezza. Il Re acconsente. Annuncia quindi a Radamès di concedergli in sposa Amneris, con la quale regnerà un giorno sull'Egitto. "Venga ora la schiava se l'osa, a rapire il mio amore" dice raggiante Amneris, mentre il popolo e gli Etiopi liberati inneggiano alla clemenza del Faraone.
Atto terzo Notte sulle rive del Nilo. Ramfis conduce Amneris nel vicino tempio di Iside perché preghi lungamente la dea alla vigilia delle sue nozze. Giunge Aida, che attende Radamès per quello che lei crede sia l'ultimo colloquio con l'amato, e pensa con assorta mestizia ai cieli azzutri e alle verdi praterie della patria lontana che non rivedrà mai più. Amonasro, che ha saputo del convegno, precede Radamès e, ricordando con orrore alla figlia le stragi crudeli compiute dagli Egizi sul suolo etiope, la sollecita a un atto di patriottismo: farsi rivelare da Radamès quale sentiero segreto seguiranno le truppe egizie per piombare sugli Etiopi che stanno preparndosi alla riscossa. Aida rifiuta di tradire l'amato. Allora il padre, acceso di impeto selvaggio, dipinge con toni apocalittici le scene di distruzione e di sangue che seguiranno alla vittoria delle armi egizie, mette Aida di fronte alle proprie responsabilità, evoca il fantasma maledicente della madre e la respinge con disprezzo, imprecando: "Non sei mia figlia, sei la schiava dei Faraoni". Aida, profondamente turbata cade ai piedi del padre e gli annuncia con fierezza che saprà essere degna della sua patria. Mentre sopraggiunge Radamès, Amonasro si nasconde nell'ombra per ascoltare iI colloquio. Alle profferte d'amore del condottiero, Aida risponde orgogliosa che non deve macchiarsi d'uno spergiuro: è fidanzato ad Amneris, non potrebbe mai liberarsi lei senza scatenare la sua ira vendicatrice. Resta solo una possibilità per loro: fuggire dall'Egitto, dagli ardori inospitali di quelle aspre terre e riparare sotto i cieli d'Etiopia. Radamès dapprima resiste, poi, vinto a poco a poco dall'insinuante opera di seduzione di Aida, con appassionato trasporto si risolve alla fuga. "Per quale strada eviteremo le schiere degli armati?" chiede allora Aida. "Le gole di Napata scelte dai nostri per piombare sul nemico saranno deserte fino a domani" risponde Radamès. Amonasro ha udito tutto, esce dall'oscurità e si presenta con aria trionfante a Radamès, proclamando di essere lui il re degli Etiopi. Radamès, angosciato, tenta di negare l'informazione che gli è sfuggita, sa di aver rivelato un segreto militare, di aver tradito la patria, di essere disonorato. Nello stesso momento esce dal tempio Amneris, seguita da Ramfis, e accusa Radamès di tradimento: Amonasro fa per lanciarsi con un pugnale contro Ia principessa ma il condottiero è pronto a disarmarlo. Amonasro fugge trascinando con sé Aida mentre Radames consegna la sua spada al gran sacerdote, offrendosi prigioniero.
Atto quarto Scena Prima - Vestibolo nel palazzo reale che immette alla sala sotterranea delle sentenze. Arnneris, combattuta fra la gelosia e l'amore, cerca di salvare Radamès dalla condanna estrema. Fa condurre il prigioniero alla sua presenza e lo supplica di discolparsi dall'accusa infamante davanti al tribunale dei sacerdoti, in modo ch'ella possa poi ottenere per lui la grazia dal Re. Radamès risponde altero che le sue labbra non pronunceranno mai una sola parola di difesa perché non si sente colpevole né davanti agli uomini né davanti agli dei. D'altronde, non gli importa nulla di vivere nell'infamia e senza l'amore di Aida che Amneris, probabilmente, ha fatto uccidere. No, replica Amneris, Aida non è morta, si è salvata durante l'ultima disperata resistenza degli Etiopi, soltanto il padre è caduto in combattimento: giuri, Radamès, che non cercherà mai più di rivederla e lei otterrà la grazia dal Re. Radamès è irremovibile: la vita senza Aida non ha senso, egli è gia pronto a morire, non teme più il castigo degli uomini ma soltanto la pietà di Amneris. Le guardie riportano via il prigioniero. Sfilano intanto nella penombra le bianche, sinistre figure dei sacerdoti che si avviano verso il tribunale. Per tre volte, nella lontananza, Amneris sente ripetere dai giudici l'accusa di tradimento senza che Radamès risponda per scagionarsi. La sua sorte è segnata. Invano, al termine del giudizio, Amneris implora, in preda alla disperazione, la clemenza dei sacerdoti, che confermano implacabili la condanna: mentre costoro si allontanano, la principessa urla la sua maledizione contro "l'empia razza" dei ministri divini, "tigri infami assetate di Sangue".
Scena Seconda - Il piano superiore rappresenta il tempio di Vulcano, il piano int'eriore un sotterraneo. Radames, condannato a morire sepolto vivo, tenta invano di smuovere la pesante pietra che chiude Ia sua tomba. Mentre rivolge ad Aida l'estremo pensiero, costei gli compare davanti, nell'oscurità: presagendo la sua sorte orrenda, gli confida, si è nascosta nel sotterraneo per morire con lui. I due amanti, strettamente avvinti, danno l'addio alla terra mentre Amneris, coperta da un velo di lutto, si china sulla pietra tombale invocando dalla dea Iside pace eterna per la "salma adorata".