Arena di Verona presenta:
La Gioconda (1980)
Dramma lirico in quattro atti di Tobia Gorio - Musica di Amilcare Ponchielli
- Interpreti principali: Ghena Dimitrova (Gioconda) Luciano Pavarotti (Grimaldi) Matteo Manuguerra (Barnaba) Maria Luisa Nave (Laura Adorno) Jone Jori (Cieca). Primi ballerini: Oriella Dorella - Bruno Vescovo
- Maestro Concertatore: Anton Guadagno
- Regia: Dario Della Corte
- Maestro del coro: Corrado Mirandola
- Coreografia: Alfredo Rodriguez
- Scene: Antonio Mastromattei
- Costumi: Pier Luciano Cavallotti
Programma di sala (pagine 120)
- Le ragioni di una scelta (Giuseppe Brugnoli)
- L'ugolo di Gioconda (E. Siciliano)
- Maria Callas nel 1947
- Note di regia (Dario Della Corte)
- La Stagione Lirica 1980
- Fotografi
Note di regia
Ritornare ancora una volta in Arena è sempre motivo di grande emozione. In particolare con Gioconda: un'opera interessante perché ci mette davanti il problema, molto importante nella storia della musica, delle scelte del pubblico. Gioconda è infatti un'opera amata dal pubblico "perché in essa poteva trovare accentuati quei tratti musicali che apparivano del tutto consoni alle sue abitudini ormai incallite" e crea "l'attrattiva illusoria di quel mondo rindondante e convenzionale". Così nei luoghi comuni. Ma Gioconda è un'opera popolare, a forti tinte passionali e drammatiche (che dal 1876 ad oggi ha un successo paragonabile solamente a quello dei grandi musicisti); è abile perché qui troviamo l'adattamento alle possibilità di un teatro italiano ed all'ampia struttura del grand'opera. Qui, a differenza del melodramma verdiano, vengono evase le leggi tipiche a favore di una struttura più dispersiva, ma più disponibile ad accogliere le interruzioni del corso drammatico. La ricerca dell'effetto rompe la concentrazione drammatica. Tutto resterà come è nel libretto: una storia intricata, fino all'inverosimile, di vicende romantiche ad effetto. Ho chiesto ad Antonio Mastromattei, valente scenografo che avrà il suo battesimo areniano ed al costumista Pierluciano Cavallotti, già mio collaboratore nel "La Forza del Destino", di realizzare delle scene e dei costumi all'interno dei quali potesse svolgersi l'azione spettacolare richiesta dagli autori, rispettando le regole di una datazione tardo-romantica. Questo fasto scenografico-musicale lo troviamo in più punti dell'opera, soprattutto nel I e III atto. È in questo spazio scenico-musicale, fatto di cori, di movimenti coreografici e di concertati psicologici, che i personaggi principali trovano la loro collocazione. Tutta la vicenda ha come sfondo Venezia. È dalla laguna che fuggono gli amanti e nell'isola della Giudecca, in un palazzo diroccato, che Gioconda trova la morte davanti al bieco Barnaba: il male. È sul vasto rumoreggiare della folla, che si alza dalla laguna, per la prima volta, la grande potenza drammatica di Gioconda che esce, così dal canto di preghiera all'inizio. Ed è l'atmosfera dell'ultimo atto, dove Gioconda, tra suicidio, omicidio e ricordi d'amore, è triste, cupa e desolata, che comprendiamo come tutto il dramma è raccolto attorno a lei. In questa atmosfera, s'innalza il canto di morte della cantatrice, con il morire non solo come cessazione di dolore, ma come suprema dignità umana.
DARIO DELLA CORTE