tuttoteatro presenta:
Enrico IV (1994)
Di Luigi Pirandello
- Interpreti: Gianrico Tedeschi, Marianella Laszlo, Camilla Frontini, Alessandro Pala, Gaetano Aronica, Marco Zannoni, Libero Sansavini, Tito Manganelli, Gianluca Iacono, Raffaele Spina
- Commento musicale: Sellani e Libano
- Scene: Tobia Ercolino
- Costumi: Lisa Ruffini
- Consulente drammaturgico: Siro Ferrone
- Regia: Gianrico Tedeschi
Link Wikipedia
Gianrico Tedeschi - Foto di scena
Programma di sala (pagine 28)
- Dialogo per Enrico IV (Siro Ferrone - Gianrico Tedeschi)
- Il cast
- I collaboratori
- Alcuni anni nella vita di Pirandello
- Fotografie di Eugenio Bersani
Dialogo per "Enrico IV"
SIRO FERRONE - Pirandello deve ormai essere considerato un classico - come Eschilo, Seneca, Shakespeare e Molière - e come tale possiamo leggerlo, rispettando i testi che egli ha consegnato alla storia, ma anche considerando che quei testi sono ormai ben ,noti a tutti e sono stati recitati migliaia di volte. Insomma sono dei "miti" del XX secolo che possono essere guardati con fedeltà e libertà. La prima libertà che è giusto prendersi è quella dal "pirandellismo"; la prima fedeltà da ribadire è nei confronti di tutto ciò che sta sotto il "pirandellismo". Enrico IV permette di condurre un esercizio contro il "pirandellismo" e di ribadire la fedeltà a Pirandello.
GIANRICO TEDESCHI - lo non sono in grado di fare una critica "filosofica" del pensiero di Pirandello, ma guardo con diffidenza al "pirandellismo", a tutto ciò che è concettuale in teatro. Del resto mi fa sorridere rileggere quello che a suo tempo scrisse Adriano Tilgher, il critico che più di tutti valorizzò il pensiero del drammaturgo. In un primo tempo aveva scritto a proposito di Pensaci Giacomino: "L'arte di Pirandello è arte di ozio e di divertimento, senza contenuto profondo, senza serietà morale, senza interessamento vivo allo spirito e ai suoi problemi. Gli sciocchi possono scambiare per profondità il sorriso ironico di Pirandello sui suoi personaggi, ma chi ha buon gusto non si lascia ingannare". Qualche tempo dopo sempre Tilgher e sempre su Pensaci Giacomino: "Mai la relatività delle costruzioni umane, l'esistenza di un diritto e di una ragione che di fronte al comune diritto e alla comune ragione appaiono, e debbono apparire, assurdo e follia, era stata sostenuta con violenza più acerba, più aperta, più lucidamente logica".
SIRO FERRONE - Enrico IV è un testo scritto per un grande attore (Ruggeri), modificato nel corso delle prove e delle prime rappresentazioni (sempre per favorire Ruggeri) con tutti i rischi del caso: Silvio D'Amico, a proposito di una delle tante interpretazioni di Ruggeri, ebbe a commentare: "abbiamo assistito, una volta di più, non a una tragedia, bensì a un monologo".
GIANRICO TEDESCHI - I problemi che si pongono per una rilettura moderna sono proprio questi: la valorizzazione dei personaggi minori del "coro" (i Consiglieri segreti e il gruppo dei visitatori borghesi), lo svolgimento con toni non didascalici o accademici delle parti del testo non occupate dal protagonista, la cura nello studio dei "caratteri" di Selcredi e di Matilde.
SIRO FERRONE - D'altra parte Pirandello scrisse Enrico IV con intenti in parte parodici. Aveva alle spalle (1921) il "fiasco" romano dei Sei personaggi e voleva prendersi beffa del pubblico che aveva fischiato il palcoscenico nudo e la mancanza di un'azione "all'antica italiana". Perciò finse una storia in costume così falsa da apparire una concessione ironica ai gusti più retrivi. Sotto sotto quella storia nascondeva però dell'altro.
GIANRICO TEDESCHI - Pirandello era polemico anche nei confronti della società contemporanea. Bisogna ricordare che la vicenda dell'imperatore "pazzo" è ambientata nel 1922 e che l'incidente che determinò le sue "dimissioni dal mondo" era avvenuto – secondo Pirandello - vent'anni prima: all'inizio del secolo. Si può quindi leggere in quel gesto la ribellione contro una società priva ormai delle grandi ideologie dell'Ottocento romantico, governata da opportunisti superficiali senza ideali (Belcredi è un nome parlante).
SIRO FERRONE - Contro quella democrazia, ora futile ora fragile ora ottusamente moralistica (i dialoghi "idioti" fra il Dottore, Belcredi e il marchesino Di Nolli) si erge la dittatura solitaria di Enrico IV: anacronistico ritorno al passato, disprezzo verso il mondo moderno, uso istrionico della parola come medium per dominare e affascinare "gli altri". Ci sono in Enrico IV molte delle virtù magiche che saranno di Cotrone nei Giganti della montagna. Pirandello fa del suo personaggio un maestro, un mago quasi, della capacità di combinare parole, pause, sentimenti veri e falsi.
GIANRICO TEDESCHI - Ma lo fa essere anche un maestro di recitazione nei confronti dei suoi Consiglieri segreti, lo fa dirigere luci e travestimenti (la scena del monacello, della lampa). Enrico IV è l'artefice della messa inscena. E questo mi sembra giusto sottolineare: la dolorosa e orgogliosa coscienza della magia teatrale di cui è, nello stesso tempo, signore e prigioniero.
SIRO FERRONE - C'è un atto di viltà, se non di terrore, uno stato di malattia, alla base della scelta di Enrico IV. Egli è anche un pover'uomo. Con riflessi dell'autobiografia di Pirandello. Sono anni difficile per lo scrittore. Nel '19 la moglie è stata rinchiusa in una clinica psichiatrica, egli cerca nella figlia Lietta (che nel '22 si sposerà e andrà in Sud America) una confidenza intellettuale e un affetto sostitutivo (di qui le penose accuse della moglie circa un incesto: il tema è adombrato nei Sei personaggi). Non a caso nell'Enrico IV una delle ossessioni riguarda lo scambio di identità tra Matilde (madre) e Frida (figlia).
GIANRICO TEDESCHI - La figura di Frida (in tedesco frieden=pace) rinvia al motivo della quiete, all'arresto del tempo. E' una figura di vergine, donna non ancora contaminata, lunare (il motivo della luna torna qui come in altre opere quale richiamo ad uno stato perduto di armonia, asessuato). Tra Frida e Enrico IV c'è armonia intima. La donna si trova dove si arrestò l'imperatore il giorno del suo tragico incidente, alle soglie della vita adulta, nell'incipit della sessualità. Ed naturale che verso questa aurora innocente anche Matilde provi un tormento e nevrotico sentimento di colpa e nostalgia.
SIRO FERRONE - Ciò che il protagonista rimprovera ai "fantasmi" di Matilde, Belcredi, Di Nolli, Frida e del Dottore, è il fatto che essi vengono a ricordargli il ciclo normale della vita virile e femminile che lui credeva di avere raggelato una volta per tutte. Spesso la pazzia (ma è davvero pazzia?) è stata il pretesto per estrose e grandiloquenti interpretazioni, che hanno usato la demenza - anche in modo mirabile - per dimostrare la superiorità geniale e sregolata dell'arte teatrale. Mi pare sia invece giusto quello che tu hai fatto, riproponendo il misto di debolezza e prepotenza, amore e paura della vita che sta alla base dell' autosegregazione di Enrico IV. Egli si è dimesso dal mondo perché quest'ultimo non lo merita, ma anche perché quel mondo gli si para davanti come un mistero angoscioso che lo terrorizza. Pirandello insomma ride degli altri, ma espone anche, con lucida razionalità, la miseria della condizione di chi ha deciso di seppellirsi nella buia caverna del teatro in un esilio volontario senza ritorno. Il suo teatro diventa così la messa in scena della sua malattia. Una ironica e dolorosa analisi del suo complesso di superiorità.
(Milano, dicembre 1994)